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Infezione da ossiuri: cosa fare quando il bambino ha i vermi

L'ossiuriasi è un'infezione parassitaria intestinale che riguarda circa un bambino su quattro. Ecco come si manifesta e in che modo si cura

Da qualche giorno avete notato che il vostro piccolo, scostando le mutandine a destra o a sinistra, si gratta in continuazione il sederino, anche dopo avergli fatto il bagno e cambiato la biancheria. Il prurito è tanto forte da svegliarlo addirittura nel cuore della notte e voi, che lo avete sentito agitarsi tra le coperte, lo avete sorpreso a sfregarsi con veemenza. Quella prurigine anomala, insomma, non è passata inosservata al vostro occhio vigile, sempre pronto a scovare il minimo cambiamento nella condotta di vostro figlio.

«Il prurito nella zona anale e perianale, che colpisce soprattutto nelle ore notturne, è il segno caratteristico dell’ossiuriasi, un’infezione parassitaria intestinale causata dall’Enterobius vermicularis, più comunemente chiamato ossiuro», spiega Elena Bozzola, pediatra infettivologa presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma e segretario nazionale della Società italiana di pediatria. «Si tratta di un verme di colore biancastro, a volte trasparente, che ha forma cilindrica e dimensioni estremamente ridotte: se è maschio, misura solo cinque millimetri; se è femmina, raggiunge il centimetro».

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Infezione da ossiuri: qual è l’incidenza?

A dispetto di quanto si possa pensare, l’infestazione da ossiuri non è correlata a particolari condizioni socio-economiche e sanitarie né a una cattiva igiene personale, anzi: nei Paesi industrializzati, tra cui anche l’Italia, è piuttosto frequente soprattutto nella popolazione pediatrica, tanto da interessare ogni anno almeno il 25-30% dei bambini in età prescolare e scolare. «La malattia colpisce più i piccoli degli adulti ed è molto diffusa nelle scuole materne e primarie proprio per la facilità di contagio che si verifica in questi ambienti», continua Bozzola.

Come avviene il contagio?

«L’infezione, infatti, si contrae attraverso l’ingestione delle uova dei parassiti, che può avvenire in seguito al contatto con oggetti e superfici contaminati, sui quali questi microrganismi possono sopravvivere anche per due-tre settimane. Se una persona infetta si gratta o va in bagno senza poi lavarsi accuratamente le mani, può trasferire le uova degli ossiuri, che si depositano facilmente sotto alle unghie, su giocattoli, matite, quaderni, sedie, biancheria e sedili del wc, infettando quindi gli individui che successivamente entrano in contatto con queste cose.

Può succedere anche che, per lo stesso motivo di prima, le uova di questi parassiti finiscano sotto alle unghie e, se ci si mette spesso le mani in bocca come tendono a fare i più piccoli, ci si autoinfesti e si dia il via a un nuovo ciclo. Infine, ma questo è un evento più raro, il contagio può avvenire per inalazione quando si scuotono lenzuola o vestiti contaminati, perché le uova sono, come abbiamo visto, estremamente piccole e dunque leggere».

Come si riproducono gli ossiuri?

Dopo la loro ingestione, le uova raggiungono l’intestino tenue, si schiudono e danno vita alle larve: queste si inoltrano fino all’intestino crasso dove, nel giro di qualche settimana, maturano e diventano ossiuri adulti. Durante la permanenza in questa sede, i maschi fecondano le femmine, muoiono poco dopo e se ne vanno con le feci. Gli ossiuri femmine, invece, aderiscono alla mucosa intestinale e quando le uova sono mature – si stima che un parassita fecondato possa contenerne fino a 15-16mila – si spostano verso l’ano, soprattutto nelle ore notturne. Qui, tra le pieghe della pelle, depositano le loro uova che, dopo poche ore, diventano infestanti. Gli esemplari femmina muoiono poco dopo aver portato a termine il loro compito.

Infezione da ossiuri: quali sono i sintomi?

«L’ossiuriasi si manifesta principalmente con un forte prurito anale e perianale, che compare specialmente di notte, quando i parassiti femmine giungono in questa zona del corpo per deporre le loro uova», continua la pediatra. «Se questo disturbo è particolarmente intenso, il piccolo tende a grattarsi con vigore, favorendo la comparsa di ferite e lesioni cutanee, dalle quali possono originare infezioni batteriche secondarie. Si possono verificare anche dolori addominali, inappetenza, irritabilità e agitazione, insonnia e, con frequenza inferiore, anche meteorismo e diarrea.

Una nota a parte meritano le bambine che, oltre a questa prurigine al sederino, possono sviluppare anche un’infiammazione ai genitali. Le larve di ossiuri, infatti, possono migrare verso la vagina e annidarsi tra le piccole e le grandi labbra, causando delle vulvo-vaginiti che si manifestano anch’esse con prurito e talvolta con secrezioni biancastre, che in gergo medico si chiamano leucorrea e si possono riscontrare sulle mutandine». Invece gli adulti che contraggono l’infezione sono, nella maggior parte dei casi, paucisintomatici, cioè presentano sintomi molto modesti, dei quali spesso non si accorgono neanche.

Come si fa la diagnosi?

Se la mamma e il papà sospettano un’infezione da ossiuri possono verificare la presenza dei vermi intorno all’ano del bimbo, nelle sue feci e sulla sua biancheria intima. «Nelle prime ore del mattino, infatti, le femmine sono visibili a occhio nudo perché hanno raggiunto la zona anale e perianale per deporre le uova», spiega la pediatra Elena Bozzola. «Dunque è in questo momento della giornata che i genitori possono riscontrare questi parassiti, che si presentano come piccoli e mobili filamenti biancastri».

La diagnosi può essere poi confermata da un esame parassitologico delle feci, eseguito su tre campioni raccolti in altrettanti giorni, e dallo scotch test, suggerito dallo specialista. «Questo esame consiste nel posizionare, per almeno cinque minuti, un nastro adesivo trasparente sull’ano del piccolo, non appena questo si sveglia al mattino e prima di essere lavato», precisa l’esperta. «Una volta rimosso, lo scotch va applicato su un vetrino da laboratorio. Si consiglia di ripetere il test per tre mattine consecutive, utilizzando altrettanti vetrini. Questi, poi, si conservano a temperatura ambiente in buste di plastica sigillate e si consegnano al laboratorio per l’analisi al microscopio. In questo modo è possibile individuare eventuali uova e/o parassiti, intrappolati in precedenza sul nastro adesivo».

Infezione da ossiuri: come si cura?

Qualora la diagnosi di ossiuriasi fosse confermata, si procede immediatamente con la terapia farmacologica per debellare l’infezione. «I medicinali più utilizzati sono il mebendazolo, l’albendazolo e il pirantel pamoato», prosegue Bozzola. «I primi due impediscono agli ossiuri di nutrirsi di glucosio, che è la loro fonte energetica, in modo da farli andare incontro alla morte, e il secondo favorisce il distaccamento dei parassiti dalla mucosa intestinale e la loro espulsione attraverso le feci.

Questi farmaci, però, sono in grado di eliminare i parassiti ma non le uova: per questo motivo è necessario somministrare due dosi, la prima il giorno stesso della diagnosi e la seconda dopo due settimane, in modo da spazzare via anche i vermi nati da uova non ancora schiuse o ingerite dopo la prima assunzione. Se il medicinale – disponibile sotto forma di compresse o sciroppo in dose variabile a seconda dell’età e del peso del bambino, – venisse preso una sola volta, si rischierebbe di non debellare definitivamente gli ossiuri e di non attenuare la sintomatologia». Poiché l’infezione, come detto in precedenza, è estremamente contagiosa, è necessario estendere la terapia farmacologica a tutti i membri della famiglia, compresi i nonni e le eventuali babysitter che si prendono cura del bambino durante la giornata, anche se asintomatici.

In che modo si può evitare di estendere il contagio?

«Oltre a ciò, nel caso in cui il piccolo di casa sia stato contagiato, bisognerebbe cambiargli ogni giorno la biancheria intima e frequentemente le lenzuola, le federe, i copriletto, i copridivano, i pigiami e gli asciugamani, lavando tutto ad almeno 60 gradi, visto che gli ossiuri possono sopravvivere alle basse temperature», conclude la specialista. «È necessario pulire quotidianamente le superfici con le quali il bimbo è entrato in contatto, come i servizi igienici, le stoviglie, i giocattoli, il materiale scolastico e così via.

Bisognerebbe poi insegnargli a non mettersi le mani in bocca e a lavarsele correttamente, perché questa pratica lo mette al riparo da questa e altre possibili infezioni. Le unghie del piccolo andrebbero tenute corte e ben pulite, in modo che i parassiti non possano annidarsi dopo essersi grattato il sederino. Infine, nel periodo di infestazione sarebbe meglio preferire la doccia al bagno, soprattutto se il bambino è grandicello: così facendo si eliminano più agevolmente le uova in sede anale».

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Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
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