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Daniel Radcliffe: quando giravo Harry Potter bevevo troppo

L'attore che ha impersonato il maghetto sul grande schermo racconta di aver iniziato a consumare alcol già a 16 anni sul set del quarto film della saga

Daniel Radcliffe, classe 1989, è diventato famoso interpretando il maghetto Harry Potter nella serie cinematografica. L’attore confessa a OK di aver cominciato a consumare troppo alcol proprio sul set, quando aveva solo 16 anni e tra una ripresa e l’altra era spesso ubriaco.

«Già dal quarto film di Harry Potter avevo iniziato a bere troppo. Intendiamoci, non ero alcolizzato, non lo sono mai stato né lo sarò mai. Così come odio ogni tipo di droga. Sono uno molto normale, ma credo che il successo improvviso e la paura di perdere il controllo delle mie facoltà, calato in quella parte, mi avesse portato a rintanarmi nell’alcol.
Mi ricordo bene i miei 16 anni, mentre giravo Harry Potter e il calice di fuoco.

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È a quell’età che ho cominciato a bere, troppo, fino al punto di arrivare sul set il giorno dopo ancora con i postumi della sbronza, con quel malessere tipico di chi ha alzato il gomito. È andata avanti così anche per le altre pellicole (leggi come affrontare il problema dell’alcol con i giovani).

Guardo qualsiasi scena della saga, dal quarto episodio in poi, e posso dirvi all’istante dov’ero reduce da una sbornia o meno. Ma quello sguardo un po’ perso nel vuoto era perfetto per la parte. E nessuno ha avuto mai da ridire. Spaced out, si dice in inglese, sguardo assente. Una tipica espressione da brividi del mio Harry Potter.

Ho il terrore anche adesso di restare imbambolato per qualche istante. Una paura che mi è rimasta dentro è che un’espressione mia somigli a quella del maghetto. Non so come spiegarvi, è un incubo l’idea che la sua faccia mi resti stampata sul volto. Uno dei tanti effetti collaterali di quei film…

Sta di fatto che ho cominciato a farmi delle serie autoanalisi, perché l’obiettivo era trasformarmi in un attore, non in un personaggio, cosa che finalmente penso stia cominciando a succedere. Ho accettato il personaggio di Harry Potter, senza negarlo: ho provato a farlo dal 2011, dall’ultima pellicola della serie, la seconda parte di Harry Potter e i doni della morte.

Accettare, accogliere, metabolizzare. Non rifiutare. Arrivare al punto di dire: questa è la mia faccia ed era anche la faccia che ha interpretato Potter. Ovvero un transfer benigno di identità. Negare una parte di noi stessi è negare noi stessi.

Ho lavorato su tutto questo da quando ho smesso i panni di quel personaggio. E ho deciso di smettere di ubriacarmi. Bevo solo a cena, ogni tanto. Ma non volevo permettere a me stesso, una volta capite le dinamiche interiori, di affidarmi alla bottiglia per scappare in chissà quale realtà. Scappare è da perdenti, e la realtà è questa qui.

Sono un pragmatissimo romantico. E sono una persona con le sue fragilità. Un’altra mia grande paura è quella di mostrarmi nudo in scena: non in un film, ma a teatro, davanti a un pubblico vero, dal vivo, quando se sbagli non c’è la possibilità di un altro ciak! Mi è capitato in Equus, che ho fatto in teatro a Londra a 17 anni.

Terrorizzante. Ma dovevo farlo. Dovevo provare a me stesso di essere capace di tutto. Volevo anche scioccare un pochino, lo ammetto. Quando ho girato Woman in Black, l’anno scorso, c’era chi diceva: «Daniel, verrai criticato».

«Bene!», mi dicevo io. Non è un film per ragazzini, non è per i fan di Harry Potter. I miei genitori erano contrari. «Benissimo!», pensavo. Più se ne dice male meglio è e meglio mi sento.

Alla première del film, a Londra, ho saputo che una teenager è svenuta, non tanto per la paura, essendo un horror, ma, stando a quanto avrebbe detto dopo, per lo sconvolgimento di vedere me, Daniel Radcliffe, in quel ruolo di padre dannato, che bacia, che fa sesso e così via. Ma la vita va avanti, non posso restare prigioniero di un ruolo».

Daniel Radcliffe (confessione raccolta da Silvia Bizio per OK Salute e benessere di novembre 2013)

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