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Anna Falchi: il seno? Non lo rifarei più

«A 18 anni avevo un petto piatto e asimmetrico. Volai a Milano e pagai l'operazione a rate. Oggi penso che ne avrei potuto fare a meno»

«A 18 anni ho preso l’aereo e sono corsa a Milano a farmi rifare il seno», racconta l’attrice Anna Falchi. «Il mio petto era misero e asimmetrico, con quella mammella destra più grande della sinistra. E dopo, allo specchio, mi sono vista come in sogno…».
Ecco la sua confessione a OK.

«Nel 2005 tutti parlavano di me, perché dopo il mio matrimonio con Stefano Ricucci è come se avessi allargato gli orizzonti della curiosità. Anche tanti giornali cosiddetti d’opinione, quelli che non mi avevano mai considerata, all’improvviso mi chiedevano foto e interviste. Magari chiamandomi Lady Finanza, un’espressione odiosa, e attribuendomi parole e giudizi distorti, perché fa più sensazione.

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Mi giudicavano dentro e fuori. Dentro, senza neanche cercare di capire come ero fatta. Fuori, cercando di capire come ero rifatta. E allora, ho deciso, come sono lo dico io, così la finiamo con le malignità.

Ho avuto un’infanzia povera, mamma separata che lavorava per me e mio fratello. C’è voluta tutta la sua forza di finlandese per superare i nostri problemi economici. La mia rivalsa me la prendevo a scuola: ero tra le più brave della classe e studiare mi è sempre piaciuto. Tanto che a trent’anni ho ripreso e mi sono laureata. No, non pagando, come ha insinuato qualcuno: è una cosa che ho fatto per me, che non dovevo esibire, e non avrebbe avuto senso comprarla.

Ero lunga, magra e piatta piatta
Quanto alla chirurgia estetica, mi hanno rifatto il seno, e solo quello. Perché era asimmetrico, il destro più grande del sinistro, in modo molto visibile, e anche con due cicatrici per l’asportazione di due nei maligni. Insomma, ero a disagio, anche perché avevo iniziato a fare cinema e servizi fotografici, ed è difficile che vada in copertina una senza tette. Per di più diverse.

Io mi sono sviluppata tardi, a 16 anni, evidentemente prendendo dalla parte nordica della famiglia. Fino ad allora ero lunga, magra e piatta piatta. Ma, finché facevo la modella, quel fisico andava bene. Poi è venuto fuori questo seno così strano, che però non mi impedì di piazzarmi ai primi posti alla finale di Miss Italia. Anzi, tutti mi davano per favorita, ma Maurizio Costanzo, presidente della giuria, disse che era meglio eleggere una totalmente italiana… Qualche anno dopo, ha vinto Denny Mendez, che era nata a Santo Domingo.

Un intervento pagato a rate
In quel periodo, Federico Fellini mi scelse per lo spot della Banca di Roma. Ai provini ero emozionatissima, ma anche assolutamente sicura di non farcela, perché non corrispondevo per niente al suo ideale femminile, io così bionda e piallata, mentre intorno a me c’erano tutte ragazze brune e prosperose. Chissà, magari mi scelse proprio perché ero diversa.

Però, quel seno mi dava troppi complessi e così, a 18 anni, ho preso l’aereo per Milano, chiedendo al chirurgo di uniformarlo e renderlo più grande, più proporzionato al mio fisico e alla mia altezza. Non so quale protesi mi avessero messo: erano quelle che si usavano allora e che dopo dieci anni ho dovuto sostituire con altre più attuali.

Non per un fatto estetico, ma soprattutto per una questione di salute: perché la ricerca va avanti anche in questo campo, e adesso sono tranquillissima, con una protesi a goccia e un seno più naturale, che ha la stessa temperatura del mio corpo e la stessa sensibilità… E che invecchierà come tutto il resto. Ahimè.

L’intervento originale mi è costato 15 milioni, che allora erano una cifra enorme, tanto che ho dovuto pagare a rate: un milione e mezzo al mese. Ma mi sono sentita subito più sicura. Più disinvolta. È incredibile come superare un complesso può cambiarti la vita. Mi toccavo, mi guardavo allo specchio, ed era come se fossi stata sempre “bonazza”, forse perché era così che io mi immaginavo nei miei sogni.

Avrei potuto accettarmi…
Sono a favore della chirurgia estetica, ma solo quando può correggere dei difetti che diventano complessi. Non quando la smania del ritocco si trasforma in una specie di droga, una spirale da cui non ti tiri più indietro. Tutte le mie colleghe si sono rifatte, anche se poi non hanno il coraggio di ammetterlo e credono pure che la gente non se ne accorga…

Io, con il senno di poi, penso che avrei anche potuto farne a meno. Non solo perché sotto i ferri ci sono stata nel 2005, per colpa di una peritonite, ma anche perché avrei fatto meglio ad accettarmi invece che ricercare una perfezione innaturale. Tutto quello che si rifà si vede.

Oggi, forse, avrei amato i miei difetti, imparando i trucchi per correggerli e nasconderli. Per esempio, sto molto attenta agli occhi, che sono chiari e delicati, forse anche perché non molto protetti dalle poche ciglia, come tutti i nordici: facile che mi venga un calazio per il vento, da poco me ne sono fatta togliere uno sotto l’occhio sinistro.

Sì, è sempre quella mancina la parte difettosa. Il seno e anche la bocca che, a sinistra, è più piccola della destra. E pure i piedi seguono questa asimmetria. Ma mi basta farmi fotografare dalla parte più giusta… In fondo, come si dice nel film con Marilyn, A qualcuno piace caldo, nessuno è perfetto!».

Anna Falchi (testo raccolto da Lucia Castagna nel gennaio 2006 per OK La salute prima di tutto)

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