Salute

Togliere le tonsille: quando è giusto farlo?

La tonsillite è l’infezione che colpisce più comunemente i bambini fino ai 12 anni ma solo nel 30% dei casi per curarla serve l'antibiotico. Ecco quando è importante ricorrere all'intervento chirurgico

È una delle paure di ogni genitore: bambini con febbre alta, dolore, difficoltà a deglutire, giorni di asilo o scuola persi… Del resto la tonsillite è l’infezione che colpisce più comunemente i piccoli fino ai 12 anni. La domanda che ci si pone è togliere le tonsille o no. «Il sintomo classico è il mal di gola», spiega Susanna Esposito, professore ordinario di Pediatria all’Università degli Studi di Perugia, specializzata in infettivologia (puoi chiederle un consulto qui). «Il pediatra deve valutare le caratteristiche della faringe, tenendo conto dell’iperemia, quindi dell’arrossamento, dell’essudato, le cosiddette placche, e della presenza di petecchie e di altre lesioni sul palato. Valuterà poi la lingua e l’ingrossamento dei linfonodi». Altri sintomi possono essere la difficoltà nell’ingoiare, male alle orecchie, mal di testa, indolenzimento alla mascella, presenza di febbre o brividi, variazioni o perdita della voce.

Solo tre su dieci sono batteriche e richiedono l’antibiotico

A questo punto occorre identificare le cause dell’infiammazione delle tonsille. «È sbagliatissimo sostenere che, siccome ci sono le placche, bisogna dare gli antibiotici, come ritengono molti genitori», avverte Esposito. «La presenza di essudato – cioè di placche –  può identificare sia una tonsillite batterica, sia una forma virale».

Gruppo San Donato

Per prescrivere l’antibiotico bisogna procedere o con un test rapido o con un tradizionale esame del tampone faringeo. Il primo si fa direttamente nello studio del medico, il secondo viene spedito in un laboratorio e occorrono un paio di giorni per avere la risposta. «Bisogna sottolineare che solo il 30% delle tonsilliti richiede il ricorso all’antibiotico». «Quindi, solo se il test è positivo verrà prescritto dal medico. Generalmente si raccomanda di assumere l’amoxicillina per dieci giorni. In alcuni casi possono essere indicate le cefalosporine per cinque giorni».

Se il test è negativo, quindi, l’antibiotico non serve a nulla, anzi è fortemente dannoso. In questo caso i farmaci da assumere saranno o paracetamolo o ibuprofene per far scendere la febbre e lenire gli altri sintomi.

Quando si può tornare a scuola?

Questo è un tasto dolente. Spesso entrambi i genitori lavorano e ci sono anche molte mamme e papà single. «Sbagliando, il bambino viene “rispedito” a scuola o all’asilo appena sta un po’ meglio». «C’è invece una fase di convalescenza in tutte le infezioni. Per quelle batteriche bastano 24-48 ore di antibiotico per non essere più infettivi. Per quelle virali occorrono almeno cinque-sette giorni e mai prima che siano passati tre giorni da quando il bambino non ha più febbre. Altrimenti non solo trasmette la malattia, ma può ammalarsi con maggiore facilità. Questo vale soprattutto per i bambini sotto i sei anni».

Infezioni ricorrenti

«Se la tonsillite si ripete va escluso che il paziente sia affetto da Mycoplasma pneumoniae, un batterio atipico che causa tonsilliti, bronchiti e polmoniti. Per capire se è questa la causa della tonsillite ricorrente il test rapido non è sufficiente, perché non è in grado di scoprire il Mycoplasma». «Va quindi verificato con esami più approfonditi. Secondo le linee guida del Ministero della Salute, se invece il bambino ha sei tonsilliti batteriche da streptococco nell’arco di un anno e cinque in quello successivo si può procedere all’intervento di asportazione delle tonsille».

Togliere le tonsille: quando non bastano i farmaci

Fino alla fine degli anni 70 la tonsillectomia era uno degli interventi più ricorrenti. «Si faceva così spesso perché i medici vedevano le tonsille come un impedimento al corretto sviluppo del bambino», spiega Corrado Borsi, otorinolaringoiatra all’Istituto Auxologico Italiano di Milano (puoi chiedergli un consulto qui). «Ora la decisione di intervenire si prende con criteri più logici. Si cerca di valutare se:

  • le tonsille siano esse stesse causa di un’infezione ricorrente,
  • possano essere causa di dolori articolari, soprattutto in fascia pediatrica,
  • creano un ingombro tale da creare frequenti episodi infiammatori otitici oppure ostruzione respiratoria, sino ad arrivare all’apnea notturna durante il sonno.

In questi casi mantenere in sede le tonsille non ha molto senso».

Togliere le tonsille: attenzione alle malattie reumatiche

C’è poi un altro motivo che può rendere necessario l’intervento chirurgico. «Le tonsille sono vere e proprie spugne». «Le tonsille bloccano le colonie virali, e quelle batteriche. Può accadere che le tonsille non siano più in grado di gestire gli ingressi batterici. Essendo in connessione diretta con importanti vasi sanguigni, fanno passare queste colonie nel sangue. I batteri vanno a depositarsi nelle zone in cui il sangue riesce a fare un vortice, ovvero all’altezza della valvola cardiaca, delle zone articolari e dei reni. Ci si predispone così alla malattia reumatica, provocata dai batteri stessi. Il TAS, titolo antistreptolisinico, evidenzia la possibilità di tale infezione e, a volte, le tonsille vengono asportate proprio per evitare un innalzamento dei suoi valori».

Togliere le tonsille: la tonsillectomia 

Se necessario, quindi, come si interviene? «Una volta l’intervento si eseguiva da svegli», ricorda Borsi, «e questo comportava grossi rischi di sanguinamento. Oggi si esegue in anestesia generale, con strumenti di taglio e coagulo, e dura circa 15 minuti. Si pratica un’incisione nella regione tonsillare, si asportano i due organi e in chiusura viene eseguita una coagulazione mediante strumenti elettrici».

Anni fa, quindi, togliere le tonsille era molto più traumatico, ma ci si dimenticava ben presto dell’intervento, anche grazie ai famosi gelati che venivano dati in quantità ai bimbi operati. Il freddo o il ghiaccio servivano principalmente a escludere rischi di sanguinamento. Ora si tende solo a proporre una dieta fresca e morbida, perché il troppo freddo su una regione causticata potrebbe risultare molto doloroso. Le nuove tecniche di intervento, quindi, a fronte di una sicurezza enormemente aumentata, prevedono pure un maggior dolore postoperatorio, dal momento che le sedi causticate formano croste sui tessuti molli, con dolore intenso per 8-10 giorni. Generalmente il completo recupero si ottiene in un paio di settimane».

Francesco Bianco

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