Alimentazione

Ecco quando non devi mangiare se vuoi dimagrire

Ecco spiegato il rapporto tra l'ora in cui si mangia, la produzione di melatonina in quel momento e la maggior quantità di grasso

C’è un legame stretto tra quanto del cibo che mangiamo si trasformerà in grasso e il nostro orologio biologico, ovvero quando il nostro corpo ci “chiede” di andare a dormire. Lo dimostra una ricerca del Brigham and Women’s Hospital di Boston, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica American journal of clinical nutrition.

La ricerca 

I ricercatori americani hanno utilizzato una app per analizzare i dati di 110 adulti tra i 18 e 22 anni. Le informazioni erano relative ai loro ritmi di sonno e veglia e al loro consumo di cibo in una settimana.

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Confermato che non bisogna mangiare prima di andare a dormire 

Lo studio in realtà ha confermato quello che già diverse ricerche hanno ampiamente dimostrato. Se non si vuole ingrassare, occorre far passare qualche ora dal pasto prima di andare a dormire, in modo da dare al corpo il tempo di digerire.

I risultati

Le maggiori percentuali di grasso sono state trovate nelle persone che consumavano la maggior parte delle loro calorie poco prima di andare dormire. In quel periodo della giornata i livelli di melatonina – l’ormone prodotto dal corpo, che regola il sonno e la veglia e annuncia l’inizio della ‘notte biologica’ – erano più alti. Chi invece aspettava qualche ora dopo la fine del pasto per dormire, aveva meno grasso. Quello che influisce è quindi il momento del consumo di cibo rispetto alla produzione di melatonina nel corpo.

L’orologio biologico varia da persona a persona 

Il metabolismo umano è influenzato dal ritmo circadiano, che varia da persona a persona, magari per turni di lavoro irregolari o semplicemente perché c’è chi preferisce alzarsi presto e chi stare sveglio fino a tardi. «C’è un legame tra l’ora in cui si mangia, la produzione di melatonina in quel momento e una maggior quantità di grasso e indice di massa corporea, mentre non c’è collegamento con il momento della giornata in cui si mangia, la quantità e composizione del pasto» spiega Andrew McHill, coordinatore dello studio.

 

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