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Leucemia: le ricadute si possono scoprire dalla prima diagnosi

Uno studio italiano apre scenari nuovi sulla comprensione della leucemia linfoblastica acuta

Prevedere il rischio di ricaduta dei pazienti con leucemia linfoblastica acuta grazie alla diagnosi. È l’obiettivo dei ricercatori del Centro Matilde Tettamanti e dell’Università di Stanford, che hanno scoperto nuove particolari caratteristiche delle cellule tumorali, che possono far prevedere il rischio di ricaduta dei pazienti con leucemia linfoblastica acuta.
Con questo tipo di analisi, se confermata in un numero maggiore di pazienti, si potranno identificare sin dalla diagnosi i pazienti a maggiore rischio di ricaduta.

Finora bisogna attendere gli esiti della terapia

Il team di ricerca ha osservato che alcune particolari caratteristiche funzionali della cellula tumorale, associate alla ricaduta di questa malattia, sono già presenti al momento della diagnosi. Finora occorreva aspettare la risposta al trattamento e la verifica molecolare della cosiddetta “malattia residua minima”, per stabilire l’eventuale rischio di ricaduta.

Gruppo San Donato

Lo studio, sostenuto anche da AIRC con il contributo della Fondazione ‘Benedetta è la Vita’ Onlus, è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Medicine.

Analisi ad altissima risoluzione

Si tratta di un’analisi ad altissima risoluzione che permette di studiare singolarmente le cellule. I ricercatori hanno potuto così identificare un preciso comportamento cellulare che sembra guidare la ricaduta. Tale osservazione, oltre a offrire nuove conoscenze sul comportamento biologico della cellula tumorale, potrebbe avere un impatto molto significativo negli attuali criteri di stratificazione del rischio e di conseguente definizione di una terapia.

Il parere dell’esperto

«Nel nostro studio – commenta Jolanda Sarno, primo autore insieme a Zinaida Good – abbiamo utilizzato una tecnologia innovativa, la citometria di massa, in grado di individuare, quantificare e analizzare contemporaneamente decine di parametri biologici e funzionali in ogni singola cellula. Le cellule leucemiche di B-LLA alla diagnosi sono state confrontate con la loro controparte sana mediante un programma bioinformatico al fine di individuare i profili più caratteristici delle cellule leucemiche. I profili ottenuti sono poi stati confrontanti nei pazienti ricaduti rispetto a quelli in remissione (non ricaduti), ed utilizzando un approccio di “machine learning” sono state identificate le caratteristiche funzionali predittive della ricaduta».

Lo studio

Sono state individuate sei caratteristiche cellulari, in grado di far prevedere la ricaduta del paziente fin dal momento della diagnosi. In una successiva analisi le coppie di campioni ottenuti al momento della diagnosi e della ricaduta sono state analizzate. In questo modo si è ottenuta la conferma che il profilo predittivo iniziale, osservato alla diagnosi, si mantiene nelle cellule presenti alla ricaduta.

La leucemia linfoblastica acuta

La leucemia linfoblastica acuta (LLA) è un tumore ematologico che prende origine dai linfociti – un tipo particolare di globuli bianchi – nel midollo osseo ed è caratterizzata da un accumulo di queste cellule nel sangue, nel midollo osseo e in altri organi. Il termine “acuta” indica che la malattia progredisce velocemente.

La LLA è una malattia relativamente rara. In Italia si registrano circa 1,6 casi ogni 100.000 uomini e 1,2 casi ogni 100.000 donne, cioè circa 450 nuovi casi ogni anno tra gli uomini e 320 tra le donne. La LLA è però il tumore più frequente in età pediatrica, infatti rappresenta l’80% delle leucemie e circa il 25% di tutti i tumori diagnosticati tra 0 e 14 anni. L’incidenza raggiunge il picco tra i 2 e i 5 anni e poi diminuisce con l’età, fino a essere minima dopo i 29 anni (il 50% di tutti i casi viene diagnosticato entro i 29 anni).

 

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