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I bebè sono “programmati” per farci tenerezza

Dagli occhioni al profumo della pelle, ecco tutte le armi segrete con cui inducono gli adulti a occuparsi di loro

Che carino!”: impossibile non esclamarlo quando ci troviamo fra le braccia un neonato. Gli basta uno sguardo, un sorrisetto e due versetti per far sciogliere anche i cuori di pietra. Ma come è possibile? Saranno forse gli occhioni, o le guanciotte morbide? Sarà la risata contagiosa o il profumo della pelle? A quanto pare, sono tutte queste cose messe insieme. I bebè, infatti, sono “programmati” per conquistare tutti i nostri sensi con un obiettivo ben preciso: quello di garantirsi le cure necessarie alla sopravvivenza. E’ quanto dimostra uno studio dell’Università di Oxford pubblicato sulla rivista Trend in Cognitive Sciences.

«I bambini ci attraggono sollecitando tutti i nostri sensi: questo rende la tenerezza una delle forze più elementari e potenti capaci di condizionare i nostri comportamenti», afferma lo psichiatra Morten Kringelbach che ha coordinato lo studio.

Gruppo San Donato

Con il suo gruppo di ricerca, Kringelbach ha passato in rassegna le più recenti ricerche condotte sulle modalità con cui i bambini e gli animali attraggono la nostra attenzione. Le evidenze raccolte indicano che la tenerezza nasce nel cervello in risposta a molteplici stimoli sensoriali: non dipende solo dalla percezione visiva dell’aspetto dei cuccioli, ma include anche i suoni e gli odori che emettono.

Da un punto di vista evolutivo, la tenerezza è un meccanismo protettivo fortissimo che assicura ai cuccioli le attenzioni di cui hanno bisogno per sopravvivere: esercita la sua azione nel cervello dei grandi “accendendo” velocemente speciali circuiti nervosi nel cervello e rallentando il processamento delle informazioni in circuiti più grandi coinvolti nel gioco, nell’empatia e probabilmente anche nelle emozioni di più alto ordine morale.

«Questa è la prima prova del genere che dimostra come la tenerezza aiuti i bebè a sopravvivere sollecitando le cure degli adulti, che non possono essere ridotte a semplici comportamenti istintivi», sottolinea Kringelbach. «Le cure parentali richiedono una complessa coreografia di comportamenti pro-sociali attenti, deliberati e duraturi, che accendono gli circuiti cerebrali del piacere che si attivano quando facciamo esperienze piacevoli come mangiare o ascoltare della musica. Questa risposta fondamentale è presente in tutti noi, indipendentemente dal sesso o dal fatto che abbiamo figli oppure no».

Elisa Buson

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