Ambiente salute

Abitare sostenibile

I consigli per una casa a basso impatto ambientale che possa anche proteggerci dalle malattie

La difesa dell’ambiente e la prevenzione dalle malattie iniziano a casa nostra. Intesa proprio come l’abitazione nella quale viviamo. Senza comportamenti corretti da parte di ciascuno di noi entro le mura domestiche si fanno ulteriormente in salita la lotta contro l’inquinamento e i cambiamenti climatici da esso generati, la tutela della nostra salute e la difesa delle risorse fondamentali del pianeta. Vediamo, allora, quali sono i suggerimenti degli esperti della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) per un comportamento casalingo sostenibile e sano, a iniziare dal risparmio energetico, che rappresenta anche una concreta e non disprezzabile opportunità economica.

Sette regole per risparmiare energia

«Nel residenziale privato», spiega Alessandro Miani, presidente SIMA, «si stima che una famiglia tipo abbia in media un consumo annuo di 2.700 kWh, con una bolletta di circa 500 euro all’anno, per alimentare l’impianto termico ed elettrico (dati AEEG – Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas). Le principali componenti di consumo energetico sono il riscaldamento e raffrescamento, l’illuminazione e l’uso degli elettrodomestici. 

Gruppo San Donato

Per ridurre gli impatti ambientali ed economici di tale uso di energia, esistono tecniche e tecnologie – green e clean tech – che nel residenziale possono condurre a un risparmio energetico rilevante dal 20% a oltre il 50% e che mirano a produrre energia da fonti rinnovabili (solare, eolico, geotermico…), gestire e condividere quella prodotta da sorgenti distribuite (smart grids, smart city, storage…) e ridurne gli sprechi con tecniche di efficientamento energetico.

Tra queste ultime, l’adozione di un sistema di domotica per ottimizzare automaticamente gli impianti termici ed elettrici permette di raggiungere risparmi nell’ordine del 20-40%, e in alcuni casi, optando per un sistema completo anche di sensori intelligenti collegati agli utilizzatori elettrici, si può salire al 50-60%». Ma, anche per chi non si può permettere un sistema di domotica, altrettanto fondamentale è la cultura del risparmio energetico, con sette punti irrinunciabili. 

1) Sostituire i sistemi di illuminazione tradizionali con i LED a luce calda di ultima generazione. Rimpiazzare quattro lampadine tradizionali può comportare un risparmio di oltre 50 euro all’anno.

2) Non lasciare i dispositivi elettronici in stand-by. A tale scopo è utilizzabile una ciabatta elettrica con tasto on/off. Secondo alcune stime questo può far risparmiare mediamente circa 100 euro all’anno. Per esempio, un modello di smart tv di 43 pollici che acceso consuma 65 W, quando è in stand-by collegato a internet e con l’opzione bluetooth, oltre a contribuire all’inquinamento elettromagnetico, consuma 6,5 W. Quindi, immaginando che la tv in questione sia accesa mediamente per quattro ore al giorno e per le restanti venti ore sia in stand-by, all’anno consumerà 94,9 KWh per l’uso effettivo e ne sprecherà altri 47,45 KWh «a riposo». 

3) Fare la manutenzione degli impianti e dei dispositivi elettrici: se ben conservati, consumano e inquinano meno.

4) Evitare di utilizzare il sistema di raffrescamento/riscaldamento senza tener conto delle effettive esigenze. In particolare è necessario adattare l’uso in funzione di temperatura esterna, numero di persone nella stanza, livello di umidità, presenza effettiva di persone negli ambienti raffreddati/riscaldati, apertura di porte e finestre. Adottare un crono-termostato e valvole termostatiche (se non ancora installati) è un utile aiuto alla conduzione degli impianti.

5) Favorire il corretto isolamento termico tra casa e ambiente esterno. Schermare le finestre di notte o durante le ore calde chiudendo persiane e tapparelle o utilizzando tende.

6) Usare in modo efficiente gli apparecchi elettrici. In particolare: far lavorare lavastoviglie e lavatrici a pieno carico per evitare ripetuti lavaggi e preferibilmente nelle ore in cui l’energia costa meno, evitare di tenere accese le luci nelle stanze in cui non vi è alcuno e regolare l’intensità in base alle effettive esigenze d’illuminazione.

7) Quando si va in vacanza, spegnere l’impianto di raffrescamento/riscaldamento e staccare dalla rete elettrica tutti i dispositivi a essa collegati (vedi anche il punto 2). 

Sette regole per non sprecare l’acqua

non sprecare acquaAltrettanto importante di quello energetico è il risparmio idrico casalingo. «L’acqua», conferma Luigi Falciola, professore associato di chimica analitica presso l’Università degli Studi di Milano e membro del Comitato Scientifico SIMA, «è un bene prezioso. Noi, soprattutto nel Nord Italia, abbiamo la fortuna di averne a disposizione in grande quantità e di ottima qualità (caratteristica, tra l’altro, che ci preserva da diverse malattie). Un dono che molti altri Paesi del mondo non posseggono e di questo bisogna avere consapevolezza quando utilizziamo l’oro blu, così da non sprecarlo, e in tal senso è fondamentale anche educare i bambini». L’esperto SIMA ci dà, quindi, altri sette suggerimenti per una gestione sostenibile dell’acqua all’interno delle mura domestiche.   

1) Montare i frangigetto sui rubinetti, se ne sono sprovvisti. Si tratta di piccoli dispositivi che, attraverso un sistema di ventilazione, riducono la quantità d’acqua in uscita dal rubinetto senza comprometterne la resa. 

2) Rispetto ai lavaggi a mano privilegiare l’utilizzo di lavatrici e lavastoviglie, purché a pieno carico (vedi sopra) o dotate di eco-programmi. Se non si possiede la lavastoviglie, evitare di lavare piatti e stoviglie sotto un flusso continuo di acqua, ma immergerli nel lavello riempito e tappato, usando l’acqua corrente solo per la risciacquatura.  

3) Per l’igiene quotidiana prediligere la doccia rispetto alla vasca da bagno: consuma una quantità di acqua decisamente minore ed è anche più igienica.

4) Quando ci si lava non tenere aperto il rubinetto se non serve (per esempio, durante la spazzolatura dei denti o l’insaponatura in doccia). Sciacquare in una vaschetta e non sotto acqua corrente il rasoio utilizzato per radersi la barba. 

5) Per la cura del verde in giardino o sul balcone a cielo aperto, non eccedere con l’acqua e tenere conto del meteo: se è prevista pioggia a breve, è inutile innaffiare le piante. Con le alte temperature meglio irrigare alla sera, perché sotto il sole cocente una parte dell’acqua evaporerà.

6) Non lavare l’auto a mano in cortile. Meglio ricorrere a un autolavaggio, anche self service, che ricicla parte dell’acqua utilizzata e ha appositi getti che contengono il consumo idrico.

7) Nella scelta degli alimenti da servire in tavola cercare di tenere presente la loro impronta idrica, cioè il quantitativo di acqua che serve per produrre un certo cibo, anche se purtroppo non ancora segnalata sulle etichette. Per esempio, quando mangiamo un pomodoro consumiamo circa 15 litri di acqua, che salgono a oltre 1.500 se mettiamo nel piatto un etto di carne di manzo. Per una spremuta fatta da noi di arance fresche consumiamo 50 litri di acqua, che diventano mille se la beviamo confezionata. Tra i regimi nutrizionali che meglio abbattono l’impronta idrica c’è la dieta mediterranea, che privilegia frutta, verdura e alimenti semplici, meglio se a chilometro zero. 

Come mantenere pulita l’aria negli interni

Ma la sostenibilità va di pari passo, come ci insegna il concetto di One Health, con la tutela della nostra salute. Con l’attuale emergenza Covid è diventato chiaro anche al grande pubblico l’importanza della qualità dell’aria degli ambienti chiusi, a partire dalle nostre abitazioni, proprio per il fatto che può facilitare i contagi. «La scarsa qualità dell’aria indoor», sottolinea l’epidemiologo Prisco Piscitelli, vicepresidente SIMA, «può essere dovuta all’aumento di anidride carbonica (CO2) prodotta dalla normale respirazione di coloro che condividono spazi confinati, a cui si aggiunge la presenza di contaminanti biologici (muffe, acari, batteri, virus, spore, ecc.), l’aerodispersione di sostanze chimiche come formaldeide, toluene, benzene e altri composti organici volatili (VOCs) rilasciati da arredi, vernici e detergenti.

Un’ulteriore possibile problematica è rappresentata dall’eventuale risalita di gas radon dal sottosuolo. Infine, è sempre possibile che inquinanti esterni possano contaminare gli ambienti interni: anidride carbonica prodotta dalla combustione di fossili o dal traffico stradale, biossido di azoto (NO2) e idrocarburi policiclici aromatici (IPA) emessi da attività antropiche».

ecoacquistiFondamentale per garantire una buona qualità dell’aria di casa è l’attenzione al cosiddetto microclima, che, precisa Piscitelli, «è determinato da tre principali fattori modificabili, cioè su cui è possibile agire direttamente: ventilazione, temperatura e umidità. Spazi affollati, surriscaldati e scarsamente ventilati generano aumenti di CO2 , che possono causare diversi problemi – da deficit di concentrazione a rash cutanei fino a sbalzi pressori e problemi respiratori – quando le sue concentrazioni superano il valore di 1.500 parti per milione (corrispondente a 0,15 in termini di percentuale di volume di CO2 )». In questa opera di prevenzione ci viene oggi in aiuto la tecnologia, con i sensori che monitorano concentrazione di anidride carbonica, temperatura, umidità e i purificatori d’aria.

«Vi sono diversi tipi di sensori in commercio», interviene Paola Fermo, docente di chimica analitica e di chimica dell’ambiente alla Statale di Milano e membro del Comitato Scientifico SIMA. «Sono utili in quanto rilevano almeno un trend a costi sostenibili e ne è consigliabile l’uso in particolare nelle camerette dei bambini, così che, per esempio, non si generi un clima troppo secco. Non dimentichiamoci che in quest’ultimo anno i nostri ragazzi, causa la didattica a distanza e i vari lockdown, hanno passato tantissime ore della giornata nelle loro stanze, spesso non arieggiando i locali». 

Su quest’ultimo punto si rivelano assai efficienti, per l’intera casa, i purificatori d’aria: «Permettono di ridurre fino all’80% delle concentrazioni delle polveri sottili e di oltre il 40% i VOCs», spiega l’esperta, che con SIMA ha messo a punto una metodologia per verificare il corretto funzionamento di questi apparecchi, così da validarli con il rilascio di un certificato. «Facendo i test creiamo situazioni estreme, simulando, per esempio, le pulizie di casa con un’introduzione nell’ambiente di una concentrazione molto elevata di polveri, oppure l’igienizzazione del piano cucina con l’alcol o aprendo una boccetta di solvente per le unghie, che portano i valori totali di VOCs anche sopra i 1.000 ppb (parti per miliardo)».  

Proprio le pulizie domestiche sono tra i principali responsabili dell’inquinamento interno, con l’immissione nell’aria, prosegue Paola Fermo, «di sostanze che potrebbero essere tossiche di per sé o andare a interagire con altre sostanze già presenti nell’ambiente domestico, formando cocktail potenzialmente tossici e dalla composizione ignota. Per evitare tutto questo basterebbe adottare i pulitori a vapore con il sistema di aspirazione, un metodo naturale che evita il ricorso ai prodotti chimici contenuti nei solventi e nei detergenti».

La nuova mascherina che potrebbe risolvere i problemi delle palestre

nuova mascherinaFacilita la respirazione come una mascherina chirurgica e protegge dagli agenti infettivi sia chi la indossa sia chi gli sta accanto, come le FFP. In più, è ecosostenibile e decisamente più leggera rispetto alle maschere semifacciali attualmente in commercio (50 grammi contro circa 300). Si chiama LALA MASK – acronimo di Leggerezza, Aria, Longevità e Ambiente nonché cognome dell’ingegnere meccanico suo inventore – la mascherina made in Italy sviluppata e prodotta da New Euroart di Grumo Appula (Bari) in collaborazione con il dipartimento di Ingegneria Meccanica, Matematica, Management del Politecnico di Bari.

«Certificata a oggi come dispositivo medico di Classe I Tipo II», spiega il suo ideatore, Mattia Lala, responsabile del settore ricerca e sviluppo di New Euroart e Tecnomec Engineering, «è composta da un corpo in bi-materia – plastica rigida e gomma – utilizzabile vita natural durante, in quanto lavabile con acqua e sapone o alcol, che garantisce una completa aderenza al volto, cioè una protezione totale in entrate e uscita, e un filtro sostituibile a efficienza di filtrazione batterica (BFE) dalla durata di quattro-sei ore.

I materiali di cui è costituita sono stati ricercati in modo da essere non solo ipoallergenici e biomedicali, ma anche in grado di far sì che la maschera nella sua totalità sia leggera e comoda, a partire dall’abbattimento della difficoltà respiratoria, per un uso continuativo». La LALA MASK nasce, infatti, per garantire protezione agli operatori sanitari (al momento è testata presso studi medici e odontoiatrici), ma, assicura il creatore, «è adatta anche alle attività sportive di medio-bassa intensità cardiovascolare, e penso soprattutto all’utilità che potrebbe avere nel mettere in sicurezza le palestre tanto penalizzate durante la pandemia». Né lo sviluppo si ferma qui. Al momento è in corso lo studio di un filtro antiparticolato (PFE), per proteggersi dalle polveri sottili, che porterebbe la mascherina a essere certificata anche come dispositivo di protezione individuale.  

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