Salute

L’elettroshock si pratica ancora ma con regole molto rigide

In Italia la terapia è ammessa solo in alcuni casi di depressione o psicosi grave. Indispensabile il consenso scritto del paziente

«L'elettroshock esiste ancora in Italia, ma con regole molto rigide», spiega Antonio Malgaroli, professore ordinario di fisiologia umana alla facoltà di medicina e chirurgia della Università Vita-Salute San Raffaele, a Milano. «Il ministero della Salute ha stabilito che "dev'essere praticato solo nei casi di depressione o psicosi grave e con il consenso scritto del paziente", quando non sono possibili altre terapie e quando il malato è colpito da un disturbo che potrebbe mettere a rischio la sua stessa vita (istinti suicidi)».

Come avviene

Gruppo San Donato

Il malato viene addormentato con un anestetico leggero. «Grazie a due elettrodi applicati alla tempia destra, il cervello è attraversato da un impulso elettrico a corrente costante (0,9 Ampère, tensione da 200 a 450 volt)», continua Malgaroli. «A causa di questo impulso si modifica il potenziale elettrico delle cellule nervose. La conseguenza più probabile è una forte liberazione di neurotrasmettitori. La terapia prevede 6-12 trattamenti tre volte alla settimana».

Effetti collaterali

Le scariche inducono convulsioni. Al risveglio il paziente ha temporanee perdite di memoria.

Ultimo aggiornamento: 24 novembre 2009

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