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Sexting e cybersex: com’è cambiato il sesso tra i teenager

Secondo una recente indagine, il Covid-19 ha rubato le occasioni della «prima volta» agli adolescenti, spostando ancora di più la ricerca delle informazioni sul web, dalle chat ai porno

Durante la pandemia i teenager hanno fatto di necessità virtù e avendo avuto meno occasioni nella vita reale per fare esperienze sessuali, si sono affidati (ancor più di prima) al web. È quanto emerge da un’indagine su adolescenti e sessualità presentata al congresso nazionale della Società italiana di andrologia, secondo cui i giovani sono sempre più disinformati e, soprattutto, soli. La mancanza di socialità nella vita reale ha aperto ulteriormente le porte a internet, che è diventato il loro mentore anche per la pratica sessuale.

Sexting, cybersex e porno online

Secondo il sondaggio Sia (sono stati coinvolti 80 teenagers di 16 anni), il Covid e le restrizioni necessarie a contenere la pandemia hanno rubato la «prima volta» agli adolescenti e oggi in materia di sesso un ragazzo su due si informa sul web, seguito dagli amici (28,75%), mentre appena il 5% chiede informazioni al medico. Oltre la metà (il 55%!) non ha mai parlato con qualcuno di sesso. A questa scarsa informazione si aggiungono gli effetti di un anno e mezzo trascorso su internet a causa della pandemia. E poi della scuola a singhiozzo sostituita dalla Dad. Proprio per questo nell’ultimo anno è anche raddoppiato il ricorso al sexting, al cybersex e al porno online.

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Sexting e cybersex: un problema soprattutto maschile

Per gli andrologi non si tratta di un cambiamento positivo. Anzi. Gli esperti sono convinti che l’eccessivo utilizzo di internet e del virtuale per approcciarsi al sesso rischi di ostacolare un sano sviluppo della sessualità. Specialmente quella degli adolescenti maschi, che a differenza delle ragazze che iniziano ad andare già in adolescenza dalla ginecologa, vedono per la prima volta l’urologo molto tardi. Ci sono ragazzi di 30 anni (e passa) che non ci sono mai andati.

«Il problema è soprattutto maschile perché i ragazzi difficilmente, praticamente mai, si rivolgono all’andrologo. Inoltre tendono a confidarsi meno con coetanei e familiari rispetto alle ragazze» ha spiegato Alessandro Palmieri, presidente Sia e professore di Urologia alla Università Federico II di Napoli. Dai risultati, infatti, emerge che i ragazzi che ammettono di essere insoddisfatti della propria vita o ammettono di sentirsi soli sono raddoppiati rispetto al periodo pre-pandemia. Anche gli amici, che in tempi normali erano una risorsa essenziale per saperne di più in materia di sesso, in questi ultimi due anni sono stati per forza di cose più lontani. E soprattutto virtuali.

L’educazione sessuale nelle scuole: una priorità

«Mai come oggi la riapertura delle scuole in presenza è cruciale per far emergere i giovani dalla vita in remoto in cui sono annegati a causa del Covid» continua Palmieri. «È fondamentale che i ragazzi imparino a rivolgersi allo specialista per aver informazioni corrette. Ma anche per intercettare disturbi, fugare incertezze e vivere una sessualità serena negli anni a venire». Gli esperti insistono sulla necessità di introdurre in modo più capillare e continuativo l’educazione alla salute sessuale nelle scuole. È importante introdurre programmi scolastici di educazione al sesso, concentrandosi su programmi di intervento precoce che potrebbero ridurre futuri problemi sessuali e riproduttivi. Come infezioni e gravidanze indesiderate.

Maggiore consapevolezza sulle malattie

Il Covid ha avuto un impatto negativo sull’approccio alla sessualità tra gli adolescenti. Paradossalmente, però, sembra essere stato positivo per la consapevolezza sulle malattie sessualmente trasmissibili. «La pandemia ha danneggiato i 16-17enni perché ha sottratto loro un anno fondamentale, in cui in genere si fanno le prime esperienze sessuali» precisa Palmieri. «Tuttavia dall’altro lato li ha responsabilizzati e resi più attenti alle malattie sessualmente trasmissibili. Compreso l’ uso del preservativo e la scelta di partner stabili». Forse è avvenuto perché da quando è scoppiato il primo lockdown l’attenzione alla salute e alla modalità con cui si trasmettono virus e batteri si è alzata alle stelle. E, volenti o nolenti, alcune abitudini (come una maggiore igiene personale) sono ormai entrate a far parte della nostra vita quotidiana.

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