Salute

Esofagite da reflusso: conosci i sintomi e le cure?

Si tratta di un'infiammazione dell'esofago, causata dalla risalita dei succhi gastrici dallo stomaco fino in gola. Il gastroenterologo Roberto Penagini spiega come si riconosce e come si cura

«L’esofagite da reflusso» spiega Roberto Penagini, professore di Gastroenterologia all’Università degli Studi di Milano e Responsabile del Servizio di Endoscopia presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, «è un’infiammazione dell’esofago causata dal reflusso gastroesofageo. Si verifica quando i succhi gastrici risalgono dallo stomaco all’esofago. Quest’ultimo è rivestito da una mucosa non consona a ricevere i contenuti acidi, i quali irritano e possono dare luogo a piccole erosioni». Fortunatamente questo disturbo si verifica in meno del 50% degli individui con reflusso gastroesofageo.

Quali sostanze possono risalire

  • Oltre agli acidi,
  • possono risalire anche gli enzimi, che vengono secreti dallo stomaco e a ph acido diventano attivi,
  • la bile, che viene prodotta nel duodeno, refluisce nello stomaco e, in presenza di reflusso, può arrivare anche in esofago.

Gli stadi del disturbo

A seconda dell’estensione e del numero delle erosioni, classifichiamo il disturbo in quattro gradi, dal più lieve (uno) al più severo (quattro).

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Sintomi

I sintomi strettamente legati all’infiammazione sono il bruciore a livello dell’esofago e il dolore retrosternale. Quest’ultimo talvolta viene confuso con una patologia cardiovascolare, come l’angina pectoris o l’infarto. Questi disturbi si possono associare anche:

  • alla risalita di contenuti acidi fino alla bocca,
  • a raucedine,
  • tosse stizzosa,
  • alterazioni infiammatorie delle vie aeree,
  • asma bronchiale.

È correlato ad altre patologie

L’ernia iatale è un disturbo che spesso compare in concomitanza con l’esofagite da reflusso. Si tratta della risalita del tratto più alto dello stomaco nel torace, attraverso un passaggio, lo iato diaframmatico, che consente all’esofago di unirsi con lo stomaco. Se questo foro si allarga, una porzione di stomaco risale, peggiorando la continenza della valvola che sta alla fine dell’esofago (cardias) e che dovrebbe impedire il reflusso. Per questo motivo chi sviluppa esofagite frequentemente ha un’ernia iatale.

Come si fa la diagnosi

L’esame cardine per diagnosticare l’esofagite è la gastroscopia
(o esofagogastroduodenoscopia) che consente, attraverso un sondino con telecamera, di visionare l’interno di esofago, stomaco e duodeno e individuare infiammazione ed erosioni.

Trattamenti

  • Se l’esofagite è lieve, si potrebbe iniziare una terapia a base di anti-acidi con acido alginico o acido ialuronico, che creano un rivestimento in grado di proteggere la mucosa dell’esofago e vanno presi al bisogno. Se è episodico si può provare con farmaci come la Biochetasi o il magnesio idrossido.
  • Nei casi un po’ più severi, si prescrivono gli inibitori di pompa protonica. Questi farmaci inibiscono la secrezione gastrica che si verifica nello stomaco dopo l’ingestione di cibo. Diminuendo l’acido, si riduce anche la capacità lesiva del reflusso.
  • In alcuni casi selezionati può essere indicato un intervento chirurgico di plastica antireflusso per via laparoscopica.

Prevenzione

Per prevenire l’esofagite da reflusso bisogna innanzitutto metter mano allo stile di vita e alla dieta. Se una persona soffre di bruciori di stomaco, dolori al petto e risalita di contenuti gastrici fino in gola dovrebbe limitare:

  • il consumo di cibi acidi (come gli agrumi e i pomodori),
  • spezie,
  • caffè, tè, cioccolato,
  • fritti e alimenti piccanti,
  • evitare i superalcolici e il vino bianco.
  • L’importante, poi, è non fare pasti abbondanti, coricarsi almeno tre ore dopo la cena, non fumare e mantenere un peso forma ideale, perché sovrappeso e obesità sono fattori di rischio.

Complicanze

Nelle forme più gravi, non adeguatamente curate, l’esofagite potrebbe sfociare in un restringimento cicatriziale a cavallo tra esofago e stomaco, che determina una difficoltà a deglutire il cibo, soprattutto solido.

Un’altra possibile complicanza è l’esofago di Barrett. La mucosa finale, quella più vicina allo stomaco, si “autoprotegge” modificandosi e assumendo le caratteristiche della mucosa dello stomaco, che invece è resistente all’acido. Tuttavia questa mucosa ha una maggior propensione a sviluppare alterazioni cellulari ed eventualmente delle degenerazioni di tipo tumorale che comunque si verificano assai raramente. In presenza di esofago di Barrett è indicato eseguire una gastroscopie di controllo a intervalli di alcuni anni.

Chiara Caretoni

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