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Anche l’infarto va in vacanza

Durante le ferie estive si registrano meno casi perché cala lo stress, come pure nei weekend: il rischio aumenta invece di lunedì e durante le vacanze invernali

Che si trascorrano al mare, in montagna o a casa, poco importa: le vacanze estive e i weekend rappresentano i momenti dell’anno in cui si registrano meno casi di infarto, al contrario delle vacanze invernali e dei lunedì lavorativi. Lo dimostra uno studio svedese pubblicato sull’American Heart Journal.

Il calendario del cuore

I ricercatori delle università di Uppsala e Umea hanno preso in esame 156.000 casi di infarto, avvenuti in Svezia tra il 2006 e il 2013 e riportati nel registro nazionale Swedeheart. «Questo è il primo studio condotto in Svezia con dati di alta qualità su questi periodi culturalmente definiti. I dati – spiegano gli autori dello studio – ci hanno permesso di analizzare separatamente sia l‘insorgenza dei sintomi che l’ammissione in ospedale con ipotesi predefinite. Studi precedenti spesso omettevano l’insorgenza dei sintomi e discutevano i risultati in termini di ritardo nelle cure o di registrazione, usandoli per spiegare la variazione del numero di infarti nel tempo. Noi abbiamo scoperto che in realtà questi fattori giustificano le fluttuazioni solo in parte».

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Colpa dello stress

Lo studio indica che i ritmi di vita frenetici e le richieste sempre più pressanti che ci impone la società moderna «influenzano i nostri sistemi biologici basali, tanto da poter diventare causa scatenante di infarto», sottolineano i ricercatori. La rielaborazione dei dati, fatta tenendo conto di vari aspetti come lo smog e le temperature, «dimostra che c’è una robusta correlazione tra i periodi del calendario e l’incidenza dell’infarto. Questo è ovviamente uno studio osservazionale, dunque dobbiamo essere cauti nel trarre conclusoni: le variazioni sistematiche nei tassi di infarto sono probabilmente dovute a più fattori. Detto questo, però, adesso pare più probabile che lo stress possa spiegare gran parte delle fluttuazioni del tasso di infarti nella popolazione».

Il lavoro come un terremoto per il cuore

Ricerche precedenti avevano dimostrato che il rischio di infarto aumenta in corrispondenza di eventi particolarmente stressanti, come i terremoti o perfino i mondiali di calcio. Ora l’attenzione si sposta anche sullo stress lavorativo, dal momento che picchi di infarti si registrano generalmente di lunedì e durante la mattina.

Contro il logorio della vita moderna…

Come difendersi da questo rischio? «Cambiare la routine settimanale sarebbe troppo drastico», ammettono gli esperti svedesi. «L’attuale divisione fra giorni lavorativi e di riposo è abbastanza in sintonia con i ritmi del nostro orologio biologico, anche se l’allineamento non è proprio perfetto. Per esempio, è probabile che il nostro orologio interno non sia in grado di distinguere un lunedì da una domenica. Un’interessante scoperta secondaria emersa dallo studio è che l’aumento del numero di infarti è stato molto più evidente (pari circa al 20%) nel gruppo di persone che era ancora attivo nel mondo del lavoro. Questo e altri dati potranno avere un peso nelle future politiche di salute pubblica».

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