Salute

Variante indiana: quanto dobbiamo preoccuparci? Ecco i sintomi

L'analisi dei dati che arrivano dalla Gran Bretagna sostengono che due dosi di vaccino sono molto efficaci

In termini scientifici il suo nome è variante Delta B.1.6 17.2, ma abbiamo imparato a chiamarla variante indiana. I casi di incidenza nel nostro Paese sono intorno all’1 per cento. In Gran Bretagna invece siamo ormai arrivati al 96% dei casi.

La preoccupazione è crescente nel nostro Paese dopo che in una palestra di Milano è stato identificato un focolaio che conta al momento almeno dieci casi. Per uno di loro dopo il sequenziamento si è scoperto che era affetto dalla variante Delta. Ora il sequenziamento sarà fatto su tutti gli altri nove casi.

Gruppo San Donato

I ministeri della Salute europei e americano stanno facendo di tutto per cercare di limitare al massimo la possibilità che la variante indiana diventi la prevalente. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha annunciato che se la situazione inglese non migliora, l’Italia imporrà la quarantena per chiunque arrivi dal Regno Unito. Al momento è previsto solo un tampone.

Variante indiana: sintomi diversi

In Gran Bretagna si stanno studiando anche i nuovi sintomi. I principali ora sono:

  • mal di testa,
  • tosse,
  • naso che cola.

Sono queste le principali manifestazioni della variante delta. Colpisce prevalentemente i giovani, anche perché sono quelli ancora non vaccinati. Sembra quindi assomigliare di più a un brutto raffreddore, che non alla malattia che causa polmoniti gravi. Anche la febbre resta piuttosto frequente, mentre la perdita dell’olfatto non è più tra i primi dieci sintomi.

Attenzione, perché le persone pensando di avere un semplice raffreddore, escono di casa, invece di stare in isolamento.

Variante indiana: i dati che arrivano dalla Gran Bretagna

Gli esperti sostengono che Delta abbia una capacità di contagio maggiore del 64% rispetto alle altri e il rischio di finire in ospedale sia doppio. In sette casi su dieci ha colpito persone non vaccinate. L’analisi sul personale medico inglese parla di una capacità di contagiare i vaccinati molto bassa. Sembra prediligere la fascia di popolazione più giovane, quella compresa tra i 10 e i 29 anni. Solo il 5% delle persone ha un’età uguale o superiore ai 60 anni. In pratica corrisponde alla popolazione che ha ricevuto due dosi di vaccino. I decessi restano bassi, quindi si può affermare che la doppia dose di vaccino funziona anche con questa variante indiana.

Due dosi di AstraZeneca o di Pfizer hanno grande efficacia su questa variante

Gli esperti inglesi hanno calcolato che i vaccini Pfizer e AstraZeneca sono efficaci anche contro questa variante, anche se in maniera leggermente inferiore. L’efficacia è all’80% sui sintomi gravi dopo la prima iniezione e sale a oltre il 95% dopo due inoculazioni. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet sottolinea come una sola iniezione possa sottoporre a un rischio di contagio. Una ricerca che ha trovato spazio su un’altra prestigiosa rivista scientifica come Nature conferma invece che dopo due dosi la protezione resta alta. Anche per prevenire gli effetti di nuove varianti si sta pensando a una terza dose di vaccino.

 

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Francesco Bianco

Giornalista professionista dal 1997, ha lavorato per il sito del Corriere della Sera e di Oggi, ha fatto interviste per Mtv e attualmente conduce un programma di attualità tutte le mattine su Radio LatteMiele, dopo aver trascorso quattro anni nella redazione di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore. Nel 2012 ha vinto il premio Cronista dell'Anno dell'Unione Cronisti Italiani per un servizio sulle difficoltà dell'immigrazione. Nel 2017 ha ricevuto il premio Redattore del Gusto per i suoi articoli sull'alimentazione.
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