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Donne che non vogliono figli: bisogna ancora giustificarsi?

Il 22% delle italiane dichiara di non volere figli, ma la società non sembra ancora pronta ad accettare questa scelta

L’attrice Chiara Francini, con il suo monologo sul palco dell’ultimo Festival di Sanremo, non è stata la prima ad affrontare pubblicamente il tema della non maternità. Prima di lei ci hanno provato giornaliste, scrittrici, psicanaliste, sociologhe. Come Paola Leonardi, nel monologo teatrale Se non sei madre, sei una donna a metà. Insieme a Ferdinanda Vigliani, attiva nel movimento delle donne dei primi anni Settanta, ha raccolto tante storie di non mamme famose, da Natalia Aspesi a Piera Degli Esposti, nel libro Perché non abbiamo avuto figli (Franco Angeli, 2009). Elena Stancanelli e Carola Susani ne hanno discusso nel diario romanzato Mamma o non mamma (Feltrinelli, 2009), così come la francese Corinne Maier nel manuale No kid. Quaranta ragioni per non avere figli (Bompiani, 2008).

Se ne parla di più, indubbiamente: se qualcuna vorrebbe essere madre ma non può, qualcun’altra sceglie, deliberatamente, di non diventarlo mai, ma ancora, inevitabilmente, si scontra con chi non crede che una donna possa realizzarsi anche senza prole.

Gruppo San Donato

Secondo i dati Istat, il 45,4% delle donne tra 18 e 49 anni è senza figli e di queste il 22,2% dichiara che non intende averne. In particolare, per il 17,4% la maternità non rientra proprio nei progetti di vita (fonte: associazione Neodemos). Ma per chi nasce femmina ammettere di avere altri piani per il futuro resta uno scoglio difficile perché nonostante l’emancipazione, gli slogan femministi e gli innegabili passi avanti, la società non sembra ancora pronta ad accettarlo.

Il mito della mamma per natura

Qualche anno fa fece scalpore una copertina del settimanale Times che ritraeva una coppia di sposi beatamente distesa al sole su una spiaggia caraibica. Sopra di loro campeggiava il titolo: «Quando avere tutto significa non avere figli». L’articolo metteva in luce i vantaggi di una vita libera da bambini, con un prevedibile strascico di polemiche.

In realtà l’idea che la procreazione non sia un destino ineluttabile, a cui il genere femminile è predestinato dalla nascita, comincia a farsi strada già negli anni Trenta, quando la filosofa Simone de Beauvoir scandalizza il mondo affermando che la maternità non è l’unico mezzo di realizzazione di una donna. In pratica si può essere «childfree», felicemente senza figli, senza sentirsi «childless», cioè una donna segnata dalla frustrazione e da un senso di vuoto (in inglese il suffisso less indica una privazione).

La maternità è un progetto di vita, non una “chiamata” dall’alto

«Bisogna smontare il mito della “mamma per natura”», afferma Alessandra Bortolotti, psicologa perinatale a Firenze e provincia. «La donna non è nata per essere madre, come l’immaginario comune vuole far credere. La maternità è un progetto di vita, non una “chiamata” dall’alto. L’istinto materno non è un interruttore che si accende in automatico. L’orologio biologico non suona a un orario prestabilito, come la sveglia del mattino. Sarebbe facile se l’organismo femminile fosse “programmato” per la maternità! Ogni donna, invece, diventa mamma, se lo desidera, con tempi e modalità diverse, soggettive, imprevedibili».

«Anche il desiderio di accudimento è un concetto sopravvalutato: a volte nasce in modo spontaneo e immediato, in altri casi affiora più lentamente perché una serie di fattori, alcuni dipendenti dalla donna e altri no, possono ostacolarlo o rallentarlo. Tutte le donne possono diventare bravi madri, se lo desiderano. Ma anche no. E questo non fa di loro delle donne sbagliate, egoiste, anaffettive», continua la dottoressa.

Perché non si vuole avere figli?

Per molte donne, ammettere di stare bene così, di non vedere gravidanze nel proprio futuro, è angosciante. «Si rendono conto che il loro ideale di vita non corrisponde al modello proposto dalla società e pensano ci sia qualcosa che non va nel loro essere donna», continua la psicologa. «È la paura di non essere “normali”, cioè conformi al pensare comune, a bloccarle. Questo ci dice che ancora oggi le donne non si sentono libere di scegliere il loro ruolo nella vita, perché qualsiasi decisione prendano in contrasto con i dettami della società viene condannata. Questo riguarda molte scelte femminili attinenti all’essere madre, per esempio riguardo l’allattamento, il parto, l’educazione dei figli», prosegue Bortolotti.

«Vengono giudicate “strane” perché non sono condivise dalla maggioranza. E poi c’è il senso di colpa: verso una mamma che desiderava tanto dei nipoti, verso un partner che non aspetta altro che di diventare papà, verso una sorella che non può avere figli, ma li desidera tanto… La paura di deludere i propri cari impedisce spesso di essere del tutto oneste con se stesse. Ma il punto non è se una donna possa essere definita tale solo con un bebè in braccio, ma se questa scelta la rende davvero felice e appagata. Dietro la decisione di non avere figli c’è un’enorme varietà e complessità di fattori psicologici, sociali, culturali ed emozionali che è impossibile da sviscerare».

Disinteresse verso i bambini

Spesso (non c’è nulla di cui vergognarsi, né giustificarsi) è una scelta dettata dal disinteresse per i bambini o da convinzioni radicate, di tipo culturale o religioso.

Lavoro

Sono sempre di più le donne che scelgono di dedicarsi completamente al lavoro, perché consapevoli che una vita in carriera sarebbe inconciliabile con i ritmi familiari e raggiungono l’appagamento che hanno sempre sognato senza rimpianti.

Motivazioni personali e familiari

In altri casi il rifiuto della famiglia può avere invece radici profonde e dolorose: può nascere dalla paura di rivivere un passato difficile, di ripetere alcuni errori commessi dai propri genitori, dall’ansia di non essere all’altezza del ruolo genitoriale, dall’autoconvinzione di non essere “tagliata” per fare la madre.

Paura di perdere i propri spazi

Anche il timore di perdere i propri spazi, di non avere più il controllo della propria vita, di subire una deformazione fisica con la gravidanza giocano spesso un ruolo determinante. E l’elenco potrebbe continuare.

Serve maggior sostegno

Assistere alla fatica quotidiana di amiche e colleghe alle prese con l’accudimento della prole non aiuta. «Molte donne sono restie a diventare madri perché sono spaventate dall’idea di sobbarcarsi il peso del doppio lavoro, fuori e dentro casa», conferma l’esperta.

«Oggi la rete di sostegno esterno alle mamme è debole e lacunosa, non incoraggia i giovani a metter su famiglia. Per questo è fondamentale che a tutte le donne in età fertile vengano date informazioni adeguate e sostegno psicologico, in modo che possano abbattere paure e pregiudizi e decidere consapevolmente e in modo libero del proprio futuro».

A volte il non volere figli è una scelta di riflesso

C’è un rovescio della medaglia. «È vero anche che ci sono donne che proclamano la loro contrarietà alla maternità, ma sotto sotto grondano infelicità, perché magari è una scelta di riflesso, in realtà è il compagno a non volere una famiglia», afferma Bortolotti. «Succede specialmente nelle relazioni dove l’uomo ha già dei figli e non ne vuole più. Bisogna però valutare con molta attenzione l’idea di rinunciare a un progetto di vita per amore dell’altro. Queste situazioni non hanno nulla a che vedere con le tante donne che scelgono consapevolmente e in prima persona di non avere gravidanze e portano avanti questa decisione serenamente e senza rimpianti, perché è quello che vogliono davvero per se stesse».

Bisogna parlarne con il partner?

Al momento dell’incontro con un nuovo partner è forte la tentazione di mettere le mani avanti, dichiarando subito la propria posizione sul tema figli. «L’onestà premia sempre», sottolinea la psicologa Alessandra Bortolotti, «soprattutto se la coppia non è più giovanissima è giusto che entrambi siano al corrente degli ideali e dei progetti di vita dell’altro. Ma senza mostrarsi troppo rigidi. Cambiare idea non è un segno di debolezza. L’importante è che la decisione non sia forzata. Non dimentichiamo i rischi di una maternità non desiderata, per se stessa, la coppia e i figli. Il pericolo maggiore è quello di andare incontro a un “disinvestimento emotivo”, cioè all’incapacità di creare una relazione proficua e sincera con il bambino. Questa frattura relazionale non si ripercuote solo sull’equilibrio psicoemotivo di mamma e figlio, ma è fonte di infelicità per tutta la famiglia».

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