Salute

Neuromodulazione sacrale per i casi di ritenzione urinaria

Focus di Antonia Centemero, dirigente medico del dipartimento di urologia dell'ospedale San Raffaele Turro di Milano

Focus a cura di Antonia Centemero, dirigente medico del dipartimento di urologia dell’ospedale San Raffaele Turro di Milano.

La neuromodulazione sacrale permette di risolvere, in molti casi, i problemi delle persone che hanno una ritenzione urinaria (cioè la vescica non in grado di svuotarsi spontaneamente) e devono ricorrere al catetere. Su un versante opposto, la neuromodulazione sacrale aiuta anche i pazienti con la vescica iperattiva (che sentono troppo spesso lo stimolo a urinare). Un’avvertenza importante, però: la neuromodulazione sacrale non può essere applicata nei casi di ritenzione cronica di urina dovuta a ostruzioni anatomiche, come una stenosi (restringimento) dell’uretra o, nell’uomo, l’ipertrofia della prostata.

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GLI ESAMI. I pazienti devono essere sottoposti ad accertamenti preventivi, anche fastidiosi, per capire se la neuromodulazione può avere un effetto positivo. Occorre eseguire un esame urodinamico, che consiste nell’inserimento in vescica di soluzione fisiologica, tramite un sottile catetere, con una registrazione della pressione vescicale e di quella dell’addome mediante una sonda rettale. In altri casi si utilizza l’esame videourodinamico, simile all’altro, che prevede anche l’uso di un mezzo di contrasto e di immagini radiografiche. Entrambi questi esami servono per valutare come si comportano la vescica e lo sfintere durante il riempimento e lo svuotamento. Utile è, inoltre, uno studio neurofisiologico del piano pelvico (la base muscolare che sostiene gli organi urinari e genitali), utilizzando l’elettromiografia (aghi-elettrodi inseriti nei muscoli, per misurare il passaggio degli impulsi nervosi).

L’INTERVENTO. Solo se il paziente è ritenuto adatto e le terapie tradizionali non praticabili, si può procedere all’intervento di neuromodulazione sacrale, che va eseguito in un centro ad alta specializzazione (leggi: i centri per la neuromodulazione). I chirurghi inseriscono un elettrodo nel forame della terza vertebra sacrale (il piccolo spazio creato, nella parte posteriore, da due vertebre adiacenti). L’elettrodo stimola le radici dei nervi sacrali, che provengono dal midollo spinale, e viene collegato, in un primo tempo, a uno stimolatore esterno, provvisorio, che il paziente dovrà usare per almeno un mese, tenendolo con sé alla cintura o in una borsa. Se i risultati saranno buoni (miglioramento di almeno il 50% nello svuotamento della vescica), i chirurghi sostituiranno lo stimolatore provvisorio con un pacemaker deUinitivo, che verrà sistemato in una tasca ricavata sotto la pelle, nella zona sopra i glutei, diventando così invisibile. Se invece non si verifica un miglioramento significativonel periodo provvisorio, lo stimolatore verrà rimosso. Gli interventi si eseguono tutti con l’anestesia locale, in day hospital.
Antonia Centemero, dirigente medico del dipartimento di urologia dell’ospedale San Raffaele Turro di Milano

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