SaluteTumori

Sentirsi a casa in ospedale: il progetto di Humanitas per i giovani

Si chiama AYA ed è rivolto ai pazienti tra i 16 e i 39 anni colpiti da malattie oncoematologiche

Un progetto internazionale, un percorso clinico, piscologico e sociale. Tutto questo, ma soprattutto una stanza, dove i giovani pazienti possono passare il tempo e sentirsi più a casa e meno in ospedale. L’anima di AYA in Humanitas è proprio questa: permettere agli “adolescent and young adult”, cioè ad adolescenti e giovani adulti (16-39 anni) in cura per malattie oncoematologiche, di avere un percorso di diagnosi e cura più tollerabile. Così è nato un ambiente informale che questi ragazzi possono utilizzare per fare una colazione in compagnia, una merenda, guardare un film, leggere un libro, giocare ai videogame o anche lavorare, tra una terapia e una visita di controllo.

Un divario da colmare

Ma AYA in Humanitas è anche un ambulatorio dedicato che, come spiega Alexia Bertuzzi, oncologa e responsabile del progetto in Humanitas, nasce per colmare il divario tra i bisogni di un paziente che prima di tutto è un ragazzo e le dinamiche di un ospedale. Nel loro percorso i pazienti sono supportati dagli specialisti del Cancer Center e seguiti in tutte le fasi della cura con un approccio multidisciplinare, dal consulto genetico alla fisioterapia, passando per la psicologia. Tutto questo mira a ridurre le complicanze a lungo termine e a migliorare la qualità della vita dei ragazzi, evitando che rimandino un controllo o non seguano la terapia.

Gruppo San Donato

Il punto di vista dei pazienti

Nella fascia d’età fra i 16 e i 39 anni le malattie oncoematologiche rappresentano la causa più comune di morte nelle società industrializzate, dopo omicidi, suicidi e incidenti. Negli ultimi vent’anni in Humanitas sono stati affrontati almeno 300 nuovi casi ogni anno.

Stefania, Andrea e Alessandro, che raccontano la loro storia nel video, sono la testimonianza delle opportunità che AYA può dare a giovani pazienti che tutte le settimane o tutti i mesi devono recarsi in ospedale per un controllo, una visita, una terapia. Sono “la bellezza nonostante tutto”, come il fiore di loto scelto a simbolo del progetto. Nella tradizione orientale simboleggia vita eterna perché affonda le radici nel fango, ma sopravvive forte e bello.

TI POTREBBERO INTERESSARE ANCHE

Fai viaggiare la ricerca contro la leucemia mieloide acuta

Leucemia: bimba di 1 anno guarita grazie a nuova terapia genica

Che cos’è la malattia di Pompe?

Malattia di Dupuytren: un batterio al posto del bisturi

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio