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Kirsten Dunst: in clinica ho battuto la depressione

L'attrice racconta a OK il suo ricovero, nel 2008, per uscire da un periodo molto buio

Un periodo buio, nero come la pece. Nel 2008 l’attrice Kirsten Dunst è piombata nella depressione. Ha smesso di recitare. Ma è riuscita a battere il male oscuro ricoverandosi in una clinica americana. Ecco la sua confessione a OK.

«Ho iniziato a stare male nel 2008. Il peso di tutte le responsabilità professionali, per una allora giovane come me, e gli effetti della costante pressione e presenza dei media, mi sono piombati addosso all’improvviso. Dopo alcune settimane di malessere profondo, ho seguito il consiglio di parenti e amici fidati e sono andata alla Cirque Lodge, una clinica americana per il trattamento delle dipendenze e della depressione. È situata a Sundance, tra le montagne dello Utah.
Ho fatto benissimo a ricoverarmi. In pochi mesi sono resuscitata. Ero arrivata a un punto della mia vita in cui dovevo assolutamente fermarmi. Avevo perso la bussola. Ero arrivata perfino a pensare di smettere del tutto di recitare. Dovevo riesaminare da zero cosa significava per me crescere e maturare, mentre ero ancora nei miei vent’anni. E riflettere sulla maniera in cui stavo vivendo la mia vita di attrice famosa.
Dovevo pensare a tutto ciò dal di fuori del mondo in cui avevo vissuto fino allora, l’ambiente del cinema, Hollywood, Los Angeles, e rivedere tutto da una prospettiva differente. E da una zona franca, neutrale, dentro di me. Allontanarmi da tutto, dimenticare la Kirsten attrice, poter essere una ragazza qualunque e parlare apertamente dei miei problemi con i terapisti è stato essenziale per il mio recupero. Non avrei potuto più recitare se non avessi ritrovato me stessa.

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La depressione è una malattia seria, su cui non si dovrebbe spettegolare, come hanno fatto con me certi blog su internet, mettendo in dubbio le vere motivazioni per cui mi ero fatta ricoverare al Cirque Lodge. Una ragione in più per starmene appartata da tutto.
Io credo che la maggior parte degli esseri umani prima o poi attraversi un periodo di depressione, lieve o grave. Le persone non ne parlano, ne sono imbarazzate. Io non tratterei mai male una persona in quelle condizioni come alcuni hanno fatto con me.
Se non mi fossi aperta al percorso terapeutico non avrei potuto tornare a lavorare, e meno che mai recitare in un film doloroso come Melancholia, tutto imperniato sulla depressione. Quella del regista Lars von Trier, però, non la mia! Nel film interpreto Justine, una sposa novella che celebra le sue nozze in un caos assurdo e nevrotico. Tanto per iniziare, Justine consuma la prima notte con un altro uomo, per poi sprofondare in una depressione clinica, mentre un pianeta chiamato Melancholia è in rotta di collisione con la Terra, minacciando l’annientamento.
Lars, con la sua tipica sincerità, ha ammesso di essersi ispirato alla sua propria battaglia con la depressione in fase di stesura del copione. Nel film, Justine fa cose che lui racconta di aver fatto quando era depresso. Se mi sono rispecchiata io nel personaggio? Per fortuna il mio lato oscuro si è diradato. Anzi, direi che è sparito».
Kirsten Dunst (confessione raccolta da Silvia Bizio per OK La salute prima di tutto di novembre 2011)

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