Salute

Malattia di Dupuytren: un batterio al posto del bisturi

Per la malattia che costringe le dita della mano a flettersi verso l’interno non è più necessaria l’operazione chirurgica: oggi basta un’iniezione

Scrivere sms sul cellulare, abbottonarsi la camicia, allacciarsi le scarpe. Azioni quotidiane che possono diventare difficili per chi soffre del malattia di Dupuytren, una patologia della mano che porta uno o più dita a flettersi progressivamente verso l’interno, come se qualcosa le «tirasse» verso il palmo, rendendo impossibile ridistenderle normalmente.

Scoperta nell’Ottocento

La malattia prende il nome dal chirurgo francese che per primo, nell’Ottocento, la descrisse, osservandola in un cocchiere, e interessa la cosiddetta aponeurosi palmare, una sorta di tensostruttura, una sottile membrana collocata sotto la pelle, che ha il compito di proteggere la mano e di consentire la presa salda degli oggetti.

Gruppo San Donato

Le cellule proliferano moltissimo

«In chi è predisposto, le cellule di questa particolare membrana smettono il loro ricambio “normale” e iniziano a proliferare in modo esagerato», spiega Giorgio Pajardi, direttore dell’unità operativa complessa di chirurgia della mano dell’ospedale San Giuseppe, Gruppo Multimedica, e docente della scuola di specializzazione in chirurgia plastica dell’Università degli Studi di Milano.

Il collagene provoca fibrosi

«Si verifica così un’eccessiva produzione e deposizione di collagene, che provoca fibrosi». Insomma, la membrana «esagera» nella sua funzione e, quindi, «tiene» troppo. «La malattia si manifesta all’inizio con noduli non dolorosi, spesso scambiati dal paziente per callosità, che gradualmente formano un “cordone” duro sopra i tendini, percepibile al tatto», continua lo specialista.

Se trascurata la mobilità della mano è a rischio 

«Quest’ultimo causa la flessione delle dita (spesso anulare e mignolo), che si piegano come se una corda le “tirasse” verso il palmo. Sebbene sia una malattia benigna, se trascurata può compromettere la funzionalità della mano».

È ereditaria e colpisce soprattutto gli uomini 

Non ci sono studi che calcolano quante persone ne soffrono in Italia, ma si sa che in alcuni Paesi del Nord Europa questo disturbo riguarda addirittura il 35% circa della popolazione. Di origine genetica, la patologia, che colpisce soprattutto gli uomini tra i 40 e i 60 anni, può essere favorita o aggravata da lavori manuali pesanti, piccoli traumi ripetuti, malattie come il diabete, alcolismo, alcuni farmaci.

Le recidive sono molte

In caso di esordio precoce in età giovanile, è probabile un’evoluzione severa con il coinvolgimento di più dita. Purtroppo, le recidive sono la prassi: nel giro di pochi anni (per la metà dei pazienti, dopo circa cinque anni) la patologia fa di nuovo capolino.

La diagnosi

La diagnosi viene di solito fatta dal medico durante una visita di controllo. Per perfezionarla si può effettuare il cosiddetto test del tavolo: se la mano riesce a restare distesa su una superficie liscia non è necessario intervenire, se resta invece sollevata in alcuni punti bisogna entrare in azione.

Gli interventi tradizionali

Il trattamento tradizionale è chirurgico e consiste nell’asportazione, tramite ampie incisioni, dell’aponeurosi, in modo da distendere il palmo e riottenere il movimento delle dita. «L’intervento, sebbene efficace, risulta invasivo e non privo di possibili complicanze, come ad esempio danni alle strutture vascolari, rigidità post-intervento, infezioni, sanguinamento, ematomi», avverte Pajardi. «Lunga la riabilitazione, che può durare dai due ai quattro mesi».

La cordotomia ha una recidiva nella quasi totalità dei casi

In alternativa, fino a poco tempo fa si praticava la cordotomia (o fasciotomia), tecnica in cui si utilizzava uno speciale ago, inserito nel palmo, per «tagliare» il cordone, restituendo così funzionalità alle dita. Un metodo efficace, però, solo in precise condizioni e sedi e gravato da una recidiva di quasi il 100% a un anno, perciò di fatto abbandonato.

La nuova terapia per la Malattia di Dupuytren

La vera svolta è avvenuta grazie a una metodica innovativa, inventata da Marie Badalamente e Lawrence Hurst della Stony Brook University School of Medicine negli Stati Uniti, che ha praticamente mandato in pensione il bisturi.

Si tratta dell’infiltrazione di collagenasi di Clostridium histolyticum, un farmaco biologico a base di un enzima estratto da un batterio. Attraverso un piccolo ago da insulina si inietta il medicinale, in grado di scindere e disgregare le fibre di collagene, all’interno della membrana aponeurotica, che così si «scioglie».

L’unico rischio di questa tecnica è la rottura dei tendini, un’eventualità che si verifica ogni duemila casi, percentuale di gran lunga inferiore alle complicanze chirurgiche. «Il fatto che si tratti di una “semplice iniezione”, però, non deve banalizzare la terapia», sottolinea Pajardi. «Il farmaco può essere utilizzato dai chirurghi solo in centri autorizzati».

Non può farla chi è stato già operato diverse volte alla mano

Una soluzione adatta a tutti, tranne ai pazienti già operati molte volte in passato, che presentano cicatrici e aderenze non trattabili con la nuova terapia. In questi casi, non resta che ricorrere ancora una volta al bisturi.

Infiltrazione di collagenasi di Clostridium histolyticum: come funziona

Il trattamento, rimborsato dal Servizio sanitario nazionale, è rapido e non lascia cicatrici. Si pratica in day-hospital. Dopo 24 ore dall’iniezione, il medico procede a una manipolazione allo scopo di distendere il palmo e il paziente può già usare la mano. Il terzo giorno inizia la riabilitazione, necessaria per riacquisire in modo definitivo i movimenti delle dita in precedenza flesse. Una volta imparati gli esercizi, si potranno fare a casa. Il recupero dura in media sette-dieci giorni. In caso di recidiva, l’infiltrazione può essere ripetuta senza alcun problema.

La collagenasi di Vibrio alginolyticus

Oltre alla collagenasi di Clostridium histolyticum, per risolvere la contrattura provocata dalla malattia di Dupuytren si può utilizzare anche la collagenasi di Vibrio alginolyticus, un enzima che ha di recente ottenuto la qualifica di «farmaco orfano» (cioè destinato alla cura di una malattia rara) da parte della Food and Drug Administration, l’ente americano che dà il via libera a cibi e medicine. Esistono anche formulazioni in cui questo tipo di collagenasi è associato all’acido ialuronico, che ha la funzione di proteggere i tessuti circostanti, favorendo la ripresa funzionale e restituendo capacità di movimento
alla mano.

Paola Arosio (tratto da OK Salute e Benessere dicembre 2016)

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