L’estratto di zafferano favorisce la degradazione della proteina tossica beta-amiloide, che è la principale indiziata tra le cause della malattia. La spezia è anche risultata essere in grado di attivare l’enzima degradativo catepsina B, rendendolo più efficiente. È questo il risultato di uno studio guidato da Antonio Orlacchio del Laboratorio di Neurogenetica – Centro Europeo di Ricerca sul Cervello (CERC) – IRCCS Santa Lucia a Roma. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica Journal of the Neurological Science.
La ricerca
La ricerca è stata fatta su cellule di pazienti studiate in provette. Serve quindi ancora la sperimentazione clinica per poter far entrare l’estratto di zafferano nella categoria dei farmaci che contrastano l’Alzheimer.
Spezia ricca di antiossidanti e molecole bioattive
Lo zafferano contiene molecole con potenti antiossidanti e bioattive, come le crocine e le crocetine, che sono i due principali componenti attivi della spezia con un potenziale neuroprotettivo enorme.
Da anni lo zafferano è al centro di studi sui suoi effetti sul cervello
Già in altri studi lo zafferano si era dimostrato efficace nella cura dei tessuti neurali degenerati, come ad esempio nella retina. Crocine e crocetine hanno mostrato effetti antinfiammatori in cellule cerebrali in provetta.
Il parere dell’esperto
«In questa ricerca – spiega Antonio Orlacchio – cellule immunitarie di 22 pazienti con la forma più diffusa di Alzheimer e con un quadro di declino cognitivo ancora lieve sono state trattate in provetta con un componente attivo dello zafferano, una trans-crocetina. È emerso che questa potenzia la degradazione della proteina tossica beta-amiloide attraverso il potenziamento dell’attività di un enzima di degradazione cellulare chiamato catepsina B».
Inserirlo nella dieta
«Questi dati – continua il primo autore dello studio – suggeriscono che l’integrazione dietetica con zafferano potrebbe essere testata su pazienti con la forma non ereditaria di Alzheimer (quella più diffusa) al fine di verificare “in vivo” il potenziale di questa spezia nel contrastare l’accumulo di beta-amiloide, che è probabilmente il risultato di uno sbilanciamento tra i processi di produzione e degradazione del peptide».
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