Salute Mentale

Come riconoscere un manipolatore

Tutti siamo un po’ burattinai per ottenere ciò che desideriamo dagli altri, ma alcuni lo sono in modo talmente patologico da sfociare nella violenza psicologica: contro questi «emittenti disfunzionali» l’arma più potente che abbiamo è l’autostima

Nel parlare sono aggressivi e in apparenza privi di logica. Ribaltano la realtà e ti danno sempre la colpa di tutto, senza prestarti ascolto. Fino a farti sentire realmente colpevole, oltre che perennemente insicuro, svuotandoti di energie e provocandoti uno stress che può minare la tua salute. Si trovano ovunque. In famiglia, al lavoro, nel tempo libero, in politica, negli ambiti religiosi, tra i professionisti della salute, sui mass media, nei social network. Ecco come riconoscere un manipolatore relazionale, «un fenomeno dilagante nella nostra società, che una volta non aveva un nome e ora, invece, ce l’ha», spiega la criminologa Cinzia Mammoliti, autrice di Le parole per difenderci (Sonda, 2020). Si tratta della prima specialista a introdurre in Italia, nel 2009, il tema della manipolazione relazionale e della comunicazione manipolatoria.

L’arma del manipolare: la comunicazione

In Europa, invece, tra le principali pioniere c’è stata la terapeuta francese Isabelle Nazare Aga. Nei suoi testi, tra cui L’arte di non lasciarsi manipolare (Paoline Editoriale Libri, 2000), ha descritto 30 possibili caratteristiche per riconoscere un manipolatore, individuandone proprio nella comunicazione l’arma privilegiata. «Mentre nella normalità», conferma Cinzia Mammoliti, «si hanno due soggetti alla pari, un emittente e un ricevente che hanno voglia di scambiarsi informazioni e comprendere i rispettivi messaggi, nella manipolazione c’è un emittente disfunzionale che vuole destabilizzare il ricevente».

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Tutti siamo un po’ manipolatori

Manipolatore, prosegue l’esperta, «è, pertanto, chiunque, uomo o donna, abbia il bisogno di tenere il controllo della relazione. Di esercitare una supremazia o un dominio sull’altro, portandolo a fare cose che in situazioni ordinarie non verrebbero fatte. In realtà, in misura minima, manipolatori, lo siamo tutti a seconda delle situazioni che viviamo. Nasciamo manipolatori, basti pensare al pianto del bebè o al bambino che ci intenerisce facendo gli occhioni per ottenere quello che vuole». Il problema è, però, quando questo lato del carattere diventa realmente patologico, tale da permeare l’intera personalità di chi lo possiede.

Riconoscere un manipolatore: i 4 stadi

Cinzia Mammoliti individua quattro stadi in base alla gravità e sistematicità dei tratti manipolatori presenti in un soggetto. Da uno più lieve – e quindi occasionale – passando per uno medio fino a quelli grave e gravissimo. Qui si ritrova «il narcisista perverso, lo psicopatico sadico che si diverte a far soffrire con un particolare tipo di manipolazione destinato a sfociare in violenza psicologica, determinando nella vittima gravi danni psicofisici». Sebbene non esistano statistiche attendibili in materia, si diventa manipolatori relazionali pericolosi «un po’ per fattori genetici, un po’ per fattori ambientali. Spesso è dalla famiglia di origine che si apprende questo “stile” relazionale».

Insicuri, ma intelligenti

Detto questo, è possibile stilare un identikit generico per riconoscere un manipolatore. Anche se può sembrare un paradosso viste la prepotenza e l’arroganza che esibisce, si tratta di una persona fondamentalmente insicura che, perciò, ha necessità di esercitare un controllo continuo, e intelligente o, perlomeno, astuto. «Spesso», precisa la criminologa, «ha un alto quoziente intellettivo, ma un bassissimo quoziente emotivo. Cioè è praticamente privo di quell’intelligenza che lo psicologo Daniel Goleman definiva l’intelligenza del cuore».

Può, inoltre, appartenere a qualunque ceto sociale e rivestire qualsiasi ruolo. Anche se «naturalmente più potere si detiene e maggiormente è facile manipolare. Generalmente si tratta di gente che “non si sporca le mani”. Ingenera immensi livelli di stress, ti fa ammalare, può istigare al suicidio e all’autolesionismo, ma difficilmente aggredisce fisicamente».

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Empatici ed ingenui nel mirino

Così come siamo tutti un po’ manipolatori, così siamo tutti a rischio manipolazione. Per quanto possa essere forte il nostro carattere, «perché», sottolinea Cinzia Mammoliti, «questa forma distorta di comunicazione verte su due leve emozionali principali a cui siamo tutti suscettibili. Il senso di colpa e la paura. Si è manipolabili nella misura in cui il manipolatore riesce a scoprire i nostri punti deboli, dai quali nessuno è esente. In genere, tuttavia, i manipolati hanno in comune l’empatia. Hanno la capacità di immedesimarsi nello stato d’animo o nella situazione di un’altra persona. E hanno una certa ingenuità, che li porta a non vedere il male nel prossimo. Il pensare che tutti gli assomiglino è la classica presunzione dell’empatico che spiega perché cada così spesso in trappola. Non può credere alla malvagità altrui».

Autoconsapevolezza come arma contro i manipolatori

Lo scudo principale contro la manipolazione è l’amarsi di più. Ma il processo che porta all’autostima non risulta per niente facile, perché, constata Mammoliti, «siamo schiavi di molti pregiudizi e stereotipi, soprattutto le donne. L’Italia è ancora un Paese maschilista e machista, in cui si pensa che una donna senza un uomo accanto non valga niente o che debba accettare la violenza perché così è scritto fin dall’alba dei tempi». Bisogna, allora, iniziare a lavorare sull’autoconsapevolezza, «conoscere le parti di luce e i lati oscuri che tutti abbiamo. Il fatto di accettare le proprie zone d’ombra aiuta a centrarsi. Conoscendosi bene, inoltre, si capisce esattamente che cosa si vuole – così da impostare il percorso per ottenerlo – ma anche che cosa non si vuole. Più una persona sa chi è, più è sicura di se stessa e, quindi, non manipolabile. Perché mi devo fidare maggiormente di quello che tu dici di me rispetto a quello che penso io di me stesso? Se non ci si fida del proprio parere, è perché non ci si ama e stima abbastanza».

Riconoscere un manipolatore: il love bombing

Per difenderci è utile conoscere la strategia che il manipolatore elabora. Perché in molti casi le parole di fiele sono anticipate da quelle di miele. È la tecnica del love bombing. Bombardamento d’amore. «Dopo che la vittima è stata intercettata per tutta una serie di caratteristiche che possiede in un qualsiasi contesto relazionale, dall’amicizia al lavoro», chiarisce la specialista, «il “predatore” la circonda di attenzioni, rispondendo in maniera amplificata inizialmente ai comuni fabbisogni di base (di riconoscimento, di appartenenza, di adulazione, di valorizzazione…). E, con il tempo, ai bisogni particolari. Il manipolatore, infatti, studia la sua preda, le fa un sacco di domande, cerca di capire bene chi è. Più informazioni gli si dà e più ci s’indebolisce».

A cosa fare attenzione:

  1. complimenti e attenzioni eccessive;
  2. quando una persona vuole sapere tutto di te ma dice poco di sé;
  3. se l’interlocutore inizia a parlarti male dei tuoi parenti e amici per tentare di isolarti dal resto del mondo;
  4. quando senti che qualcosa non va mentre sei in compagnia di queste persone, provi una sorta di disagio cupo, oscuro e lontano che non sai denominare, ma a cui tendi a dare poca importanza.

«Bisogna sempre fidarsi dell’istinto», avverte la criminologa. «E non cercare di far quadrare quello che vorresti provare con quello che realmente senti. Mai razionalizzare le sensazioni. Bisogna dare loro retta e basta».

Tv e politica, un mix letale

I manipolatori si trovano un po’ in ogni contesto sociale. Ma ci sono mestieri in cui riconoscere un manipolatore è più facile perché questa «arte» è quasi imprescindibile. Come quello del venditore o nei settori aziendali delle risorse umane, «che, però, ci devono preoccupare solo quando vogliono portarci a fare qualcosa che noi non vorremmo», specifica l’autrice de Le parole per difenderci. Più preoccupante è la «manipolazione di massa a livello mediatico, tv in primis, che subiamo quotidianamente. Impone mode, ideali, target e standard che negli ultimi decenni si sono sempre più abbassati senza che ce ne accorgessimo, con il risultato che si viene lentamente ipnotizzati».

Quando, poi, i mass media incontrano la politica l’allerta deve salire. «Un esempio di comunicazione manipolatoria è l’uso di parole violente e di un’aggressività anche a livello paraverbale (tono, timbro e ritmo della voce) alle quali ci capita spesso di assistere durante i dibattiti politici e i talk show. Ci stanno instillando il virus della violenza, tanto che ormai tutti noi, giovanissimi compresi, assistiamo a scene raccapriccianti senza scomporci. Ma non solo e non tanto. Il rischio principale dell’interiorizzazione di questa violenza è dato dal fatto che può far emergere una caratteristica latente in tutti. La capacità di passare all’azione, finanche a uccidere».

Un manipolatore può “guarire”?

Se difendersi dai manipolatori è possibile, «guarirli» lo è molto meno. «La curabilità è strettamente correlata alla consapevolezza che si ha di essere in un certo modo», conclude Mammoliti. «Ma il manipolatore non si mette in discussione».

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