BenessereNewsPersonaggi

Max Pezzali: «L’Harley mi costa cara: ho forti dolori all’anca»

«In sella alla moto americana sono andato fino in Danimarca: superati i 50 anni, però, oggi devo fermarmi dopo un’ora di viaggio»

Si sa, quando hai vent’anni sei disposto a fare pazzie pur di coronare i tuoi sogni. E nel 1990, con in testa le immagini di Peter Fonda e Dennis Hopper in sella alle loro motociclette nel film Easy Rider, partivo quasi ogni sera da Pavia per raggiungere Numero Uno, lo storico negozio di Harley-Davidson di Milano. Io e i miei amici, tutti squattrinati e con indosso l’immancabile chiodo di pelle, ci limitavamo ad appiccicare naso e mani sulle vetrine illuminate per ammirare e contemplare la mitica Sportster, uno dei modelli più longevi del marchio americano. A differenza dei giovani d’oggi, non avevamo bisogno dei telefonini per immortalare il momento: ci bastava uno sguardo alla carrozzeria lustrata per iniziare a fantasticare e a sentirsi un po’ eroi, un po’ rivoluzionari, un po’ sopra le righe.

Nessuna poteva comprarsi l’Harley

Ma, come spesso accade, il sogno si scontrava con la realtà: nessuno di noi poteva ancora permettersi di acquistare quel mostro sacro della strada. L’unica cosa che potevamo fare per dare forma ai nostri desideri giovanili era appropriarci di un pezzo di storia per scriverne un’altra altrettanto importante: avevamo infatti deciso che il nostro gruppo musicale, che all’epoca era ancora agli albori, si sarebbe chiamato 883, proprio come la cilindrata minore di quella tanto agognata moto. E alla fine, anche dopo anni di successi, quel bolide non l’ho mai comprato perché, da scaramantico quale sono, temevo che il mio «periodo» fortunato potesse interrompersi da un momento all’altro. Tuttavia, anziché scemare nel tempo, la mia passione per le Harley-Davidson si è rafforzata tanto che, sebbene non abbia mai avuto una Sportster, dal mio garage sono passati tantissimi altri gioiellini, grazie ai quali ho macinato chilometri, ho raggiunto mete lontane come la Danimarca, ho conosciuto altri bikers, ho staccato la spina quando ne avevo bisogno, ho dato vita a canzoni, ho scoperto luoghi meravigliosi.

Gruppo San Donato

Diabete: la guida completa

Non resisto in sella alla moto per più di un’ora

Ma dopo quasi 30 anni in sella a motociclette possenti, che mediamente pesano intorno ai 300 chili, ho iniziato ad accusare un fastidio alla testa del femore che, con il passare dei mesi, si è trasformato in un dolore acuto, a tratti piuttosto intollerabile. Se prima riuscivo a guidare in tutta rilassatezza per ore senza mai fermarmi, oggi, già dopo 60-90 minuti di viaggio, sento la necessità fisiologica di fare una pausa e di mettere a riposo le gambe perché le fitte all’anca, che interessano la zona inguinale e si irradiano verso la coscia, non mi danno tregua. Questo disturbo si manifesta soprattutto quando sfreccio in sella a una moto dall’assetto «tradizionale», per intenderci quella con le pedane poste al di sotto dei glutei con la gamba che forma un angolo di 90 gradi, mentre è più attenuato se i piedi sono posizionati anteriormente, con gli arti inferiori allungati in avanti, cioè alla Easy Rider.

Prendo un analgesico solo al bisogno

In attesa di consultare uno specialista che, sulla base dei dati clinici, possa darmi una diagnosi certa, il mio medico di famiglia e il mio fisioterapista hanno ipotizzato che questa postura viziata, complici i miei 51 anni, abbia influito sullo stato di salute dell’articolazione. Entrambi mi hanno consigliato di assumere farmaci antidolorifici e antinfiammatori solo quando ne sento davvero il bisogno: poiché il dolore è di natura «meccanica» e continua a comparire ogni volta che scendo in strada, infatti, i Fans non fanno altro che smorzare la sintomatologia senza però intervenire sulla causa del problema. Insomma, butto giù un analgesico solo quando, dopo aver sollecitato pesantemente e a lungo l’articolazione anche con manovre particolarmente impegnative, le fitte si acuiscono.

Esami del sangue: la guida completa

Faccio esercizi di stretching in attesa di consultare uno specialista

Per irrobustire i muscoli di quella regione e mantenere una certa mobilità dell’anca, ho poi intrapreso un trattamento fisioterapico a scopo antalgico: appena posso, infatti, eseguo degli esercizi specifici di stretching, prima e dopo aver guidato. Ad esempio, mi sdraio a pancia in su, piego la gamba interessata dal dolore, con il piede appoggiato a terra, mentre l’altro arto lo lascio completamente disteso; molto lentamente, poi, apro verso l’esterno la gamba piegata, fino a sentire «stirare» i muscoli della parte interna della coscia. Da seduto, invece, sollevo gradualmente il ginocchio verso la spalla, senza sforzare troppo e fin dove arrivo. Infine, disteso supino, mantengo gli arti distesi e fletto a martello i piedi: con calma ruoto entrambe le ginocchia verso l’interno e poi verso l’esterno. Questo allenamento mi permette di contenere un po’ i danni, fintanto che l’ortopedico non mi suggerirà una terapia più mirata, e di continuare ad assecondare questa mia passione, che vorrei trasmettere anche a mio figlio Hilo: nonostante sia solo un ragazzino, ha già una Harley che lo aspetta. Un giorno, infatti, mi piacerebbe fare con lui un tour on the road negli Stati Uniti… Perché io di appendere il casco al chiodo proprio non ne voglio sapere.

Max Pezzali (testimonianza raccolta da Chiara Caretoni)

In questo articolo

Leggi anche…

None found

Mostra di più

Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
Pulsante per tornare all'inizio