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Francesca Inaudi: la paura di un tumore, era toxoplasmosi

«Sulla nuca ho sentito una pallina dura, che poi sono diventate due: ho pensato a un linfoma e sono corsa all'ospedale. Che sollievo: era un'infezione presa da un cane randagio»

«Un formicolio dietro la nuca e scopro una pallina dura», racconta Francesca Inaudi. «Passano i giorni però il nodulo non se ne va. Anzi, ne spunta un altro. Penso a un tumore e corro in ospedale: il collo è pieno di linfonodi pronti a esplodere. Che cosa succede? Troppe smancerie con quel trovatello raccolto sul marciapiede…».

«Una pallina dura dietro la nuca, che formicola e si ingrandisce. La paura che sia un linfoma, gli accertamenti al volo, la diagnosi: linfoadenite provocata da toxoplasmosi. Colpa di un bacio, di una leccata. Una coccola imprudente scambiata con uno dei cani randagi che io e mio marito abbiamo tenuto in casa per qualche mese.
È il 2008, primavera, a vederli rovistare a terra tra gli avanzi dei ristoranti del Testaccio, non resisto. Sono due, malconci, senza pelo e scontrosi. Li raccolgo dal marciapiede e li porto dal veterinario. Sembrano vecchissimi e invece sono poco più che cuccioli, malati di scabbia, bisognosi di cure e di medicine.
Diventano presto parte della famiglia: io, il mio compagno, i nostri due cagnolini e i due trovatelli. Tutti i giorni do loro gli antibiotici, li lavo, li accudisco. Ci lanciamo in un’incasinatissima estate in sei in un appartamento. Poi, quando recuperano le forze, li affidiamo a chi può tenerli all’aria aperta.
“Che strano non averli più in casa”, penso il giorno dopo aggirandomi per il salotto. D’istinto mi passo la mano dietro al collo, tra l’attaccatura dei capelli e l’orecchio, dove avevo sentito come un formicolio. Mi accorgo che c’è qualcosa di simile a un brufolo, però più duro. Decido che si tratta di una piccola cisti di grasso: “Si riassorbirà da sola”, mi dico.

Gruppo San Donato

Dopo dieci giorni, mentre faccio la doccia, ripasso la mano sul collo: il grumo, o qualsiasi cosa sia, è rimasto, e per di più fa male, come se spingesse per uscire. Ancora mi convinco che non vale la pena preoccuparsi.
Ma un paio di giorni dopo comincio a sentirmi debole, come febbricitante, una sorta di stato pre-influenzale che non accenna a migliorare.
Peccato che io non mi ammali mai, saranno anni che non becco un raffreddore nemmeno in pieno inverno. Ritorno con la mano alla presunta cisti: c’è ancora e, dietro all’altro orecchio, una sua gemella preme sotto pelle. Allora mi prendo paura, penso a un tumore. E volo al pronto soccorso. La dottoressa di turno è un’immunologa e capisce che con quei noduli non c’è da scherzare. Mi visita e scopre che tutti i linfonodi del collo sono come bozzi pronti a esplodere, e anche quelli sottolinguali non se la passano meglio.
Subito la avviso: nella mia famiglia c’era stato un caso di tubercolosi ghiandolare. Radiografia d’urgenza, ma per fortuna è tutto a posto. Nel frattempo gli infermieri mi fanno un prelievo del sangue. La dottoressa teme che si tratti di un altro tipo di infezione: forse mononucleosi, forse toxoplasmosi.
Mentre l’immunologa mi spiega, ricordo: la toxoplasmosi è quella malattia che temono tutte le mie amiche che stanno per diventare mamme, quella che si prende per aver mangiato carne cruda infetta o per essere entrati in contatto con terriccio o feci di gatto contaminate. Se contratta in gravidanza, può portare gravissime lesioni al feto.

Contagiata dalle leccate
La dottoressa mi chiede se sono incinta, tiro un sospiro di sollievo: “No!”. E lei: “Torni domani per i risultati e prenda questo antidolorifico se i linfonodi le fanno male stanotte”.
Mentre rientro a casa, la testa è un frullatore di domande: “Ma dove avrò mai contratto l’infezione? Gatti non ne ho, carne non ne mangio quasi mai e solo se è sicura…”. Poi, un flash: uno dei due trovatelli che abbiamo tenuto per mesi aveva le ghiandole molto ingrossate. Vuoi vedere che me l’ha passata lui attraverso la saliva, in uno dei nostri giochi, quando ci sbaciucchiavamo per casa?
Il giorno dopo, la conferma. Esami positivi agli anticorpi contro il Toxoplasma gondii: mi sono beccata il protozoo. “Ora è nella fase acuta, ma passerà tutto nel giro di un mese”, mi tranquillizza il medico. “Senza prendere medicine?”, chiedo perplessa. “Sì, stia però attenta a non trasmettere il parassita bevendo dallo stesso bicchiere o usando le salviette di suo marito o dei suoi colleghi sul set. Il corpo debellerà l’infezione e lei potrà stare serena anche quando deciderà di avere un figlio: ormai è immune. Tra un mese rifaccia gli esami e vedrà che i suoi linfonodi si saranno sgonfiati”.
E così è accaduto. Oggi penso che mi potrò concedere un carpaccio anche con il pancione e sorrido, un sorriso che va anche al mio compagno di giochi dell’estate: speriamo che dalla toxoplasmosi sia guarito anche lui».
Francesca Inaudi (testo raccolto da Francesca Gambarini per OK La salute)

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