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Allergia ai pollini nei bambini: quali farmaci?

Molti genitori americani somministrano farmaci da banco ai loro figli senza nemmeno diminuire le dosi prescritte per l'età adulta. Cosa si rischia? E quali sono le cure disponibili per l'età pediatrica?

Il buon senso ci dice che ai bambini, senza il parere di un pediatra, non bisogna mai dare medicinali, men che meno quelli per adulti. Tuttavia, da un rapporto dell’università del Michigan è emerso che quasi un terzo dei genitori americani si affida al consiglio di parenti e amici quando si tratta di scegliere un farmaco da banco per alleviare i sintomi dell’allergia nei figli, e molti utilizzano medicinali per adulti senza nemmeno diminuire la dose.

Il metabolismo dei farmaci è diverso

Una prassi totalmente sbagliata, che rischia di generare gravi effetti collaterali nei bambini. «Il bambino non è un piccolo adulto» premette Maria Francesca Patria, dirigente di primo livello e responsabile dell’ambulatorio di allergologia e pneumologia pediatrica presso la clinica pediatrica De Marchi della Fondazione IRCCS Cà Granda, Ospedale Maggiore, Policlinico di Milano (puoi chiederle un consulto qui). «Tra adulti e bambini, ma anche all’interno della stessa età pediatrica, che va dal primo mese di vita all’adolescenza, ci sono grandi differenze nel metabolismo dei farmaci. Per esempio, più il bambino è piccolo, più il farmaco può essere eliminato rapidamente, mentre il metabolismo di un adolescente è più simile a quello di un adulto».

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Mancano gli studi

Le motivazioni, però, non si limitano alle differenze fisiche tra grandi e piccoli, ma riguardano anche la ricerca scientifica. «Di molti antistaminici usati per l’automedicazione dagli adulti non esistono studi clinici in età pediatrica. Quindi non solo si rischia di dare farmaci nelle quantità sbagliate ai bimbi, ma di somministrare anche sostanze non testate scientificamente su di loro. Il pericolo che si verifichino effetti collaterali anche seri è reale e per tale motivo l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) sottolinea la necessità di studi clinici, particolarmente per i bambini di età inferiore a 2 anni» sottolinea Patria.

I genitori italiani sono più premurosi

Il rapporto americano ci parla di grande noncuranza da parte dei genitori americani: l’85% del campione non solo ha usato per i figli farmaci che aveva già in casa senza chiedere parere al pediatra, ma non ha nemmeno controllato la data di scadenza. Che dire dei genitori italiani? «In Italia la situazione è differente. Prima di tutto perché le mamme e i papà italiani sono più attenti in tema di salute, e poi perché in America la sanità non è assistenzialista come da noi, dove il medico di base e il pediatra sono accessibili a tutti».

Gli antistaminici per bambini

Se un genitore sospetta che il proprio bambino abbia un’allergia ai pollini, la prima cosa da fare, quindi, è portarlo dal medico. «Gli antistaminici sono considerati efficaci e sicuri anche nei bambini molto piccoli per alleviare i sintomi delle allergie» sottolinea l’esperta. «Tuttavia, le molecole di prima generazione non sono in genere consigliate, perché gravate da effetti collaterali rilevanti. In particolare, dato che attraversano facilmente la barriera emato-encefalica, possono indurre sonnolenza. Le molecole di seconda generazione sono invece meno lipofile e oltrepassano più difficilemente la barriera emato-encefalica. Inoltre possiedono un’emivita più lunga e, generalmente, possono essere assunte in monosomministrazione. Infine i farmaci di seconda generazione sono stati meglio studiati, anche nel lattante. Per quanto riguarda, invece, i farmaci di ultimissima generazione come la bilastina e la rupatadina, questi sono, al momento, registrati unicamente per i soggetti di età superiore a 12 anni».

Il “vaccino” 

Una buona alternativa agli antistaminici, però, esiste e si chiama immunoterapia specifica, più comunemente definita vaccino. Mentre qualche anno fa la tendenza era quella di vaccinare dopo i sei anni, ora gli esperti consigliano di farlo anche prima. «Iniziare precocemente una terapia vaccinica (o, in termini più corretti, una terapia iposensibilizzante specifica) significa modificare la storia naturale della malattia, alleviare i sintomi allergici e impedire la progressione, cioè la cosiddetta “marcia allergica”. Nel tempo, infatti, una persona allergica tende a sensibilizzarsi progressivamente ad altri allergeni e può presentare un coinvolgimento progressivo di diversi organi bersaglio, partendo, ad esempio da manifestazioni rinitiche, per poi sviluppare l’asma.  Con la terapia vaccinica questa “evoluzione” viene limitata: ci saranno meno sensibilizzazioni secondarie e la sintomatologia si riesce a confinare o addirittura a guarire» spiega Patria.

I sintomi allergici nei bambini

Quali sono i sintomi a cui devono stare attenti i genitori e che parlano di un’allergia ai pollini in corso? «Bisogna fare attenzione ai sintomi che non tendono a risolversi. Un semplice raffreddore virale nel giro di una settimana si risolve, un raffreddore allergico invece continua e agli starnuti si uniscono anche altri sintomi. Se c’è un coinvolgimento oculare, con lacrimazione, sensibilizzazione delle vie respiratorie più basse, con difficoltà a respirare, e prurito, allora è probabile che i genitori si trovino di fronte a un’allergia».

Giulia Masoero Regis

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