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Dieta chetogenica contro epilessia e malattie neurodegenerative

Modifica il metabolismo determinando un effetto protettivo sul sistema nervoso

La dieta chetogenica è efficace anche contro l’epilessia e le malattie neurodegenerative? Se pensate che serva soltanto per perdere rapidamente peso ed entrare nei jeans dell’anno precedente, vi sbagliate di grosso.

Questo regime alimentare terapeutico, che garantisce un rapido calo ponderale tagliando i carboidrati, è nato molto prima dell’ossessione del corpo perfetto e del dimagrimento a tutti i costi. Ci spiegano tutto gli esperti dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI).

Gruppo San Donato

La dieta chetogenica contro l’epilessia

I primi esperimenti di dieta chetogenica contro l’epilessia sono stati condotti negli anni Venti, nel tentativo di migliorare il controllo delle crisi epilettiche attraverso un drastico cambio dell’alimentazione. Iniziarono così le prime osservazioni sul ruolo del digiuno ciclico protratto per alcune settimane basato sulla riduzione delle calorie. Soprattutto quelle derivanti dai carboidrati.

Gli effetti non tardarono ad arrivare. Il cervello dei pazienti “a secco” di glucosio riusciva a riassettare il proprio metabolismo riducendo in modo significativo le crisi epilettiche. «Furono pubblicati quattro lavori sul ruolo del digiuno chetogenico» spiega l’ADI. «Oltre agli auspicati effetti neurologici, si descrivevano gli effetti collaterali di dimagramento. Aprendo la strada a ulteriori ricerche in questo campo».

Rinasce contro l’obesità

Il dimagrimento, vissuto inizialmente come un effetto collaterale, è diventato poi l’elemento centrale della dieta chetogenica. Rivalutata a partire dalla fine degli anni Sessanta con il fiorire dell’interesse per le diete contro l’obesità. Gli esperti nel corso degli anni si sono divisi tra entusiasti e scettici.

Ma molte delle criticità emerse sulla dieta chetogenica, spiega l’ADI, sono probabilmente dovute «a errori nelle indicazioni, nella selezione dei pazienti, nella gestione del piano terapeutico, nella tempistica. E ancora nella scelta della quota calorica e proteica».

La nuova frontiera della neurodegenerazione

Oltre agli studi sulla dieta chetogenica contro l’obesità e altre malattie del metabolismo, sono continuate in parallelo anche le ricerche in campo neurologico. I risultati ottenuti finora dimostrano l’efficacia di questo regime dietetico in alcune forme di epilessia farmacoresistente e nel miglioramento della risposta ai farmaci stessi.

Sono emersi poi dati incoraggianti sul ruolo della chetosi nella prevenzione e nel rallentamento di alcune malattie neurodegenerative. «I dati disponibili sono per ora più che altro teorici e sperimentali» sottolinea l’ADI. «Ma vista la crescente prevalenza, si guarda con interesse a questa potenziale applicazione. In particolare nella malattia di Parkinson», legata al danno dei neuroni dopaminergici e all’iperproduzione di radicali liberi dell’ossigeno. «Una moderata chetosi può ridurre il danno cellulare aumentando la forma ossidata di coenzima Q10».

Nella malattia di Alzheimer, invece, il potenziale vantaggio deriva dai corpi chetonici. Le riserve energetiche usate dal cervello al posto degli zuccheri riescono a bypassare il danno funzionale delle cellule, migliorando l’attività dei neuroni.

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