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Lory Del Santo: molestata da bambina

«Il compagno di mia madre mi ha sbattuta sul letto, avevo 14 anni. Quella violenza, brutale, mi ha segnata per tutta la vita»

«Fin da ragazzina sono stata bersaglio di attenzioni maniacali», racconta Lory Del Santo. «Ma non ho mai avuto il coraggio di confessare la prima violenza, brutale, che mi ha segnata per tutta la vita. Avevo 14 anni. Un giorno il compagno di mia madre mi ha sbattuta sul letto…».

Ecco la confessione dell’attrice a OK e, a seguire, l’approfondimento medico sulle molestie sessuali.

Gruppo San Donato

«Una femme fatale. Questo è il mio posto nell’immaginario erotico dei maschi. Fin da ragazzina sono stata bersaglio di attenzioni maniacali: gli uomini mi desiderano e vorrebbero possedermi, comprarmi. Io sto al gioco della seduzione.
Ho capito troppo presto qual era l’obiettivo dell’altro sesso e quindi il mio ruolo. Quando guardo indietro, riaffiorano i fantasmi del passato. Mi sono resa conto in modo brutale che gli uomini possono essere malvagi, spietati. Possono infrangere i sogni innocenti di una bambina. Anche in famiglia si può essere massacrati.

Le sue mani sotto le mutandine

Mia madre era vedova: ha sempre pensato che le donne valgono meno dei maschi e che sono sempre a rischio. È stata molto rigida, mi ha perseguitato con le sue ossessioni. Forse per questo non le ho detto mai che quando avevo 14 anni il suo compagno di allora mi aveva sbattuta sul letto e immobilizzata. Era stato un raptus: mi ritrovai addosso le sue mani, sotto le mutandine.

Non capivo perché, ma sentivo qualcosa di sbagliato, di volgare, di violento. Per fortuna non abusò di me. Mi lasciò perdere e se ne andò bofonchiando. Ma quella fu una molestia, la prima, che non cancellerò mai dalla mente e che non avevo mai avuto il coraggio di confessare prima d’ora.

Con mia madre l’argomento sesso era tabù. Non sapevo niente del ciclo mestruale: mi sono impaurita vedendo la prima emorragia. Il suo commento è stato: “Sono cose che succedono”.

A lungo incapace di amare

Se mi ha segnata la violenza del suo compagno? Credo di sì. A lungo non ho saputo cosa fossero l’amore e un’intimità soddisfacente.
Il primo rapporto, per esempio, è stato casuale. A 17 anni ho deciso di fare un esperimento: lui era bello, sui trenta, mi ha colpito la sua Mercedes e l’ho scelto come cavia. Mi ha fermata per strada, abbiamo bevuto un drink e io ho finto di essere emancipata. Ci siamo ritrovati a letto, tutto si è consumato in pochi minuti e non l’ho più rivisto. Ho pensato che il sesso fosse una cosa stupida.
Non conoscevo il mio corpo e per anni non ho provato l’orgasmo, ma non mi ponevo il problema: ero interessata alla mia carriera di attrice, cercavo la sicurezza materiale. Pensavo che il piacere non mi riguardasse, ero preda degli uomini con cui mi accompagnavo: ricchi e potenti, spesso sposati o impegnati, in cerca di avventure.

Per anni usata dai maschi

I miei amanti volevano appagare un desiderio erotico, nel più breve tempo possibile, secondo le loro modalità. Ero un oggetto per loro, ma andava bene così: vivevo in una sorta di fascinazione, penso alle mie relazioni con Gianni Agnelli, con Kashoggi. L’amore è un’altra cosa, non ne conoscevo il significato, credevo di esserne immune.

Crescendo ho cominciato a desiderare dei figli e a 26 anni, a Milano, ho incontrato Eric Clapton. Mi sono innamorata. Con lui ho scoperto il sentimento, la passione, il coinvolgimento fisico. Ho capito cosa significa godere, prima il sesso si riduceva a una serie di operazioni meccaniche, scontate.

Poi è arrivata la sofferenza

Ho pianto per amore, non pensavo fosse possibile. E ancora di più ho pianto per la morte di nostro figlio, caduto dalla finestra: un dolore straziante, ineguagliabile. Il mio rapporto con la maternità è stato travagliato. Ho perso un altro figlio, partorito al sesto mese, e anche per Loren, nato nel 1999, ho vissuto un’odissea della speranza in attesa che fosse fuori pericolo: è nato prematuro e la sua vita era a rischio.
Sono sempre stata forte davanti alle difficoltà e fin da bambina ho imparato a cavarmela da sola. Me la sono cavata per conto mio anche dopo quella molestia, sul letto di casa. Nel silenzio, in me stessa ho trovato il coraggio di reagire: tirando fuori i valori che potessero tenermi ancorata alla vita, aggrappandomi alle motivazioni più profonde per andare avanti, anche quando tutto, apparentemente, non aveva più senso.

Ora sogno una fiaba romantica

A volte mi chiedo chi è veramente Lori, chi sono io. Non ho ancora una risposta definitiva, ma nel tempo ho imparato ad avere più consapevolezza di me stessa. Nelle mie storie cerco di evitare il coinvolgimento totale: dopo le montagne russe, voglio un uomo solido, che mi faccia sentire importante e che ami il lusso, la comodità.
In alternativa, mi accontento di un bel ragazzo, spensierato, con cui assaporare la vita. Spesso vedo gli uomini come loro hanno sempre visto me: possibili prede. E allora mi capita di riflettere: qual è il limite della mia morale? Non lo so, proprio non lo so. Ma ultimamente mi attrae molto la parola purezza.
Ogni tanto è bello immaginare che possa nascere una fiaba romantica, specie quando la vita ha saputo farti tanto male».

Lory Del Santo (testo raccolto da Francesca Turi nel febbraio 2009 per OK La salute prima di tutto)

 

L’APPROFONDIMENTO DELLO PSICHIATRA
«Quanto è accaduto a Lori Del Santo rappresenta purtroppo la forma più diffusa di abuso sessuale: quello in ambiente familiare, che fa vittime tra donne e adolescenti in tutti i contesti sociali e culturali», spiega Diana De Ronchi, professore straordinario di psichiatria presso la facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Bologna.
Le conseguenze. La molestia, anche quando non sfocia nello stupro, è un atto di estrema sopraffazione e comporta mortificazione nella vittima, con ansia, paure immotivate, incapacità di provare emozioni, disturbi del sonno, amnesie, depressione (spesso accompagnata da sensi di colpa, vergogna, abbandono e disperazione, fino all’idea del suicidio). «Possono manifestarsi anche sintomi fisici, come disturbi gastrointestinali, genito-urinari, cefalea, spossatezza», continua De Ronchi. «Se la molestia viene subita da adolescenti può venire compromesso lo sviluppo della personalità e dell’identità sessuale».
La terapia. «Parlare è fondamentale, vincendo non solo il silenzio che lega le vittime e i loro persecutori, che sono più spesso uomini del nucleo familiare, ma anche il silenzio che cinge le diverse vittime, madri e figlie», consiglia la psichiatra. «E poi rivolgersi ai centri antiviolenza presenti in tutte le città, dove si potranno avere gli aiuti necessari: in generale, un trattamento di psicoterapia di gruppo, seguito nei casi gravi da psicoterapia a indirizzo psicodinamico».
Gli aiuti. In Italia è attivo il numero telefonico 1522 del dipartimento delle Pari opportunità, che gestisce il sito www.antiviolenzadonna.it.

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