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Maddalena Corvaglia: «Che brutta lussazione alla spalla!»

«Stavo facendo paracadutismo acrobatico e all’improvviso la spalla destra ha ceduto. Dopo due interventi e tanta riabilitazione sono tornata a praticare attività fisica»

Ho subìto un brutta lussazione a una spalla. Accade a tanti, lo so. Solo che a me non è successo, come di consueto, cadendo. Ma volando, letteralmente.
Attratta come sono dagli sport un po’ insoliti e particolari, da circa un anno avevo scoperto il freefly, una disciplina del paracadutismo sportivo che consiste nell’eseguire diverse acrobazie in aria.

Stavo scendendo a 300 chilometri all’ora

Così, quella mattina di dieci anni, fa mi trovavo a volteggiare nel cielo di Francia, intenta a cimentarmi nella manovra di una capriola all’indietro in cui è l’aria stessa a dare la spinta. Una manovra che si compie appena prima di aprire il paracadute, quando si sta scendendo a una velocità che può oscillare tra i 200 e i 350 chilometri orari. Era un’operazione consueta per quello sport, niente di particolarmente azzardato o pericoloso. Ma la forza intensissima dell’aria spinta a quella velocità ha avuto la meglio su di me. In un attimo ho avvertito un dolore atroce alla spalla destra, e ho visto la testa dell’omero fuoriuscire completamente dalla scapola.

Gruppo San Donato

“Mi ha salvata” l’istruttore 

Il primo pensiero è stato quello di aprire il paracadute, cosa che però richiede necessariamente l’utilizzo della mano destra, che ovviamente non riuscivo a muovere. Fortunatamente l’ha fatto il mio istruttore, che volava proprio davanti a me. Ma poi la corretta manovra per un atterraggio morbido e sicuro richiede obbligatoriamente di sollevare entrambe le braccia in modo simmetrico per afferrare i freni. L’ho fatto aiutandomi ad alzare il destro con il sinistro, non avevo scelta. Ma naturalmente questo ha peggiorato la situazione, lesionando cuffia, legamenti e cartilagine. Mi sono ritrovata a terra sana e salva, ma urlavo letteralmente per il dolore atroce. La spalla era smisuratamente gonfia e violacea. Mi hanno portato in ospedale, dove i medici hanno riscontrato una lussazione e sono subito intervenuti chirurgicamente.

Ho dovuto imparare a usare la mano sinistra 

Poi, con una fascia per tenere immobilizzata l’articolazione, ho affrontato tre mesi di fisioterapia per la rieducazione motoria. Ricordo che andavo tre volte a settimana all’alba, dal momento che non riuscivo quasi a dormire per il dolore e il disagio. E nel frattempo ho dovuto imparare a usare la mano sinistra per qualunque operazione quotidiana. Tre mesi dopo riuscivo ad allargare il braccio verso l’esterno, ma ad alzarlo ancora no. E neppure il dolore se ne andava.

La situazione era peggiore di quanto sperassi 

La risposta è arrivata dalla risonanza magnetica. Si era creata una cosiddetta tasca di distacco all’interno del braccio. Inoltre mi è anche stato riscontrato un prolasso tendineo di cui non ero mai stata a conoscenza, e che aveva quindi favorito l’iniziale lussazione. Il consiglio dello specialista era quello di sottopormi a un secondo intervento in artroscopia, per riconquistare una mobilità quasi totale.

Ora pratico anche il Calisthenics   

Non ho esitato e così, appena tre mesi dopo la prima volta, sono tornata in sala operatoria. Il giorno dopo ero di nuovo a casa, pronta a ricominciare con il percorso fisioterapico. Ed è lì che ho cominciato a sposare il concetto di salute con quello di fitness, scoprendo la strada della propriocezione, per riacquisire la percezione del mio corpo nello spazio e del mio equilibrio. Sono esercizi che agiscono sui muscoli addominali stabilizzatori, quelli che consentono di mantenere la posizione eretta e di camminare correttamente. Tra pedane oscillanti ed esercizi a occhi chiusi, li praticavo due o tre volte alla settimana. E non ho più smesso, perché mi aiutano moltissimo nella pratica dei tanti sport a cui ho ripreso a dedicarmi, come la pole dance, il krav maga, la kickboxing e ultimamente il calisthenics.

Maddalena Corvaglia (testo raccolto da Grazia Galando)

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