Salute

Come avviene la riabilitazione di un paziente Covid?

Una malattia che lascia conseguenze importanti sul corpo e la mente dei pazienti. Il San Raffaele di Milano ha aperto un reparto ad hoc per il loro recupero

Un reparto ad hoc per la riabilitazione dei pazienti ricoverati a seguito dell’infezione da coronavirus, quando ancora sono infettivi. Lo scorso 2 aprile l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano ha fatto partire un reparto di riabilitazione motoria, respiratoria e neurologica interamente dedicato ai pazienti Covid-19. A disposizione ci sono 28 letti. Insomma una struttura che si occupa specificamente della riabilitazione di un paziente Covid. Quanto tempo ci vuole a guarire dalla malattia?

“I pazienti vengono ricoverati da noi dopo che sono stati diversi giorni allettati nei reparti di Terapia Intensiva e di Terapia Sub Intensiva o che arrivano dai reparti dove hanno  ricevuto ventilazione polmonare non invasiva, ma che sono ancora positivi al tampone oro-faringeo per verificare la presenza di coronavirus. La maggior parte ha un’età media intorno ai 70 anni, ma abbiamo avuto anche pazienti di 40 anni”. Sandro Iannaccone è primario dell’Unità di Riabilitazione Disturbi Neurologici Cognitivi-Motori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e presidente della Società Scientifica della Riabilitazione (SSR).

Gruppo San Donato

Riabilitazione di un paziente Covid: in che condizioni arrivano nel vostro reparto?

“I pazienti ricoverati sono persone debilitate sia fisicamente, sia psicologicamente. Mostrano segni di astenia, difficoltà di movimento e problemi a parlare, deficit del sistema nervoso periferico e centrale, come la perdita dell’olfatto e del gusto. In molti casi sono confusi e disorientati. Hanno perso molto tono muscolare e sono diminuiti di peso. A causa della lunga degenza e degli effetti della malattia, non sono più autosufficienti e necessitano di essere riabilitati prima della dimissione. Avevano però bisogno di un percorso riabilitativo specifico, diverso da quello tradizionale”.

Com’è organizzato il reparto per la riabilitazione di un paziente Covid?

“Visto che i problemi erano molti, abbiamo pensato di coinvolgere un’équipe multispecialistica per permettere un completo recupero funzionale. Di questa squadra fanno parte neurologi, pneumologi, cardiologi, fisiatri, neuropsicologi, psichiatri, fisioterapisti, otorinolaringoiatri e nutrizionisti. La riabilitazione di questi pazienti va affrontata a 360 gradi. Sappiamo che questa malattia non colpisce solo i polmoni, ma dà anche problemi cardiologi e neurologici”.

“Ogni paziente segue un percorso riabilitativo personale. Gli obiettivi sono diversi. Miglioriamo la loro capacità respiratoria, cerchiamo di rimetterli in piedi per dare loro la giusta autonomia nei movimenti, ma ci occupiamo anche dell’aspetto neuropsicologico. Essendo ancora infetti, facciamo la maggior parte degli esami di monitoraggio nella camera del paziente, in modo da evitare che si possano muovere all’interno dell’ospedale”.

Come affrontate le difficoltà di carattere emotivo?

“Sono pazienti molto provati dal punto di vista psicologico. Sono in isolamento totale da diversi giorni e sono spaventati. È per questo che sono seguiti da psicologi e psichiatri che eseguono una riabilitazione cognitiva e curano anche il rapporto con i parenti. I pazienti possono fare delle chiamate con tablet per non rimanere isolati e anche in queste situazioni a loro fianco c’è la nostra squadra di psicologi”.

Quali sono i risultati finora?

“I risultati sono incoraggianti. Fortunatamente questi pazienti migliorano molto. Naturalmente dipende anche dalla loro età. Com’è logico aspettarsi, i più giovani fanno progressi più velocemente. In genere già in una o due settimane siamo capaci di farli tornare autonomi. Abbiamo già dimesso più di 70 pazienti. Quando non sono più infettivi e hanno bisogno ancora di riabilitazione, li spostiamo nelle riabilitazioni tradizionali”.

Il reparto di riabilitazione per pazienti Covid rimarrà sempre aperto?

“Dipende molto da quale sarà l’evoluzione della diffusione del contagio. Noi comunque siamo sempre pronti ad attivarlo nella malaugurata ipotesi che ci sia ancora bisogno di questo reparto ad hoc”.

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