Salute

Topi e ratti: come sbarazzarsene senza rischi per la salute

La loro presenza nelle abitazioni è in aumento e sono veicolo di molte malattie. Ecco i consigli degli esperti

Ormai è un’invasione, e non del tutto pacifica: già nel 2015 l’Associazione italiana difesa animali ed ambiente (Aida&a) annunciava che il sottosuolo di Milano era probabilmente popolato da circa 5 milioni di ratti, secondo le stime che navigano in Rete oggi solo a Roma ne circolerebbero più del doppio, a Napoli ce ne sarebbero 3,5 milioni mentre in tutt’Italia si arriverebbe a 120. Certo, non esistono censimenti ufficiali aggiornati, ma è il comune cittadino che può confermare – spesso per spiacevole esperienza personale – come, negli ultimi anni, la diffusione dei roditori nei centri urbani (e all’interno delle abitazioni) sia aumentata in maniera esponenziale. E se è vero che da una coppia di topi in media si può arrivare in nove anni a 2 milioni e 197mila figli e nipoti, i conti sono presto fatti.

Topi e ratti ci sono in tutte le stagioni e mangiano il nostro stesso cibo

Fino a qualche tempo fa le calate di questi animaletti si intensificavano soprattutto con l’arrivo del caldo, che li  richiama in superficie negli orari più tranquilli, e in particolare di notte; adesso, però, la loro presenza si è stabilizzata in qualunque stagione, anche a causa dei ricorrenti e infiniti lavori di scavo stradale che ne alterano l’habitat sotterraneo.

Gruppo San Donato

Di certo, «parlando di roditori, occorre fare un po’ di chiarezza», sottolinea Enrico Alleva, a lungo docente di etologia all’Università La Sapienza di Roma, esperto di biologia del comportamento, già presidente della Società italiana di etologia, fondatore del Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale all’Istituto Superiore di Sanità e attualmente vicepresidente del Consiglio Superiore di Sanità. «Per prima cosa va detto che ratti e topi sono animali sinantropici, nel senso che vivono negli stessi territori in cui si è insediato l’uomo, ma senza vincoli di dipendenza diretta. Gli etologi li hanno anche classificati come mammiferi commensali, proprio perché mangiano gli stessi cibi che consumiamo noi.

Le diverse tipologie di topi

Esiste comunque una netta differenza fra:

  • il cosiddetto topolino delle case o Mus musculus domesticus, che da adulto pesa poco più di 25 grammi;
  • il topo campagnolo o Arvicola terrestre, che vive nelle aree periurbane e in campagna ma talvolta si spinge anche in città, fin nelle metropolitane o nelle cantine dei centri storici;
  • i ratti di grandi dimensioni come il Rattus rattus o ratto nero dei tetti, che da adulto arriva a 5-600 grammi di peso;
  • il Rattus norvegicus o topo grigio delle chiaviche o delle fogne, che spesso penetra nelle abitazioni, soprattutto quelle situate ai piani bassi, passando dagli scarichi dei servizi igienici.

È quest’ultimo il ratto che ci deve preoccupare, perché compare immancabilmente là dove c’è cibo: nei negozi di generi alimentari e nei mercati, per strada o nei parchi, dove i passanti sbocconcellano panini o snack, e soprattutto intorno ai depositi dell’immondizia, dove divora qualsiasi cosa».

Topi e ratti: grazie ai loro denti rosicchiano di tutto

In effetti, tutti i roditori, inclusi topi e ratti, hanno denti che crescono continuamente e per consumarli rosicchiano di tutto: plastica, tubature, cavi della luce e fili del telefono. «Nulla li ferma e, proprio grazie alla loro potente dentatura, riescono a scavare pertugi e gallerie anche attraversando il legno, il cartongesso e addirittura il cemento», continua l’etologo.

Topi e ratti: tutte le malattie che possono trasmettere

Sul banco degli imputati (ma ingiustamente) durante il periodo della pandemia per l’accusa di essere dei veicoli del virus Sars-CoV-2, «i ratti sono comunque portatori di altre malattie in quanto possono fungere da serbatoi di agenti patogeni», conferma Nicola Decaro, professore ordinario di malattie infettive degli animali e direttore del dipartimento di medicina veterinaria dell’Università degli Studi di Bari.

Salmonellosi e leptospirosi

«La modalità di trasmissione più frequente è rappresentata dal contatto diretto o indiretto – tramite acqua, alimenti e aria contaminati – con le feci e le urine, attraverso le quali possono essere veicolate malattie batteriche molto gravi, come per esempio la salmonellosi (Salmonella typhimurium e Salmonella enteritidis) e la leptospirosi (Leptospira icterohaemorrhagiae)».

Infezioni da Hantavirus

A queste si aggiungono alcune patologie virali emergenti, come le infezioni da Hantavirus, più frequenti in autunno, quando i roditori già malati si avvicinano agli insediamenti umani e, una volta avvenuto il contagio, «possono causare insufficienza renale e gravi polmoniti», prosegue l’esperto.

Peste

«Alcune malattie dei roditori si trasmettono mediante l’intervento di artropodi vettori, e dunque zecche, pulci, acari, pidocchi, zanzare, che, compiendo il pasto di sangue sul roditore infetto e poi sull’uomo, possono infettare quest’ultimo con diversi patogeni di natura batterica o virale. La più antica malattia trasmessa dai ratti all’uomo mediante la puntura delle pulci (Xenopsylla cheopis) è la peste, causata dal batterio Yersinia pestis e ancora presente in alcune parti del mondo.

Tifo murino, malattia di Lyme, tularemia

Nel catalogo delle problematiche legate a topi e ratti c’è anche il tifo murino, causato da Rickettsia typhi, la malattia di Lyme, causata da Borrelia burgdoreri, e la tularemia, causata da Francisella tularensis.

Febbre da morso di ratto e tetano

Infine, si segnala anche la possibilità della trasmissione di alcuni patogeni attraverso il morso, tra le malattie che ne possono conseguire la più frequente è la febbre da morso di ratto, un’infezione causata da batteri della specie Streptobacillus moniliformis o Spirillum minus, che colpisce soprattutto i bambini al di sotto dei 12 anni di età. Non va sottovalutata infine la possibilità di trasmissione del tetano, visto che le spore ubiquitarie di questo batterio (Clostridium tetani) possono essere presenti nella bocca di tutti gli animali e penetrare nella ferita inferta dal morso».

Cosa fare in caso di contatto?

La probabilità che un essere umano oggi sia aggredito da un topo o da un ratto è abbastanza bassa, «perché questi animali temono gli uomini e tendono a evitare ogni possibile contatto con noi», precisa Decaro. «Se però questa evenienza dovesse malauguratamente verificarsi, è opportuno disinfettare subito l’area del morso e assumere antibiotici a largo spettro per sette-dieci giorni. In questi casi sarebbe meglio evitare le cure “fai-da-te”, ma è raccomandato recarsi al pronto soccorso, dove il personale medico provvederà alla disinfezione più accurata e all’eventuale somministrazione del siero antitetanico».

Come entrano nelle case?

Ratti e topi sono attirati nelle case dalla particolare disponibilità di cibo e dalla scarsa protezione che oggi l’ambiente domestico offre nei confronti di potenziali predatori: quindi, per proteggersi, bisogna innanzitutto evitare l’esposizione ai roditori, ostruendo con reti a piccola maglia tutti gli accessi e controllando che i topi e soprattutto i ratti non abbiano facile accesso negli alloggi e preservando gli alimenti da un eventuale contatto.

«Questi piccoli animali, sempre alla ricerca di cibo, possono entrare nelle nostre abitazioni tramite ventole e prese d’aria, fori per tubazioni e cavi elettrici, crepe nei muri e nel tetto», precisa Alleva. «Pertanto, oltre che conservare gli alimenti in posti difficilmente accessibili ed evitare di lasciare in giro avanzi e altri rifiuti organici, come per esempio le pattumiere dei sotto lavello in cucina, è molto importante riparare crepe e fori presenti nelle pareti, nelle solette e nel tetto».

Topi e ratti: come sbarazzarsene senza rischi per la salute

La strategia più efficace per contrastare la trasmissione di agenti patogeni dai topi e ratti all’uomo consiste nell’abbattimento della popolazione murina urbana attraverso la derattizzazione, che in Italia è regolata dalla legge n. 82 del 1924, poi integrata e aggiornata con la legge quadro contenuta nel decreto legislativo n. 274 del 1997. Esistono diverse modalità: si va dalla cattura mediante trappole alle carte collanti atossiche fino all’impiego di esche avvelenate contenenti sostanze ad attività anticoagulante (dicumarinici), ma per l’utilizzo di questi strumenti è sempre bene rivolgersi agli specialisti, che oggi offrono anche servizi di pronto intervento 24 ore su 24 e sono gli unici autorizzati a smaltire le carcasse.

«La distribuzione delle esche deve essere effettuata con molta cautela per evitare l’avvelenamento di altri animali domestici e selvatici, per cui oggi è obbligatorio l’impiego di dispenser che non permettono l’assunzione da parte di altri animali», puntualizza Decaro. «La crescente attenzione per il benessere animale sta portando, almeno in ambito domestico, al progressivo abbandono delle esche velenose a favore di metodi più sostenibili ma non meno efficaci, come l’impiego degli ultrasuoni o di esche biologiche a base di semi, mais e sostanze appetibili d’origine naturale. È inoltre indispensabile il corretto conferimento dei rifiuti urbani, in particolare della frazione organica, che rappresentano la principale fonte di sostentamento per le popolazioni di topi e ratti in ambito cittadino». Non basta una sola disinfestazione, ma bisogna ripetere le operazioni prima di liberarsi definitivamente dai roditori, in media dopo quattro-sei mesi.

Gatto? Meglio un barbagianni in giardino

E i gatti? «Ormai moltissime femmine sono sterilizzate e hanno strategie alimentari diverse dalla caccia al roditore», osserva Alleva. «I mici di casa molestano volentieri anche uccelli, rettili e anfibi rari, magari trascurando i roditori infestanti. Se proprio si vogliono contrastare topi e ratti con un predatore, chi vive in una casa con un giardino o abita in una zona verde può agganciare agli alberi – rivolgendosi per esempio al WWF o ai servizi forestali – le casette in legno per il barbagianni, un rapace che arriva a cacciare anche un ratto a notte.

In ogni caso, la migliore soluzione, quella più efficace, resta la barriera fisica, e cioè la classica rete di metallo a maglie fini – da 0,8 x 0,8 centimetri o, ancora meglio, da 0,6 x 0,6 – perché i topi, che riescono a schiacciare l’intero corpo a parte il cranio, con uno sbarramento del genere non passano più. Inoltre, quando si esce o si va a dormire, occorre ricordarsi di chiudere bene le porte e le finestre, che sono le principali vie d’accesso dei roditori, soprattutto durante la bella stagione».

Topi e ratti: le feci sono il primo segnale di presenza

Rumori dalla cantina o dal solaio, graffi su mobili e pareti, tappeti o tessuti rosicchiati, ma soprattutto la presenza di minuscole feci scure, di forma oblunga e con le estremità appuntite, sono le principali avvisaglie dell’arrivo dei topi in casa. Dove cercarle? «I topi possono produrre tra i 50 e i 75 escrementi al giorno», chiariscono i professionisti di derattizzazioni.org, società che si occupa di disinfestazioni con una rete di operatori attivi su tutto il territorio nazionale. «Spesso l’entità della presenza dei roditori viene determinata dal numero di “pellet” – così come vengono chiamate in gergo le feci – che si notano di solito vicino ai mobili della cucina, nelle dispense, nei ripostigli intorno agli elettrodomestici e agli scaldabagni, in bagno, negli armadi e in tutte le zone in cui sono presenti prese d’aria, tubi esposti o fori nei muri».

In questi casi, la prima cosa da fare è cercare di pulire a fondo l’area in cui sono stati trovati gli escrementi, sanificando l’ambiente. «Una volta rimosse le feci, si passa alla disinfestazione utilizzando per esempio la candeggina, pura o anche diluita se la si applica su tessuti e superfici delicate, o l’aceto bianco, che però, essendo acido, va evitato sulla pietra e sui materiali assorbenti». Esistono poi i disinfestanti chimici, da maneggiare con cautela o da far applicare agli specialisti, e i disabituanti naturali a base di oli essenziali repellenti: uno fra i più efficaci è quello di canfora, che va strofinato nelle zone dove sono stati individuati i segni di passaggio dei roditori. Non ultimo, i topi odiano il bicarbonato di sodio, da spargere nelle zone incriminate.

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