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Sonnambulismo: che cos’è e come si cura

Il sonnambulo si alza dal letto apre il cassetto del comodino, scende le scale o apre una finestra. Perché? Dove nasce questo disturbo? E si guarisce? Ecco le risposte dell'esperto di OK Marco Zucconi

Tipico dell’età infantile, il sonnambulismo può persistere anche da adulti. Come si manifesta e soprattutto si può guarire da questo fenomeno notturno? Abbiamo approfondito l’argomento con Marco Zucconi, professore a contratto presso la scuola di specialità in Neurologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e neurologo del Centro di medicina del sonno dell’ospedale San Raffaele (puoi chiedergli un consulto qui).

Sonnambulismo: di che cosa si tratta?

Il sonnambulismo è una parasonnia, cioè un fenomeno inabituale che interviene durante il sonno. È abbastanza frequente e insieme ad altri due fenomeni, il terrore notturno o pavor notturno nel bambino e il risveglio confusionale, rientra nei disturbi della “arousal”, cioè del risveglio. Questi fenomeni sono caratterizzati da difficoltà al risveglio completo durante la notte. In particolare accade che alcune aree del cervello si svegliano, soprattutto la parte motoria, mentre altre come la parte prefrontale e frontale che controlla il risveglio cosciente, dormono ancora.

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Il risveglio incompleto avviene durante il sonno profondo e questo spiega perché spesso i pazienti non ricordano del tutto gli episodi, o ne ricordano soltanto una parte. Questo spiega anche la differenza tra i fenomeni, come il sonnambulismo, che avvengono durante la prima parte della notte, e i cosiddetti incubi, o sogni terrificanti, che invece si manifestano nella seconda parte della notte (fase Rem), durante la quale il paziente è subito ben sveglio e ricorda il sogno pauroso e terrifico.

Come si manifesta?

Il sonnambulismo può essere caratterizzato da deambulazione, ma il paziente non esegue movimenti scomposti, bensì segue dei percorsi innati che si trovano nel sistema nervoso centrale: apre il cassetto del comodino, scende le scale, apre una finestra. Molto spesso c’è incoordinazione e il sonnambulo sbatte contro mobili o spigoli.

L’episodio di sonnambulismo può essere preceduto da un urlo o vocalizzazione, spesso è associato a sonno disturbato, instabile, con risvegli frequenti e conseguente stanchezza durante le ore diurne.
Alcuni fenomeni notturni possono assomigliare al sonnambulismo, come le crisi epilettiche notturne che hanno alcune caratteristiche simili o in comune con questo disturbo.

Si guarisce o questo disturbo persisterà tutta la vita? Come si cura?

Nella maggior parte dei casi il sonnambulismo tende a esaurirsi con l’adolescenza, entro i 20 anni, ma l’1 per cento dei casi continua a soffrire di episodi frequenti anche in età adulta. Se il sonnambulismo persiste anche in età adulta, con episodi frequenti allora è consigliabile sottoporsi a visite più approfondite, che escludano altre patologie come ad esempio i disturbi del movimento notturno o alcune forme di epilessia notturna che hanno tra le manifestazioni alcune caratteristiche simili al sonnambulismo.

Non esiste una terapia specifica per curare questo fenomeno, anche perché gli episodi sono considerati tendenzialmente benigni. Quando il sonnambulismo è complesso o violento, s’interviene con dei farmaci che agiscono sul sonno, riducendo le oscillazioni fisiologiche del cervello durante il sonno, che nel sonnambulo spesso rappresentano la finestra per scatenare l’episodio. Il sonno instabile può facilmente dar vita a episodi di sonnambulismo in chi è già predisposto.

L’unico farmaco che è stato studiato in un numero limitato di bambini che soffrono di sonnambulismo è il triptofano, un precursore della serotonina, che stabilizza il sonno. Alcuni farmaci che si utilizzano per l’insonnia, o alcuni neurolettici, possono aumentare o scatenare nuovamente episodi di sonnambulismo, in chi magari non ne soffriva più da anni.
La cura non farmacologica può essere affidata all’ipnosi o a terapie rilassanti che possono modificare il fenomeno, in entrambi i casi però non ci sono evidenze scientifiche che ne attestino l’efficacia.

Perché a soffrirne maggiormente sono i bambini?

Il sonnambulismo generalmente esordisce in età prescolare o scolare, quasi sempre nei primi dieci anni di vita. Si stima che un paziente adulto su quattro, abbia sofferto almeno occasionalmente tra i 4 e i 12 anni di sonnambulismo. Questo fenomeno può manifestarsi anche raramente, una volta o due al mese, ma ci sono casi che con il tempo e con l’avanzare dell’età aumentano di frequenza fino a diventare plurisettimanali.

Gli adulti che soffrono di sonnambulismo rappresentano il 2-3 per cento della popolazione. Nel caso a soffrire di sonnambulismo sia un bambino, il primo passo è rivolgersi al proprio pediatra, sarà lui a valutare se il paziente necessita di un controllo da uno specialista del sonno.

Le cause che determinano il sonnambulismo o i disturbi del risveglio sono imputabili a una difficoltà di maturazione o a una disfunzione del sonno profondo: per questa ragione a soffrirne sono soprattutto i bambini, che hanno il sistema di controllo della stabilità del sonno, specie quello profondo, ancora in formazione. L’altro elemento distintivo è rappresentato dalla predisposizione individuale e dalla familiarità: è molto facile trovare nell’ambito dello stesso nucleo famigliare dei parenti che hanno sofferto dello stesso disturbo in età scolare. Quindi l’impronta genetica sarà sicuramente uno degli aspetti più interessanti del fenomeno, da approfondire nel futuro

Come comportarsi con un sonnambulo?

Il rischio del sonnambulismo è di procurarsi lesioni in fase di deambulazione. Prima di tutto è importante l’incolumità del paziente, quindi occorre evitare che il sonnambulo possa farsi male: chiudere le finestre, rendere inaccessibili balconi e scale. Molto spesso i sonnambuli non rispondono se stimolati, ma bisogna talvolta provocare un risveglio completo con stimolazioni forti. Il rischio con i bambini è che quando si riaddormentano, spesso riprendono il sonniloquio o l’agitazione che avevano manifestato prima.

Quando gli episodi sono frequenti può essere utile la registrazione video-polisonnografica, che non è richiesta per la diagnosi del disturbo del sonno, ma che evidenzia l’impatto del fenomeno sul sonno e permette di video-registrare gli eventuali episodi notturni. A volte è anche utile la registrazione a domicilio, con telecamere o con i cellulari. Le registrazioni a domicilio sono utili perché permettono di fare un primo screening e valutazione generale, per poi confrontarli con le registrazioni effettuate in laboratorio.

Eliana Canova

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