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Paola Marella: «Se ho scoperto il tumore al seno è grazie al radiologo»

Dopo due biopsie negative, il medico ha voluto indagare più a fondo e ed è stato possibile intervenire sul tumore in fase iniziale

«Se oggi sto bene devo ringraziare il radiologo». Paola Marella racconta a OK Salute e Benessere di aver scoperto il tumore al seno grazie alla perspicacia di un radiologo, che non si “accontentò” delle due biopsie negative.

Un seno fibrocistico da monitorare

Di vita privata, in genere, parlo poco. Ma la mia è una storia di prevenzione e oggi, a distanza di sette anni da quello che è mi è successo, ho capito che può essere d’aiuto, o di conforto, per molte donne. Per me è stato così con Angelina Jolie, che nel 2013 intervenne sul tema del tumore al seno con un’esperienza molto forte. Accadde esattamente un anno dopo il mio intervento, uguale al suo, ma a cui arrivai per strade diverse e saltando qualche ostacolo. Con la prevenzione ho iniziato da giovane. Noi donne, si sa, siamo molto attente e, non appena percepiamo qualcosa che non ci convince, andiamo dal ginecologo. In più ho anche una piccola storia di familiarità, perché mia nonna ha avuto un cancro al seno, e in generale in famiglia qualche «intoppo» c’è stato. Poi, a 35 anni, ho incontrato il dottor Enrico Cassano, che mi disse che avevo un seno fibrocistico che andava tenuto sotto controllo. E così abbiamo fatto, stabilendo di vederci ogni sei mesi: una volta si faceva un’ecografia mammaria, un’altra la mammografia.

Gruppo San Donato

Il radiologo non si è “accontentato” delle biopsie

I primi sospetti sono nati nel 2006 quando, a fronte di una piccola calcificazione, feci la mia prima biopsia. Il risultato fu negativo, ma il copione si ripeté per altre due volte negli anni successivi: nel 2009 e poi nel 2011. Io ero abbastanza tranquilla, ma nel 2011 il dottor Cassano non rimase soddisfatto del tessuto prelevato con la biopsia e, nonostante l’esito negativo, sentì la necessità di approfondire. «Ci vediamo fra tre mesi», mi disse, e passati i tre mesi mi prescrisse una biopsia chirurgica. Io mi fidavo ciecamente di lui e seguii le sue indicazioni in totale serenità. Ero così rilassata che dopo l’esame andai persino a fare shopping, con il desiderio di regalarmi qualcosa, di coccolarmi. Ero così sicura che anche quella volta l’esito sarebbe stato negativo. E invece… Come mi sono sentita? Gli anni passano e si affrontano tante cose, però ricordo bene che la comunicazione fu traumatica.

Ho scelto la mastectomia

Ne parlai subito con il dottor Cassano e mi ritrovai di fronte a due strade: fare un’operazione di quadrantectomia, conservativa, oppure di mastectomia, drastica. All’epoca avevo 49 anni, non desideravo più figli (ne ho uno, Nicola, oggi 24enne) e soprattutto non volevo rischiare che si presentassero altri problemi in futuro. Decisi per la strada più netta: togliere tutto. Una decisione ottima, di cui non mi pento, soprattutto se penso che così ho evitato terapie post operatorie e numerosi controlli, ma pessima in relazione ai medici chirurghi a cui mi affidai. Si presentarono tanti problemi uno dopo l’altro (un’infezione in primis), un po’ per disattenzione, un po’ per presunzione. Insomma, per farla breve, in un anno feci sei interventi.

Sul set mi hanno supportato tutti

Quando è successo, oltre all’occupazione da architetto, lavoravo anche in televisione al programma Cerco casa disperatamente. Decisi di non abbandonarlo, nonostante le operazioni. È una scelta caratteriale, non tutti riescono a reagire in questo modo, anche perché andavo sul set con i sacchettini del drenaggio, che ho dovuto tenere per sei mesi. Ma l’ambiente mi ha stimolato: le persone con cui lavoravo mi supportavano e il set e la conduzione mi trasmettevano una sensazione di normalità. Mi hanno aiutata a vivere con un po’ di leggerezza una situazione che di leggero aveva ben poco.

A mio figlio parlo sempre di prevenzione

Poi c’era la famiglia. A mio figlio, che aveva «solo» 16 anni, decisi di non spiegare. Si accorgeva che c’era qualcosa di strano, perché la mamma entrava e usciva dall’ospedale, ma la mia vita attiva lo rassicurava. Poi ne abbiamo parlato, io ho insistito soprattutto sulla prevenzione, sullo stile di vita, sull’alimentazione. Ammetto di essere diventata un po’ una rompiballe: quando vengono i suoi amici a pranzo o a cena ne parlo anche con loro! Dopotutto, sono ipertesa da più di vent’anni e alla dieta ho sempre dedicato grande attenzione. Non fumo, non bevo alcolici, mangio tanta verdura e faccio costante attività fisica. Mio marito è più vizioso, ma piano piano ho influenzato anche lui.

Ho tolto anche le ovaie

La mia storia chirurgica si è conclusa nel 2014, quando alla notizia di una cisti ovarica ho deciso di togliere anche le ovaie. È stata di nuovo una scelta netta, ma non me ne pento, anche perché non ho mai perso di vista la fortuna che ho avuto. È vero, a causa delle complicazioni chirurgiche che ho dovuto affrontare porto sulla pelle qualche segno in più, ma dall’altra parte ho avuto la possibilità di risolvere un problema alla radice e, soprattutto, di scegliere. Credo che questo sia molto importante: lo è stato per me, ma dev’esserlo per tutte le donne che affrontano questa difficoltà. Dobbiamo sapere a cosa andiamo incontro, quali sono i rischi e le conseguenze. Poi l’errore umano può capitare e bisogna farci i conti, ma a distanza di qualche anno mi sento fortunata nonostante tutto. Ho 56 anni e non devo fare sfilate di bellezza: non sono le cicatrici sul décolleté i problemi della vita.

Paola Marella

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