Benessere

Chirurgia estetica: quando il medico dovrebbe dire no

Ecco tutti i casi in cui un professionista serio sconsiglia il ritocco

Filler e botulino per ringiovanire, ritocchi al naso e al décolleté, liposuzioni per rimodellare la figura. «Da sempre uomini e donne hanno cercato di migliorare il proprio aspetto», commenta Alberto Massirone, presidente di Agorà – Società scientifica italiana di medicina ad indirizzo estetico. «Mai come in questo momento storico, però, complice la pandemia e l’intensità di messaggi amplificati dai social e dai media, la bellezza viene idealizzata generando una corsa massiccia e spesso spasmodica al ritocco. Questo suggerisce una riflessione che riguarda l’opportunità o meno che il medico assecondi le richieste di chi ha di fronte.

Se ci sono infatti desideri legittimi che possono trovare risposta in una medicina estetica orientata a un miglioramento armonioso e naturale, ce ne sono altri che aprono una discussione da un punto di vista etico. Un conto infatti è tendere verso un benessere a 360 gradi che coinvolga anche l’aspetto fisico, un altro è abbracciare la chimera della perfezione o dell’eterna giovinezza: ruolo fondamentale del medico estetico è quello di orientare il paziente, dopo un’adeguata visita medica e una conseguente precisa diagnosi, verso trattamenti idonei e personalizzati che rispondano a bisogni e desideri valorizzando gli elementi di armonia individuali senza mai perdere di vista l’obiettivo di conservare espressività e naturalezza».

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Chirurgia estetica: quali sono le controindicazioni?

«La prima valutazione che un professionista ha il compito di fare davanti alla richiesta di un ritocco riguarda i requisiti fisici imprescindibili per sottoporsi in totale sicurezza a un intervento di medicina o di chirurgia estetica», precisa Sergio Noviello, chirurgo estetico, specialista in microchirurgia e chirurgia sperimentale, presidente della Simoe (Società italiana medici chirurghi ed operatori dell’estetica), docente presso la Scuola superiore post laurea di medicina ad indirizzo estetico di Milano Agorà e fondatore della Sergio Noviello Academy.

«Salvaguardare la salute è prioritario sempre e a maggior ragione quando si parla di medicina e chirurgia estetica che, pur essendo ambiti molto importanti, non sono mai pratiche salvavita. Questo significa che, in assenza di alcune necessarie condizioni, il medico può decidere di non procedere spiegando in totale trasparenza al paziente le ragioni della sua scelta». Ogni caso è a sé, ma ci sono situazioni che sconsigliano in generale il ricorso a pratiche estetiche.

«Sono innanzitutto la gravidanza, l’allattamento e il momento in cui una donna esprime il desiderio di rimanere incinta», commenta Noviello. «Escludono l’intervento anche la presenza di allergie specifiche da valutare caso per caso (quella alle uova suggerisce, ad esempio, molta attenzione in caso di trattamenti a base di tossina botulinica), di malattie autoimmuni e neurologiche serie come la miastenia gravis, di patologie dermatologiche importanti, di processi infiammatori in atto nelle zone interessate dal trattamento e infine di infezioni nei siti di iniezione, come nel caso dell’herpes labialis che rappresenta una controindicazione per i filler alle labbra. La letteratura scientifica internazionale non riporta invece particolari controindicazioni sui malati oncologici, fatta eccezione per i periodi in cui si stanno sottoponendo alla chemioterapia oppure alla radioterapia».

Quando il medico dovrebbe dire di no?

Il momento chiave in cui il professionista dovrebbe stabilire se procedere o meno è il primo incontro con il paziente. Una fase preliminare che dovrebbe essere sempre puntuale e mai frettolosa in modo che il medico, oltre a verificare lo stato di salute e prescrivere eventuali esami necessari, possa sondare le ragioni che spingono verso il ritocco. «La richiesta di un intervento nasce in genere dalla volontà di correggere un difetto fisico o un inestetismo che può essere presente dalla nascita o subentrato con il tempo», prosegue lo specialista.

«Ma non è sempre così e lo scenario che si presenta al medico è più complesso. Al professionista spetta quindi il delicato compito di capire, ascoltando con attenzione il paziente, la correlazione che esiste tra difetto e disagio avvertito. Può succedere infatti che quest’ultimo risulti sproporzionato rispetto all’entità del problema per il quale si chiede una correzione. In questi casi l’ipotesi di un intervento dovrebbe essere scartata o comunque posticipata.

Per fare un esempio, se una donna o un uomo percepiscono una piccola gobbetta sul naso come un difetto tale da precludere una normale vita sociale, la chirurgia non funziona in partenza, perché nella maggioranza dei casi anche il miglior risultato possibile non colmerebbe mai il disagio sproporzionato che la persona percepisce spingendo verso ulteriori interventi in una spirale praticamente senza fine. Davanti a questa situazione il medico dovrebbe negare il consenso all’intervento e valutare insieme al paziente un percorso diverso che preveda un supporto psicologico».

Attenzione alle ragioni psicologiche

«Il ricorso continuo al ritocco, quando non giustificato da una reale indicazione, può essere un possibile segnale di un’insicurezza personale che porta a un disturbo definito dismorfismo corporeo», fa eco Maria Zaccagnino, psicoterapeuta EMDR a Milano. «La persona è spinta verso il bisturi o il filler apparentemente solo per migliorare il proprio aspetto, ma in realtà per sentirsi meglio con se stessa e con gli altri. La soddisfazione che ottiene dopo l’intervento però è minima e ben presto riemerge il desiderio di un nuovo ritocco che quasi sicuramente non sarà l’ultimo. In questi casi, infatti, il ricorso alla medicina e alla chirurgia estetica rappresenta soltanto una via di fuga dall’ossessione che si percepisce verso il proprio aspetto: nessun intervento potrà essere risolutivo finché non si affronterà il problema psicologico che sta alla base».

Chirurgia estetica: quando si vuole assomigliare a un personaggio famoso

Sono sempre di più le persone che si presentano nello studio del medico o del chirurgo estetico con la foto di un personaggio famoso. «Lo fanno soprattutto le donne, ma non è preoccupante se l’immagine si usa come un supporto per esprimere al meglio i propri desideri», precisa Noviello «Dovrebbe scattare invece un campanello di allarme quando la persona chiede di fare un intervento o una procedura di medicina estetica con il preciso fine di assomigliare a una celebrità. Una richiesta che non si dovrebbe mai assecondare dal momento che l’influenza dei social può alzare le aspettative portando a chiedere al professionista soluzioni distanti da quelle reali e da quel concetto di naturalezza che dovrebbe sempre guidare l’operato del professionista».

Del resto, anche in questo caso dietro questo desiderio si può nascondere un senso di inadeguatezza psicofisica che sarebbe meglio analizzare prima di procedere. «C’è infatti sempre il rischio che la persona non sia mai soddisfatta del risultato innescando un’insana corsa alla perfezione che può spingere verso ritocchi che non piacciono e di cui poi nel tempo ci si può pentire», conferma la psicologa.

Gli interventi sui minorenni

Di norma il compimento dei 18 anni è il requisito indispensabile per sottoporsi a interventi chirurgici importanti come l’inserimento delle protesi per aumentare il seno, ma anche per trattamenti invasivi come i peeling con acidi. «Ci sono però alcuni casi in cui, previo consenso dei genitori, è possibile intervenire prima della maggior età, e sono quelli in cui l’inestetismo che si vuole correggere è fonte di disagio psicologico profondo», spiega il chirurgo estetico Sergio Noviello. «Il caso più classico è quello delle orecchie cosiddette a sventola: a 12-14 anni le orecchie hanno raggiunto la maturazione anatomica e possono essere sottoposte a chirurgia estetica in modo da aiutare l’adolescente ad acquisire autostima e migliorare il rapporto con gli altri».

Occorre comunque molta cautela. «Se alcuni problemi fisici possono essere una reale fonte di disagio, non va dimenticato che l’adolescenza è una fase delicata in cui il desiderio di piacere agli altri e le difficoltà ad accettarsi possono spingere a caricare il ritocco di valenze eccessive», spiega la psicologa Maria Zaccagnino. «È fondamentale che il medico rilevi questa dinamica e cerchi di indirizzare l’adolescente verso altre figure professionali che possano intercettare la fragilità emotiva che si nasconde dietro al desiderio di un ritocco precoce».

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