Ambiente salute

In aula possiamo bocciare il Covid

Dall’utilizzo dei mezzi pubblici alla permanenza in classe, ecco i consigli degli esperti SIMA per il rientro a scuola dei nostri figli con la maggiore sicurezza possibile, fermo restando che il più grande argine alla diffusione del coronavirus nell’intera nostra società sarebbe la vaccinazione di tutti gli insegnanti e degli studenti sopra i 12 anni

Risultati scolastici scadenti, soprattutto in italiano e matematica, con una generale minore motivazione allo studio. Problemi psico-comportamentali per sette bambini su dieci sopra i sei anni.  Questi sono i risultati della didattica a distanza (Dad) registrati da vari report usciti negli scorsi mesi – Invalsi, Istat, del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, Grande Sondaggio del Disability Research Centre dell’Università degli Studi Internazionali di Roma–UNINT – che sintetizzano l’importanza per gli studenti italiani di tornare a seguire le lezioni insieme in classe, sia per il profitto scolastico sia per il benessere psicologico. Occorre, però, garantire ai giovani un rientro in sicurezza.

«Nessuna regola riduce a zero il rischio, il quale, però, va ridotto il più possibile con misure semplici e razionali», osserva Ivan Gentile, membro del Consiglio Scientifico della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) nonché professore ordinario di malattie infettive presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e direttore dell’Unità operativa complessa di malattie infettive dell’Azienda ospedaliera universitaria Federico II. «La Dad deve essere vista solo come un’opzione di salvataggio nel momento in cui una classe sia in quarantena per la positività di uno studente o di un insegnante». Ecco, allora, indipendentemente dal piano scuola varato dal Governo, i punti irrinunciabili di SIMA per un anno scolastico in presenza.   

Gruppo San Donato

Arrivi e ingressi scaglionati

«Il primo problema, a volte sottovalutato», inizia l’elenco Gentile, «è l’arrivo dei ragazzi a scuola con i mezzi pubblici». Le Regioni potranno gestire 600 milioni di euro per garantire servizi e mezzi aggiuntivi, ma per l’infettivologo sarebbe utile anche «dilazionare gli orari d’ingresso, così da non avere gli studenti di ogni città tutti insieme sull’autobus o sul tram allo stesso orario. Inoltre si potrebbero ridurre gli assembramenti anche all’ingresso negli istituti sfruttando, ove esistono, i vari ingressi degli edifici scolastici».  

Distanziati in aule ben aerate

coronavirus cell in bloodNelle aule è, invece, fondamentale la qualità dell’aria. «Uno scarso ricambio in presenza di persone infette da coronavirus può aumentare il rischio di contagi», interviene il presidente SIMA, Alessandro Miani. «I Centri per il controllo delle malattie americani hanno, infatti, affermato nel loro ultimo rapporto (maggio 2021) che la trasmissione aerea del virus è la via principale di contagio soprattutto in ambienti confinati. Evidenza, questa, che SIMA aveva già riportato molti mesi fa alle autorità italiane e internazionali, avendo condotto specifici studi dopo aver dato vita a una task force internazionale di ricercatori, denominata RESCOP, a cui hanno aderito scienziati provenienti dai principali atenei di tutti i continenti».

Così SIMA ha creato un Protocollo atto a ridurre al minimo il rischio di contrarre il Covid-19 in ambienti indoor, già condiviso con la comunità scientifica internazionale e a disposizione di Governo e Regioni. «Si basa sul monitoraggio in continuo della CO2 da parte di uno specifico dispositivo», spiega Gianluigi De Gennaro, professore di chimica dell’ambiente all’Università di Bari e membro del Comitato Scientifico SIMA che ha coordinato la ricerca da cui è sortito il documento.  «Un effetto “semaforo”, visibile direttamente sullo schermo del dispositivo, dà la possibilità al docente di attenersi a precise e semplici indicazioni, che prevedono aperture di porta e/o finestra, riduzione del numero di occupanti dell’aula o del tempo di permanenza nella stessa. Solo quando il livello di CO2 non scende sotto i 700 ppm (parti per milione), livello considerato sicuro e in cui il rischio di respirare aria espirata da altri soggetti presenti in un certo ambiente è inferiore all’1%, sarà necessario ricorrere a sistemi di Ventilazione Meccanica Controllata (VMC) con filtrazione dell’aria in ingresso, parametrata alla dimensione dell’ambiente interno». 

Nel 2020 proprio SIMA, ricorda Miani, «assieme all’Ospedale Bambino Gesù di Roma e a Ergon Research aveva già scientificamente indagato come la VMC ad adeguate portate d’aria sia in grado di ridurre del 99,6% il rischio di respirare droplet eventualmente infetti emessi da un soggetto con un colpo di tosse in una sala d’aspetto». Oltre o in alternativa alla VMC Miani e De Gennaro  consigliano «sistemi di purificazione dell’aria nanometrici, ossia in grado di trattenere ed eliminare particelle sino ad un diametro di 0,007 micron (il Sars-Cov-2 misura di diametro 0,14 micron). Tali sistemi, stand alone, silenziosi e di pochissimo ingombro, sono stati, ad esempio, scelti dal governo statunitense per dotarne tutte le scuole e rappresentano oggi il meglio della tecnologia di filtrazione in ottica Covid-19, per altro a un costo molto contenuto rispetto ad altri dispositivi molto meno performanti».

OK09_SIMA_2-boxLa mascherina non si toglie

Sempre in classe non si potrà, comunque, fare a meno dell’uso della mascherina. Da qui l’importanza di indossare dispositivi di protezione individuale che siano effettivamente in grado di fermare il coronavirus. Le procedure per testare i materiali filtranti – e prossimamente anche gli impianti di trattamento dell’aria – proprio con il Sars-CoV-2 sono state mese a punto presso il laboratorio di Chimica Ambientale del dipartimento di Scienze chimiche e farmaceutiche dell’Università degli Studi di Trieste e il lab BSL3 nell’ospedale di Monfalcone-azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina.

«Abbiamo unito competenze e operatività diverse, quali medici, biologi, chimici e specialisti di aerosol», racconta uno degli ideatori, Pierluigi Barbieri, docente presso il dipartimento di Scienze chimiche e farmaceutiche dell’Università di Trieste. «La strumentazione, invece, è stata messa insieme grazie anche alla disponibilità di SIMA, che ha consentito di avere uno speciale aerosolizzatore importato dagli Usa, e della fondazione Kathleen Foreman Casali, che ha sponsorizzato l’acquisto di uno strumento unico in Italia, sempre proveniente dagli Usa, per raccogliere il virus senza alterarlo. Oggi abbiamo la possibilità di testare mascherine valutando la loro capacità di fermare il Sars-CoV-2 in aria e, inoltre, in laboratorio lavoriamo anche sul virus aerosolizzato, in maniera controllata, così da capire anche se le varianti abbiano una maggiore o minore persistenza». Resta il fatto che non è, comunque, piacevole indossare per ore consecutive la mascherina.

Ma anche in questo caso la tecnologia viene in aiuto, con, per esempio, POP®, un dispositivo tecnico prodotto da POP srl. «Purifica l’aria respirata, rilascia una potente azione balsamica e rende piacevole l’uso, anche prolungato, della mascherina», la descrizione di Luca Ortolani, ceo della società trentina. «Brevetto tutto italiano, POP® si applica facilmente a qualsiasi tipo di dispositivo di protezione individuale, offrendo un sollievo immediato. Questa innovazione rappresenta il miglior incentivo a proteggere se stessi e gli altri, invogliando l’utilizzo costante e soprattutto corretto della mascherina. È sufficiente applicare POP® all’interno della mascherina dopo aver premuto il serbatoio fra pollice e indice, permettendo alla microsfera di liberare le preziosi sostanze volatili totalmente naturali».  

Ma l’arma vincente è il vaccino

vaccinoLa misura più importante ed efficace resta, tuttavia, la vaccinazione. «L’immunizzazione di tutti gli insegnanti e degli studenti sopra i 12 anni sarebbe un grande argine alla diffusione del virus», non ha dubbi Gentile. Nel caso dei ragazzini l’età limite è data dal fatto che gli studi sul Pfizer e sugli altri vaccini finora sono stati condotti su una popolazione over 12: «Non si presume vi sia una differenza in senso di sicurezza ed efficacia sotto quell’età», sottolinea l’infettivologo, «ma la medicina basata sull’evidenza ci dice che queste vanno dimostrate prima di poterle affermare».

La vaccinazione degli scolari ha, però, una motivazione più sociale che personale: «I bambini e i ragazzi sani si possono infettare come tutti ma hanno una minima probabilità di avere una malattia severa, anche con la variante Delta», precisa Gentile. «Lo scopo è, così, quello di ridurre la circolazione del virus e proteggere la famiglia e la classe, docenti inclusi, soprattutto se vi fanno parte persone fragili. Ricordiamo sempre che le persone con malattie che deprimono il sistema immunitario, trapiantate o che fanno uso di farmaci immunosoppressori hanno una probabilità minore di sviluppare anticorpi, quindi la loro protezione è legata all’immunità di gregge».  Molto importante è, poi, la pronta segnalazione dei casi di positività da parte delle famiglie degli studenti: «Da sempre le malattie infettive portano con sé uno stigma sociale, ma vergognarsi e nasconderle reca danno a se stessi e agli altri». Tra l’altro, nel caso di pazienti con sintomi ancora lievi ma con fattori di rischio di progressione (sovrappeso e obesità, diabete, immunodepressione, cardiopatia, nefropatia) si è dimostrata «un’arma formidabile l’infusione di anticorpi monoclonali, come ho verificato di persona con il servizio di somministrazione che ho attivato nel mio reparto di malattie infettive».  

Il benessere inizia a scuola

In linea più generale, «l’emergenza pandemica da crisi deve diventare opportunità per rendere la scuola un luogo non solo di promozione della salute, ma di benessere essa stessa», chiosa Manuela Pulimeno, responsabile SIMA per l’educazione ambientale e insegnante di Storia e filosofia presso il liceo scientifico Leonardo da Vinci di Maglie (Lecce). «La scuola deve promuovere la formazione globale della persona in tutti i suoi aspetti psichici, fisici e socio-relazionali, ma questo è possibile solo se fa stare bene gli studenti. Un benessere che, come dimostrato da tanti studi, ha come conseguenza anche un miglior apprendimento». In Italia occorrerebbe una trasformazione a livello strutturale delle scuole.

«Oggi più che mai abbiamo capito l’importanza dell’ossigenazione», conclude la docente, che con SIMA porta avanti nelle scuole primarie e secondarie progetti di educazione alimentare tramite la metodologia dello storytelling. «Gli edifici scolastici delle città dovrebbero essere circondati da barriere verdi e da alberi in funzione antinquinamento. Quelli nei paesi, invece, potrebbero dotarsi di cortili, nei quali fare lezione all’aperto in primavera e autunno, e di giardini e orti, di cui far diventare responsabili gli stessi ragazzi, che sceglieranno quali alberi piantare e ortaggi coltivare (e, poi, consumare negli spuntini)».

La certificazione di salute degli edifici 

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Paul Scialla, fondatore dell’International Well Building Institute (IWBI)

L’emergenza Covid-19 ci ha fatto capire più che mai quanto sia importante vivere in edifici salubri. «Se c’è un lato positivo da tale vicenda, questo è una maggiore consapevolezza che i luoghi fisici in cui trascorriamo la nostra vita hanno un enorme impatto sugli effetti della nostra salute e che possiamo, con la nostra volontà, ottimizzarli per migliorare la nostra salute e il nostro benessere», spiega Paul Scialla, fondatore dell’International Well Building Institute (IWBI). Autorità a livello mondiale per il miglioramento degli edifici, i cui programmi sono attivi in 97 Paesi, IWBI nel 2014 ha lanciato la certificazione WELL Building Standard per definire i parametri con cui gli stabili possono migliorare la nostra vita, poi rivista con la pandemia, tenendo conto delle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e delle principali istituzioni di prevenzione e di ricerca sanitaria, per dare origine nel giugno 2020 al WELL Health-Safety Rating. Una valutazione, quest’ultima, che, dice Scialla, «identifica le strategie chiave nella gestione della qualità dell’aria e dell’acqua, i protocolli di pulizia e sanificazione, la pianificazione della preparazione alle emergenze, il coinvolgimento delle parti interessate, i servizi sanitari e le politiche di comunicazione che possono guidare un risposta basata sull’evidenza». 

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