
Chi si ritrova a programmare le vacanze in montagna con un neonato o un bambino piccolo si chiede spesso fino a che altitudine si può spingere per non causare disturbi al proprio piccolo. Rispetto al passato, quando si tendeva a scoraggiare questa tipologia di soggiorno, oggi c’è molta più flessibilità: le ferie ad alta quota con i bimbi sono infatti consentite, oltre che caldeggiate. Come sottolinea la Società Italiana per le Malattie Respiratorie (SIMRI), l’aria di montagna è più pulita e con una minor concentrazione di allergeni e inquinanti atmosferici. È quindi particolarmente adatta ai bambini, specialmente quelli con asma allergico o rinite. Insomma, vacanze in montagna sì ma con le dovute raccomandazioni.
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Neonati e bimbi in montagna: fino a che altitudine si possono portare?
Sebbene ci siano ancora pareri leggermente discordanti tra gli specialisti – c’è, infatti, chi è più permissivo e chi, al contrario, tende a essere un po’ più severo nelle raccomandazioni – si può dire, in linea di massima, che i neonati sani possono essere portati in montagna sin dalle prime settimane di vita. In presenza di problemi cardiaci, polmonari o prematurità, invece, è sempre doveroso chiedere prima il parere del pediatra.
Dal primo mese di vita ai 2 anni
In generale, come afferma la Commissione Centrale Medica del Club Alpino Italiano (CAI) nell’ambito del lavoro “Bambini e Montagna” del 2021:
- nel primo mese di vita sarebbe meglio non oltrepassare i 1500 metri;
- dal secondo mese di vita fino ai 2 anni ci si può spingere fino ai 2000 metri.
Dai 2 anni in poi
Secondo gli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma:
- i bambini di età compresa tra i 2 e 5 anni possono salire fino ai 2500 metri;
- dai 5 anni in poi si possono superare i 2500 metri.
Perché bisogna rispettare le altitudini raccomandate?
Gli specialisti del CAI spiegano che più si sale di quota e minore è la pressione atmosferica, che è la forza esercitata dall’aria sulla superficie terrestre. Se quest’ultima si riduce, anche la pressione dell’ossigeno viene meno e, di fatto, si verifica una carenza dello stesso. «Per esempio, a 1500 metri c’è circa l’84% di ossigeno rispetto al livello del mare; a 2000 metri, circa l’80%; a 3000 metri circa i due terzi», fanno sapere gli esperti. Ciò si traduce in uno sforzo maggiore da parte dell’organismo che, ridotte le sue capacità, fa più fatica ad acclimatarsi.
Le classificazioni dell’altitudine in relazione all’età del bambino tengono ovviamente conto degli adattamenti che il corpo deve mettere in atto salendo di quota, pertanto se si rispettano le raccomandazioni degli specialisti ci si può godere la montagna senza incorrere in spiacevoli sorprese. È fondamentale, però, evitare rapidi cambiamenti di quota, che potrebbero causare disturbi all’orecchio e scatenare il mal di montagna acuto, vera e propria patologia che si manifesta quando si raggiungono in breve tempo quote superiori ai 2.500 metri.
Disturbi all’orecchio
Se si sale ad alta quota senza le dovute pause e non gradualmente, è possibile che il neonato o il bambino manifestino disturbi alle orecchie, specialmente se ci sono raffreddori o infezioni alle vie respiratorie in atto. In occasione di variazioni repentine di altitudine, infatti, possono verificarsi problemi di compensazione tra l’orecchio medio e quello esterno, che si traducono in fastidio, sensazione di “orecchio tappato” o addirittura dolore. Solitamente il piccolo piange.
Per prevenire questo disturbo potrebbe essere utile stimolare la deglutizione o con il ciuccio o offrendo il seno o il biberon, sempre facendo soste e salendo pian piano. In quest’ottica è sconsigliato l’uso di funivie e ovovie nei primi 2-3 anni di vita, come sottolineano i medici dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Mal di montagna acuto
Quando si raggiungono altezze elevate in maniera troppo repentina, adulti e bambini possono andare incontro al cosiddetto mal di montagna acuto, che si manifesta oltre i 2500 metri e con sintomi poco specifici. Tra questi, malessere generale, irritabilità, inappetenza, poca voglia di giocare, nausea, vomito e perdita del sonno. Questi disturbi si verificano dalle 4 alle 12 ore dall’arrivo in quota.
«Il mal di montagna si può prevenire raggiungendo gradualmente quote particolarmente elevate, magari fermandosi di tanto in tanto se si procede in auto ed evitando di usare mezzi come seggiovie ma soprattutto cabinovie e funivie», spiega Giangiacomo Nicolini, Responsabile della UOS di Pediatria di Pieve di Cadore e coautore della guida SIP-SITIP “Il bambino viaggiatore”. «Non è consigliata una profilassi farmacologica. Se compaiono sintomi lievi, il trattamento è basato sui comuni analgesici. Se la sintomatologia peggiora è necessario scendere progressivamente verso quote inferiori per consultare un medico ed iniziare eventualmente un trattamento farmacologico più importante».