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Ecco cosa fare se il bambino non vuole mangiare

I pediatri consigliano di non perseguitare i nostri figli, di non inseguirli per imboccarli. Spegnere la tv a tavola, coinvolgerli nel momento del pasto per non doverli sfamare con il latte durante la notte

I capricci a tavola sono una consuetudine per un bambino su quattro sotto i sei anni di età. C’è chi si rifiuta di mangiare, chi ingoia qualche boccone solo guardando la tv, chi deve essere inseguito con il piatto in mano per tutta casa. Cosa fare in questi casi? A dare qualche consiglio ci pensano gli esperti della Società Italiana di Pediatria (Sip).

In occasione del congresso nazionale di Roma, si è discusso molto dei cosiddetti No Fed (Non-Organic Feeding Disorders), ovvero i disturbi alimentari che non hanno vere e proprie cause organiche. Queste problematiche riguardano il 25% dei bambini sani e l’80% di quelli che hanno problemi di sviluppo. In 8 casi su 10 si tratta di disturbi della sfera psicologica.

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«La forma più frequente è costituita dai “picky eaters”, bambini che hanno una avversione verso il cibo o che non provano alcun piacere a tavola. La fascia più interessata è tra i 3 e 6 anni», spiega Claudio Romano, pediatra dell’Università di Messina.

Il comportamento dei genitori nei confronti di un figlio ‘picky eater’ spesso accentua il problema. «Infatti pur di assicurare, secondo loro, un’alimentazione adeguata, sono disposti a tutto. I comportamenti più frequenti – sottolinea Romano – sono quelli di offrire il latte di notte durante il sonno o di assumere un atteggiamento persecutorio, associato spesso a forzature. Un altro comportamento da eliminare sono le distrazioni durante il pasto (gioco, televisione). Il bambino deve consumare il pasto seduto a tavola».

Il rischio può’ essere ridotto già durante lo svezzamento, offrendo prima dei nove mesi anche alimenti dal gusto più deciso, come ad esempio il pomodoro e gli agrumi. Dal decimo mese in poi si può passare ad un’alimentazione da adulto, rispettando però i gusti del bambino. Uno svezzamento “troppo lento”, invece, può favorire l’insorgenza di questi problemi. Solo in presenza di sintomi clinici di tipo gastrointestinale o di arresto della crescita, genitore e pediatra si devono preoccupare, e chiedere un approfondimento per escludere cause di natura organica.

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