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Alzheimer: meglio puntare tutto sulla prevenzione

Il 21 settembre è la 30esima Giornata Mondiale contro l'Alzheimer. Facciamo il punto sulla ricerca, la prevenzione e le nuove terapie

Una spruzzata di gioventù dritta al cervello. Passa per il naso l’ultima frontiera nella lotta all’Alzheimer. Si tratta di un innovativo spray a base di insulina che attraversa la sottile mucosa delle narici per arrivare direttamente al cervello e «resettare» il metabolismo sregolato delle cellule nervose malate, riportando indietro le lancette dell’orologio biologico.

L’idea, sviluppata in Italia dai ricercatori del Cnr e dell’Università di Palermo, ha subito suscitato grande interesse nella comunità scientifica, nonostante la sperimentazione sull’uomo sia ancora lontana. Le aspettative sono molto alte perché l’insulina, ormone noto per la cura del diabete, potrebbe in realtà rappresentare la chiave di volta anche nel trattamento dell’Alzheimer. Non a caso molti ricercatori iniziano a definire questa forma di demenza come il diabete di tipo 3, dopo il diabete giovanile di tipo 1 e quello di tipo 2 acquisito in età adulta.

Gruppo San Donato

Allo studio l’insulina spray

«È stato dimostrato che la resistenza all’insulina associata al diabete è uno dei fattori di rischio più potenti per l’Alzheimer», spiega Cristiano Capurso, professore aggregato di geriatria all’Università di Foggia. «Pensiamo a un cinquantenne che si ammala di diabete: le cellule del suo corpo diventano insensibili all’azione dell’insulina, l’ormone che controlla il metabolismo degli zuccheri, e questo accade anche nei neuroni del cervello che, con il passare degli anni, possono andare incontro a processi infiammatori cronico-degenerativi che aumentano anche di 12 volte il rischio di Alzheimer».

Lo spray all’insulina che usa il naso come porta d’ingresso per il cervello potrebbe dunque rappresentare una svolta, dopo decenni di ricerche fallite su farmaci e vaccini che puntavano a prevenire ed eliminare l’accumulo nel cervello della proteina anomala beta-amiloide. «Per vent’anni abbiamo pensato che questo fosse il nemico numero uno, la causa scatenante dell’Alzheimer, ma recenti ricerche hanno dimostrato che non è così», afferma Patrizia Mecocci, professore ordinario di geriatria all’Università di Perugia. «Non basta avere accumuli di beta-amiloide per soffrire di Alzheimer: la demenza insorge quando si sommano più fattori, inclusi quelli di natura vascolare, come le microischemie che spesso colpiscono silenziosamente il cervello degli anziani».

Mantenere giovane il cervello

Il mistero che continua ad avvolgere le reali cause dell’Alzheimer è il vero motivo per cui non esistono ancora cure efficaci. Se escludiamo le forme giovanili, che compaiono prima dei 50 anni per motivi genetici, le forme di Alzheimer tardive che insorgono con l’avanzare dell’età restano un’incognita. In questo mare di incertezze, però, c’è un faro a indicarci la via: uno stile di vita sano può rallentare l’invecchiamento del cervello riducendo il rischio di demenza. «Una buona vecchiaia si prepara fin da giovani, come diceva il premio Nobel Rita Levi Montalcini: bisogna adottare sane abitudini di vita fin dall’infanzia», ammonisce Capurso.

La dieta che fa bene al cervello

Un prezioso aiuto in questo senso ci viene dalla dieta mediterranea, un potente scudo per la salute di cuore e cervello. A tavola, sottolinea il geriatra, «non dobbiamo mai far mancare l’olio extravergine d’oliva, ricco di acidi grassi monoinsaturi e polifenoli, così come frutta e verdura, soprattutto quelle più colorate e ricche di antiossidanti, e il pesce, in particolare quello azzurro, ottima fonte di omega-3 protettivi anche per la salute cardiovascolare. In alternativa al pesce è consigliabile consumare tre-quattro noci al giorno, ugualmente ricche di questi acidi grassi».

Attenzione, invece, a evitare l’assunzione di zuccheri semplici e a limitare fortemente i grassi saturi di origine animale, che a lungo andare favoriscono pericolosi processi infiammatori degenerativi.

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L’attività fisica che fa bene al cervello

Dopo mangiato, non resta che infilare un buon paio di scarpe per fare due passi. «Camminare a velocità sostenuta per 30 minuti al giorno è un ottimo esercizio che aiuta a mantenersi in forma anche se alle spalle si sono accumulati anni di sedentarietà», spiega Patrizia Mecocci. «Camminando riduciamo lo stress, teniamo a bada la pressione arteriosa, alleniamo il cuore e soprattutto produciamo le molecole che “nutrono” i neuroni del cervello». Per chi non può fare sforzi o soffre di problemi articolari, la geriatra consiglia di «puntare sulla ginnastica in acqua o meglio ancora sul tai chi, un’arte marziale cinese “dolce” che consiste nell’esecuzione lenta di movimenti fluidi».

L’attività mentale che fa bene al cervello

L’ideale sarebbe fare queste attività in compagnia, perché «le relazioni sociali sono importantissime per stimolare il cervello e allontanare lo spettro della depressione», sottolinea Mecocci. «Il consiglio è quello di non isolarsi e di costruirsi per tempo una rete di amicizie», in modo da avere un paracadute pronto ad aprirsi quando arriverà il momento della pensione e i figli saranno usciti di casa.

In questa fase sarà fondamentale avere dei passatempi con cui mantenere giovane il cervello.«Sono utili tutte quelle attività che richiedono una stretta collaborazione tra mano e mente: dunque via libera all’enigmistica, al disegno, ai puzzle, al ricamo e ai lavoretti manuali», spiega Capurso. «L’importante è fare qualcosa di piacevole, che non induca stress e che sia finalizzato a uno scopo», aggiunge Mecocci. «Se piace lavorare a maglia, ad esempio, cosa c’è di meglio che sferruzzare per regalare un maglione al nipote?».

Consigli per la vita di tutti i giorni

Si dice che di Alzheimer non si ammala una persona, ma una famiglia. Questo perché il malato condiziona pesantemente la vita di chi gli è accanto. Le associazioni che si occupano di questa patologia hanno messo a punto suggerimenti utili per la vita di tutti i giorni. Ne ricordiamo alcuni.

  • Se il malato esce da solo, gli si dia un biglietto con nome, cognome, indirizzo e telefono.
  • In casa si affiggano dei post-it con dei promemoria o delle indicazioni utili («non aprire il gas», «interruttore»).
  • Evitare di sottolineare i suoi errori o le sue dimenticanze. E per parlargli sedersi davanti a lui.
  • Togliere le chiavi da alcune porte (dal bagno perché non si chiuda dentro) e chiuderne a chiave altre (lo sgabuzzino con prodotti tossici).
  • Se ha una crisi di aggressività proporgli di fare qualche cosa che gli piace.
  • Stabilire una routine quotidiana (svegliarsi, vestirsi, fare colazione…) e poi seguirla.
  • Fargli indossare abiti facili: senza bottoni o chiusure lampo, usare calzini a tubo…
  • A tavola fargli trovare cibo già tagliato e bicchieri non rovesciabili, a base larga.
  • Farsi aiutare per piccole incombenze anche se non se ne ha bisogno.
  • Il partner dorma con il malato, almeno finché ciò è possibile.

L’apparecchio acustico contrasta la demenza senile

Per rallentare l’invecchiamento del cervello aprite bene le orecchie. Sì, perché il declino cognitivo tipico degli anziani è legato in un caso su tre alla perdita dell’udito. Recenti studi hanno dimostrato che non sentire bene può portare addirittura alla perdita di materia grigia. Sforzarsi per capire suoni e voci, infatti, genera un forte stress nel cervello e impoverisce quelle aree cerebrali legate al linguaggio e alla memoria operativa, le stesse coinvolte nell’insorgenza dell’Alzheimer.

La sordità, poi, spinge l’anziano a isolarsi e a ridurre le proprie attività e relazioni sociali, diminuendo gli stimoli esterni che servono a tenere allenata la mente. Gli effetti di questo complesso intreccio tra udito e invecchiamento cerebrale sono evidenti da tempo. Come dimostrano i dati raccolti da un gruppo internazionale di esperti nel consensus paper “Sentire bene per allenare la mente”, promosso da Amplifon. «Un’ipoacusia importante può aumentare fino a cinque volte il rischio di sviluppare demenza», spiega Alessandro Martini, direttore del dipartimento di neuroscienze e organi di senso e professore ordinario di otorinolaringoiatria dell’Università di Padova.

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Nonostante ciò, «dei 7 milioni di italiani con problemi di udito, solo 700mila usano soluzioni acustiche», sottolinea Roberto Bernabei, direttore del dipartimento per l’assistenza sanitaria di geriatria, neuroscienze e ortopedia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Questa situazione rischia di tradursi in elevati costi per la società. Basti pensare che «una persona con deficit uditivi comporta una spesa superiore ai 21mila euro all’anno, tra costi diretti e indiretti», spiega Andrea Peracino, presidente della Fondazione Giovanni Lorenzini Medical Science Foundation. «Una situazione pesante destinata ad aggravarsi, visto l’aumento esponenziale degli anziani previsto per il 2050, quando gli over 65 nel mondo saranno il 188% in più». Alla luce di questi dati, gli esperti parlano di un’imminente epidemia globale di demenza che rischia di travolgere anche il welfare dei Paesi più ricchi. Per contrastarla, potrebbe bastare un apparecchio acustico digitale ormai invisibile. «Diversi studi hanno mostrato che l’uso di una soluzione acustica determina effetti benefici per il cervello misurabili già a distanza di tre mesi», spiega Martini.

«Considerare l’ipoacusia come una conseguenza inevitabile dell’età e non adottare provvedimenti in maniera tempestiva è un errore: le aree cerebrali deputate al riconoscimento dei suoni e del linguaggio deperiscono più in fretta se non vengono stimolate e diventano sempre più difficili da riabilitare».
Il consiglio, conclude l’esperto, «è quello di non rimandare troppo: quando ci accorgiamo che la capacità uditiva sta calando, dobbiamo affrontare subito il problema, sottoponendoci ai test audiometrici e facendoci consigliare sul tipo di protesi più adatta».

Alzheimer: i contatti utili

Nei casi di Alzheimer la collaborazione dei familiari è fondamentale. Tuttavia è bene cercare da subito anche un’assistenza esterna, perché a un certo stadio della malattia può diventare impossibile curare a casa chi soffre di Alzheimer. Ecco a chi rivolgersi:
Associazione italiana malattia di Alzheimer (AIMA), alzheimer-aima.it;
Linea Verde Alzheimer, 800.679679;
Federazione Alzheimer Italia, alzheimer.it;
Linea telefonica Pronto Alzheimer, 02.809767;
Alzheimer Uniti, alzheimeruniti.it.

Elisa Buson, da OK Salute e Benessere maggio 2016

Per questo articolo Elisa Buson ha vinto il premio giornalistico «Alzheimer: informare per conoscere – Cura, Ricerca, Assistenza», indetto dalla Federazione Alzheimer Italia e Unamsi, Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione 

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