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Dieta paleolitica: nessun beneficio sul lungo periodo

A lunto termine questo regime alimentare si associa all’aumento del rischio di effetti metabolici sfavorevoli

La dieta paleolitica, chiamata anche “dieta delle caverne”, è strutturata sul tipo di alimentazione che seguivano gli uomini diecimila anni fa, prima della scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento del bestiame. I cibi “concessi” sono quindi selvaggina, prodotti della pesca, uova, radici, vegetali che in genere crescono spontaneamente, frutta. Non previsti, invece, cereali, legumi, latticini e derivati.

Come molte diete di esclusione, gli esperti sostengono sia efficace per ottenere un moderato calo di peso nel breve periodo, con benefici su pressione, colesterolo e trigliceridi.

Gruppo San Donato

Il nuovo studio

Un nuovo studio, pubblicato su European Journal of Nutrition, ha voluto confrontare l’associazione tra la dieta paleolitica e quella attuale e la funzionalità intestinale e del microbiota. I ricercatori hanno considerato due gruppi di uomini e donne tra i 18 e i 70 anni, non fumatori e con un indice di massa corporea minore di 30 kg/m2. Il primo gruppo seguiva da almeno un anno la dieta paleolitica, mentre il secondo seguiva un’alimentazione standard (la popolazione di riferimento però è australiana, quindi non mediterranea). Il consumo di cibi è stato registrato attraverso la compilazione di diari alimentari: tra chi seguiva la paleo dieta sono stati indivuate persone “strict paleolithic”, cioè che aderivano strettamente al regime alimentare dei nostri progenitori, e “pseudo paleolithic”, che consumavano anche più di una porzione al giorno di cereali e/o latticini.

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Meno fibre e troppi grassi saturi

Dall’analisi dei dati raccolti è emerso che i soggetti SP e PP assumevano una quantità totale di fibre molto inferiore rispetto al gruppo di controllo (che seguiva un’alimentazione standard), con specifico riferimento agli amidi resistenti. L’apporto totale di grassi era più elevato nei soggetti SP e PP rispetto ai controlli e, per quanto riguarda i grassi saturi, era più che doppio rispetto alle raccomandazioni nutrizionali internazionali, che indicano una soglia del 10%.

Maggiore rischio di patologie intestinali

I due fattori combinati, cioè il più elevato apporto di grassi e la ridotta assunzione di amidi resistenti, sono risultati associati, nei soggetti SP e PP, a una diversa composizione del microbiota intestinale. I ricercatori hanno infatti rilevato una minore presenza di batteri appartenenti ai generi Roseburia e Bifidobacterium, che hanno il compito di metabolizzare i carboidrati e la fibra con produzione di acidi grassi a catena corta. I ricercatori sottolineano che la minore presenza nel microbiota di queste due popolazioni di batteri si associa a un maggior rischio di malattie infiammatorie intestinali, di sindrome del colon irritabile (ecco alcuni rimedi naturali che funzionano) e di sovrappeso e obesità.

TMAO più alta in chi seguiva
strettamente la paleo dieta 

Quanto all’oggetto principale della ricerca, cioè la variazione delle concentrazioni nel sangue di TMAO (Trimetilamina-N-ossido), livelli significativamente più elevati (e inversamente correlati con i consumi di cereali integrali) sono stati rilevati nei soggetti del sottogruppo a stretta dieta paleolitica (SP) rispetto ai gruppi di controllo e PP.

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Che cos’è la TMAO

La TMAO è prodotta dal catabolismo – da parte dei batteri dell’intestino – dei nutrienti introdotti con l’alimentazione, come la fosfatidilcolina, la colina e la L-carnitina, che si trovano nella carne rossa, nelle uova e nei prodotti lattiero-caseari ad alto contenuto di grassi, tutti comuni nella dieta occidentale.

Le conclusioni: pochi benefici sul lungo periodo

A questo riscontro si associava, nel microbiota intestinale, la presenza massiccia di Clostridium hathewayi, del genere Hungatella: una specie batterica che si moltiplica in presenza di colina e che determina l’aumento delle concentrazioni di TMAO. I ricercatori concludono che, nonostante la paleo dieta sia promossa per migliorare la salute dell’intestino, l’adesione a lungo termine a questo regime alimentare (con alto apporto di grassi e basso apporto di carboidrati) si associa all’aumento del rischio di effetti metabolici sfavorevoli e a nessun vantaggio di salute.

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