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L’insalata in busta? È più sicura di quella raccolta nell’orto

Nonostante gli allarmismi sul web, la lattuga confezionata presenta meno rischi di contaminazione proprio per i trattamenti industriali a cui viene sottoposta

«Insalata in busta, è allarme batteri e pesticidi». Negli ultimi mesi sono stati diversi i siti internet che sono tornati ad accusare i cosiddetti prodotti di IV gamma – l’ortofrutta fresca, lavata, confezionata e pronta al consumo – di non essere sicuri per i consumatori, tirando in ballo, più o meno a proposito, studi scientifici e test di laboratorio.

Timori fondati o eccessivo allarmismo?

Dal punto di vista dei produttori, non ha dubbi Gianfranco D’Amico, presidente del Gruppo IV Gamma dell’Unione Italiana Food, la più grande associazione in Europa che raggruppa 450 imprese produttrici di beni alimentari di oltre venti settori merceologici. «Ogni azienda di IV gamma, con l’obiettivo di certificare e garantire la sicurezza alimentare, effettua annualmente su tutta la filiera produttiva migliaia di controlli a cui si aggiungono le molteplici e continue verifiche ufficiali da parte degli enti preposti sulle aziende produttrici: il quadro complessivo che ne risulta è assolutamente rassicurante»..

Gruppo San Donato

Lo dimostra anche la scienza

Ma a confermare la sicurezza dei prodotti in questione è anche la scienza, per bocca di Vania Patrone, docente di microbiologia degli alimenti e ricercatrice del dipartimento di scienze e tecnologie alimentari per una filiera agro-alimentare sostenibile dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (sede di Piacenza), che, anzi, rileva come «i risultati di uno studio condotto dagli Istituti zooprofilattici e dall’Istituto superiore di sanità su 2.532 campioni venduti in Italia, pubblicato nel 2015, ha evidenziato che i vegetali in busta pronti al consumo presentano un’incidenza minore di contaminazione da batteri patogeni rispetto ai vegetali freschi, che non vengono sottoposti ad alcun lavaggio e trattamento prima della vendita». Sono questi ultimi, infatti, i fattori del procedimento industriale che garantiscono la sicurezza dell’ortofrutta fresca confezionata.

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I lavaggi industriali eliminano i microbi 

«Se è vero che le insalate e i vegetali in generale per loro natura possono essere contaminati da batteri patogeni quali Escherichia coli, Salmonella, Listeria monocytogenes durante le fasi di coltivazione e lavorazione», assicura, infatti, la microbiologa, «è altresì vero che i sistemi di lavaggio che vengono praticati a livello industriale garantiscono un efficace abbattimento della carica microbica». Lavaggio che, spiega D’Amico, «avviene attraverso almeno due vasche a ricambio continuo di acqua, utilizzando acqua potabile e attraverso sistemi tecnologici avanzati che, a differenza del lavaggio domestico, garantiscono un prodotto sicuro e conforme alla legge». Questo fa anche sì che, al momento dell’apertura della busta a casa, non sia richiesto alcun ulteriore lavaggio e, se proprio si vuole farlo, sottolinea Vania Patrone, «va tenuto presente che comunque il solo risciacquo con l’acqua corrente non è in grado di rimuovere o diminuire i batteri patogeni eventualmente presenti. Bisognerebbe utilizzare un disinfettante a base di cloro perché il lavaggio risulti efficace, seguito da un risciacquo accurato in modo tale che, dopo la disinfezione, l’odore e il sapore del prodotto non risultino sgradevoli».

insalata busta

L’ipertensione o pressione alta

La catena del freddo garantisce la conservabilità 

Ulteriore garanzia di sicurezza è, poi, il confezionamento. «Favorisce lo sviluppo di un’atmosfera povera di ossigeno che garantisce ulteriormente la conservabilità del prodotto. Per legge in Italia, a garanzia della sicurezza igienica di questi alimenti, è stato posto l’obbligo per i produttori e i distributori di garantire la continuità della catena del freddo, cioè il principale mezzo per rallentare la crescita microbica, attraverso il mantenimento a una temperatura inferiore agli 8 °C dal momento in cui il prodotto di IV gamma viene confezionato fino all’acquisto». E il nostro Paese, ci tiene a precisare il dirigente di Unione Italiana Food, «oggi è l’unica nazione con una normativa specifica sul tema. Ci siamo battuti per anni, fino alla sua entrata in vigore nel 2015, per avere una legge di settore che disciplinasse il rispetto della catena del freddo nell’intera filiera». Insalata in busta: come mangiarla e conservarla?

Le manipolazioni della Rete

Restano gli studi utilizzati sul web per creare allarmismi, come quello dell’Università di Torino che nel 2012 ha esaminato cento insalate in busta. «Gli autori», precisa, però, la microbiologa, «avevano rilevato la presenza di Escherichia coli in tre campioni, senza però fornirne una stima quantitativa e senza caratterizzare i ceppi isolati per valutarne il potenziale patogeno». E la ricerca dell’Università di Leicester che nel 2016 ha sostenuto come il taglio delle foglie favorisca la produzione del batterio della Salmonella «dimostra solo che il liquido che fuoriesce dalle foglie di verdura tagliate che si forma nelle buste di insalata potrebbe essere un terreno fertile per la crescita di Salmonella». Di fatto, ammette la docente della Cattolica, esiste una qualche differenza di sicurezza tra i vari tipi d’insalata. «Per esempio, la rucola risulta uno dei vegetali più suscettibili di contaminazione, anche da parte di agenti patogeni, per la forma della foglia e la conformazione rugosa della superficie che favoriscono l’adesione e l’intrappolamento dei microrganismi».

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Limitare ulteriormente i pesticidi

Sul numero dello scorso marzo, il mensile dei consumatori Il Salvagente ha, invece, pubblicato i risultati delle analisi di dieci lattughini in busta che coprono l’offerta della grande distribuzione, riscontrando la presenza non di batteri, bensì di residui di trattamenti fitosanitari (fungicidi soprattutto), comunque entro i parametri di legge almeno a livello di ogni singolo principio attivo, e cadmio. «L’unico rischio reale sarebbe legato ai livelli di quest’ultimo metallo pesante, che è un sicuro cancerogeno, ma comunque i livelli sono al di sotto dei limiti stabiliti per legge. Quindi», conclude Vania Patrone, «l’insalata resta sicura, anche se i dati sopra menzionati indicano che bisogna fare uno sforzo a livello produttivo per limitare più possibile l’utilizzo di fertilizzanti».

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