Salute

Cocaina: a sniffare ci si rimette anche il naso

Quando si pensa alla cocaina viene in mente soprattutto il problema della dipendenza. Ma il consumo di droga comporta altri guai. A cominciare dalle narici

Cocaina danni al naso e ovviamente non solo. La coca fa male. Più o meno lo sanno tutti. Così come più o meno tutti sanno che la cocaina è una sostanza stupefacente che agisce sul sistema nervoso e che può causare danni a vari organi. Quello che ancora non è noto ai più è che la cocaina può causare lesioni devastanti estetiche e funzionali capaci di distruggere e corrodere le strutture esterne e interne del nostro viso.

Cocaina danni al naso: possono arrivare anche dopo poche sniffate 

«Sniffare cocaina può portare a situazioni gravissime, che possono comparire anche dopo pochissimo tempo che il soggetto ha iniziato a farne uso», spiega Mario Bussi, Professore Ordinario di Otorinolaringoiatria e Direttore dell’Unità Operativa ORL presso l’Ospedale Universitario I.R.S.S. San Raffaele di Milano.

Gruppo San Donato

La via di assunzione prevalente della sostanza è attraverso l’aspirazione nasale della polvere. «In realtà – aggiunge Bussi – c’è anche la possibilità di fumare tale sostanza e, in alcuni casi, di respirarne i vapori appositamente generati da un derivato della cocaina, il crack».

Questo comporta una serie di segni e sintomi derivanti dall’azione diretta della cocaina sulla mucosa e sui vasi delle cavità naso-faringee. Segni che compaiono nella totalità dei casi di chi fa uso di questa sostanza.

Cocaina danni al naso

«Il circolo è lineare e veloce», continua Bussi. «Un soggetto inizia a sniffare cocaina. Dopo circa 10-20 minuti la mucosa è alterata dalla vasocostrizione, dal danno dei cristalli della cocaina, ed è anestetizzata. Dopo circa un’ora è attiva l’apoptosi, un meccanismo di “morte cellulare”, che in condizioni normali garantisce il ricambio delle cellule all’interno dell’organismo; in condizioni alterate però vengono interessate da questo meccanismo anche le cellule sane.

Effetto anestetizzante

Di conseguenza il processo di guarigione delle ferite nel naso si blocca. A questo punto l’effetto della cocaina svanisce e il paziente ricomincia con una nuova assunzione. Nel momento in cui smette l’assunzione si innesca un effetto di importante vasodilatazione con frequente fuoriuscita di sangue, che si mescola con il muco (bloccato nelle fosse nasali) e causa la formazione di croste.

La persona quindi inizia a non respirare con il naso e a cercare di rimuovere le croste stesse, spesso con oggetti taglienti. Ma il naso è anestetizzato e così ci si causano nuove lesioni, che il suo organismo non è in grado di riparare, dato che sono in un ambiente di cellule attivate per la morte programmata».

Matteo Trimarchi, dirigente medico nell’unità operativa di otorinolaringoiatria al San Raffaele di Milano, aggiunge: «In alcuni casi la situazione diventa estremamente più grave. I danni possono arrivare al setto nasale, al dorso nasale e al palato. Il naso collassa, la divisione fra narici non esiste più, e perfino la punta del naso può scomparire». Purtroppo passa molto tempo prima che il paziente si presenti in uno studio otorinolaringoiatrico.

I segnali sospetti 

«Una volta che un paziente si presenti dall’otorino con disturbi quali la congestione nasale persistente, la difficoltà respiratoria delle alte vie respiratorie, la presenza costante di croste nasali con lesioni, a volte, anche emorragiche, l’epistassi e a volte ulcerazioni e perforazioni del palato, magari associati a disturbi psico-comportamentali (in particolare stati depressivi o alternanza dell’umore, scarso controllo dell’aggressività, disturbi dell’alimentazione con tendenza all’anoressia, ecc.) o disturbi cardio-circolatori (aritmie, ipertensione, ecc.) è verosimile che questi siano associati all’uso di cocaina», dice Bussi.

Terapie e interventi

A questo punto partono le indagini diagnostiche volte ad accertare la causa delle lesioni. «Non è raro che anche in questo stadio, in cui il paziente effettivamente sta già molto male e sono già comparse lesioni di una certa importanza, ancora tuttavia lo stesso continua a negare che la droga è la causa della situazione», spiega Trimarchi.

«In ogni caso la TAC rappresenta l’indagine diagnostica di prima scelta perché permette di evidenziare l’erosione ossea, mentre la risonanza magnetica consente di valutare al meglio il coinvolgimento dei tessuti molli».

La più importante terapia passa dalle mani del paziente: smettere. «Se il paziente non smette di drogarsi per almeno 12 mesi non c’è alcuna possibilità di intervenire chirurgicamente», spiega Bussi. E infatti molto raramente si arriva all’intervento.

FONTE: Ministero della Salute

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