
Metti un tramonto d’estate in riva al mare in giusta compagnia, con la sabbia sotto ai piedi, mentre si chiacchiera e si sorseggia a fior di labbra un fresco cocktail alla frutta. Un inizio di serata perfetto, premonitore di una notte altrettanto interessante, salvo, poi, passarla a fare la spola tra il letto e il gabinetto. Sì, perché a volte il pericolo si annida dove meno ce lo si aspetta. Ad esempio nei cubetti di ghiaccio impiegati per preparare proprio quel gustoso drink bevuto poche ore prima.
È quel che è successo a 25 giovani di San Polo d’Enza, in provincia di Reggio Emilia, che, dopo una serata trascorsa in discoteca, hanno fatto rientro a casa con febbre, nausea, dolori intestinali e addominali. Alcuni di loro si sono dovuti anche recare in ospedale e da qui sono partite le prime segnalazioni, grazie alle quali si è tempestivamente attivato il Servizio Igiene e Sanità Pubblica dell’Ausl di Reggio Emilia. Sotto alla lente di ingrandimento degli ispettori c’è il ghiaccio, forse contaminato, utilizzato per i cocktail.
Qualcuno potrebbe pensare che il processo di congelamento distrugga tutti i batteri e i virus. Niente di più falso: gli agenti patogeni sono in grado di sopravvivere nel ghiaccio per ricostituirsi durante le fasi di scongelamento e moltiplicarsi. Tant’è che, come dimostrato da numerose ricerche e analisi effettuate sul territorio, il ghiaccio può rappresentare una fonte di pericolo per il consumatore se non vengono osservate le corrette procedure di produzione, mantenimento e somministrazione. Ma allora, come produrre e conservare correttamente il ghiaccio al fine di evitare contaminazioni?
In questo articolo
Ghiaccio: come evitare contaminazioni negli esercizi pubblici
Da anni ormai l’Istituto Nazionale Ghiaccio Alimentare (I.N.G.A.) ha lanciato l’allarme, anche in considerazione del fatto che il ghiaccio oggi è sempre più utilizzato in ambito alimentare, non solo nel confezionamento dei drink ma anche nel raffreddamento delle bevande, nella presentazione dei cibi negli esercizi commerciali e nella conservazione del pesce.
«Fino a un recente passato lo si è considerato un semplice strumento per raffreddare e non un alimento, quale in realtà è», spiega Carlo Stucchi, Presidente dell’ente. «E purtroppo ancora oggi, nonostante un miglioramento della situazione, quasi un operatore su due del settore turistico-ricettivo non lo produce correttamente, senza parlare delle pescherie».
Un Manuale per produrre e conservare correttamente il ghiaccio
Un primo, importante passo è stato fatto con la realizzazione del Manuale di corretta prassi operativa per la produzione di ghiaccio alimentare, subito approvato dal Ministero della Salute e pubblicato in G.U. n°295 del 19 Dicembre 2015. Per ghiaccio alimentare, definisce il Manuale in questione, «si intende il ghiaccio preparato con acqua potabile, che alla fusione si trasforma in acqua avente le stesse caratteristiche microbiologiche e chimico-fisiche dell’acqua utilizzata per la sua produzione», la quale avviene a livello sia industriale sia casalingo, ma anche e soprattutto in proprio, attraverso l’utilizzo di apposite macchine, da parte dei vari esercizi di somministrazione di alimenti e bevande.
Il Manuale contiene una check list che fornisce le indicazioni operative per una produzione priva di contaminanti fisici, chimici e soprattutto biologici:
- utilizzare solo acqua potabile conforme alle normative (D.Lgs. 31/2001);
- sanificare regolarmente i macchinari di produzione e stoccaggio;
- evitare pratiche scorrette, come prendere il ghiaccio con i bicchieri o mani nude;
- formare adeguatamente il personale anche sull’uso e la manipolazione del ghiaccio.
Attenzione alla qualità dell’acqua e alla pulizia dei macchinari
Infatti, se non si utilizza acqua destinata al consumo umano e/o non vengono rispettate le corrette prassi igieniche durante la produzione, lo stoccaggio e la manipolazione, il ghiaccio potrebbe subire l’assalto da parte di più agenti contaminanti, i quali a loro volta si trasferiranno, almeno parzialmente, soprattutto sui cibi con cui viene a contatto diretto a fini refrigerativi, il pesce su tutti, o dei quali diventa ingrediente, come nei casi dei cocktail e delle carni lavorate industrialmente. Così, se s’ingerisce ghiaccio non “pulito” si rischiano generalmente problemi gastrointestinali.
«Il problema non è tanto l’acqua usata, che è quasi sempre potabile, quanto il fatto che molte volte le superfici e i filtri della macchina produttrice non vengono puliti e manutenuti con diligenza e con la necessaria frequenza e/o i contenitori dove sono stoccati i cubetti non sono adeguatamente puliti e protetti da agenti infettanti. Inoltre, capita che il barman immetta ghiaccio nel bicchiere con la mano nuda o con strumenti non accuratamente nettati, altre due importanti fonti di possibile contaminazione».
A cosa deve stare attento il consumatore fuori casa?
Dal canto suo, cosa può fare il consumatore per accertarsi che il ghiaccio utilizzato in bar e ristoranti sia sicuro? Innanzitutto, se non si ha la certezza che l’acqua sia potabile (ad esempio se ci si trova in particolari Paesi) bisognerebbe assolutamente evitare cocktail e bevande con ghiaccio. È necessario osservare le modalità con cui il personale del locale entra in contatto con il ghiaccio: se quest’ultimo è toccato a mani nude o non è servito con apposite pinze meglio non farselo servire. La stessa cosa vale per il secchiello: se non è pulito o contiene acqua stagnante bisogna stare particolarmente attenti.
Ghiaccio: come evitare contaminazioni a casa
E invece a casa come dobbiamo conservare adeguatamente il ghiaccio per evitare contaminazioni batteriologiche?
- Pulire il vano refrigerante ogni volta che si accumulano residui di cibo surgelato ed eliminare il ghiaccio che si forma sulle pareti: quando si sfarina può riversare eventuali residui sulle vaschette portaghiaccio.
- Pulire le vaschette con il detersivo per i piatti prima di ogni nuovo utilizzo.
- Ricorrere alla refrigerazione rapida per l’acqua nelle vaschette a -18 gradi.
- Conservare il ghiaccio ad almeno 5-10 gradi sotto lo zero, in modo da evitare liquefazioni (terreno ideale per lo sviluppo di microbi) e ricongelamenti.
- Isolare le vaschette del ghiaccio dagli altri contenuti del freezer: coprirle una a una con foglio di alluminio oppure usare i sacchetti appositi. Così si può impilarle e porle tutte insieme in un contenitore della giusta misura.
- Conservare il ghiaccio per un massimo di 4-6 settimane dalla preparazione.
- Facilitare la fuoriuscita dei cubetti dalle vaschette ponendole brevemente a contatto con l’acqua calda.
- Non toccare i cubetti di ghiaccio con le dita: usa pinze e cucchiai puliti per trasferirli in bicchieri, piatti, vassoi o nel tritaghiaccio.
- Usare il ghiaccio conservato in ciascuna vaschetta in una volta sola e scartare quello che non si utilizza immediatamente.
- Curare attentamente la pulizia dei macchinari che si usano per tritare il ghiaccio.
Meglio acquistare il ghiaccio prodotto a livello industriale
Una buona soluzione sarebbe acquistare sacchetti di ghiaccio alimentare confezionato, prodotto a livello industriale. «Rispetto a quello delle macchinette o del congelatore di casa», conclude Stucchi, «è più sicuro e ha anche una maggiore capacità refrigerante e nel contempo si diluisce meno nei drink, in quanto viene prodotto a temperature più basse. Lo si trova in vendita nella grande distribuzione a costi accettabili, anche se il mercato resta assai variegato, con sette o otto realtà più strutturate a fronte di una miriade di piccoli produttori locali, che a volte, però, sono approssimativi nel seguire le corrette regole igieniche». È, allora, importante controllare che vi sia l’etichettatura prevista dalla legge per qualsiasi alimento confezionato.