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Dipendenza da junk food? Scopri come uscire dal tunnel

La fame emotiva (o nervosa) porta a consumare quantità esagerate di cibi troppo dolci, troppo salati o troppo grassi. Scopri nel nostro articolo le strategie per tenerla a bada

Ne assaggio solo una… E poi ci si accorge di aver svuotato l’intero sacchetto delle patatine. Per non parlare di quei biscotti dal morbido ripieno, così buoni che uno tira l’altro, o della vaschetta di gelato che sembra fatta apposta per essere divorata seduti sul divano davanti alla tv. Cibi diversi, dai gusti differenti, accomunati dallo stesso scopo, quello di appagare una bramosia che sembra incontenibile. Gli anglosassoni lo chiamano food craving: un intenso desiderio per un cibo specifico, incontrollabile e indipendente dalla fame. La voglia che trasforma una persona del tutto normale nell’Hannibal Lecter di dolciumi e salatini.

Beatitudine immediata

«I cibi che scatenano le abbuffate, in effetti, sono quelli che contengono un alto bliss point (punto di beatitudine), raggiungibile attraverso l’incrocio di tre sostanze: zuccheri, sale e grassi», afferma Stefano Erzegovesi, psichiatra nutrizionista, responsabile delle attività cliniche e di ricerca al Centro per i disturbi alimentari dell’Ospedale San Raffaele di Milano e autore del libro Il digiuno per tutti (Vallardi). Le industrie alimentari, dal canto loro, sanno bene come creare quell’apice di beatitudine, ideando prodotti che sono «salati ma contenenti zucchero, pensiamo al pane industriale; oppure dolci con una nota di sale, come gli snack che si trovano alle macchinette», continua l’esperto. «Altro aspetto che fa stravedere per questi cibi è la consistenza: i biscotti ripieni, croccanti fuori e morbidi dentro, sono l’esempio più calzante».

Gruppo San Donato

Come sempre, è la dose che fa il veleno

Non è solo la composizione a influire sul consumatore, ma anche la modalità di consumo. «Certi prodotti sono concepiti per essere mangiati subito, in fretta e senza il bisogno di doverli assaporare. Appena li si mette in bocca si raggiunge il bliss point e scatta la voglia di divorarne altri», prosegue Erzegovesi, che precisa: «questi prodotti confezionati, trascurando il loro scarso valore nutrizionale, non sono di per sé pericolosi, ma lo diventano nel momento in cui vengono assunti in quantità eccessive e come un’abitudine e non soltanto assaggiati e come un’eccezione».

L’ipertensione o pressione alta

Sono cibi giocattolo

Il termine più usato per classificarli è junk food (coniato nel 1951 dal microbiologo statunitense Michael F. Jacobson), o cibo spazzatura, ma inadatto secondo lo psichiatra nutrizionista. «Definire così patatine fritte o merendine farcite significa, in primis, emettere un giudizio, e sappiamo bene che i cibi giudicati come “proibiti” suscitano paradossalmente ancor di più la nostra “voglia matta”. Possiamo chiamarli, invece, “cibi giocattolo”. Ognuno di noi ha un alimento che, appena messo in bocca, genera il famoso bliss point. E nessuno si sognerebbe di rinunciare a un giro sull’ottovolante o di metterlo al bando. Bisogna però ripescare il detto “il gioco è bello quando dura poco” e aggiungere ai giocattoli cose più serie. Tradotto in linguaggio nutrizionale significa variare il più possibile l’alimentazione e lasciare che nella nostra dieta cioccolatini & co. giochino un ruolo marginale e non da protagonisti».

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L’illusione del buco nello stomaco

Facile a dirsi, meno a farsi perché i cibi giocattolo non sono soltanto appetibili ma possono creare dipendenza con vere crisi d’astinenza al pari delle sostanze stupefacenti, come evidenzia anche un recente studio condotto dalla ricercatrice in psicologia Erica Schulte alla University of Michigan (Usa) e pubblicato sulla rivista scientifica Appetite. È il cervello, quindi, a essere depistato: quando scatta la voglia matta e si pensa di dover aprire il sacchetto delle patatine per riempire quell’improvviso buco nello stomaco, in realtà lo stomaco non è affatto vuoto, la fame non è vera fame, ma è una fame emotiva. Uscire da questa dipendenza non è facile e può rendersi necessario affiancare al consulto di un nutrizionista, che indica come mangiare correttamente, il supporto di uno psicologo esperto in disturbi del comportamento alimentare.

Un nuovo modo di mangiare

Per chi se la sente di provare da solo, Erzegovesi ha messo a punto una serie di consigli utili.

Riscopri il giorno di magro
Non solo per motivi etici o religiosi, ma per ragioni legate alla salute (numerosi studi scientifici hanno dimostrato che un giorno di digiuno o di semidigiuno apporta diversi benefici) e perché 24 ore di restrizione calorica ti aiutano ad acquisire una miglior consapevolezza alimentare e a distinguere la fame reale da quella emotiva.

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Evita le diete drastiche
I regimi alimentari che escludono i carboidrati nell’immediato fanno perdere peso, ma alla lunga risultano essere dannosi. Puoi portarli avanti per qualche settimana o mese, ma poi la voglia di pane e di torte diventerà incontenibile e rischierai di svaligiare la prima pasticceria a portata di mano (si rischia il cosiddetto effetto yo-yo). Meglio se ti accontenti di un calo di peso non rapido seguendo una dieta mediterranea a base vegetale e scegliendo anche carboidrati a basso indice glicemico e non raffinati, come riso, pasta e pane integrali.

Non giudicarti
«Sono una stupida, ci sono ricascata»: espressioni come queste vanno abbandonate. Non devi giudicarti. Hai ceduto a una tentazione? Guarda avanti, andrà meglio la prossima volta e cerca di capire cosa è successo prima della crisi.

Leggi le etichette
Fai attenzione a tutti gli ingredienti quando acquisti cibi confezionati: è un altro valido strumento per accrescere la tua consapevolezza. Se sei in grado di riconoscere il tuo avversario, quello con alto contenuto di bliss point, sarà più facile sconfiggerlo. Non farti ingannare da diciture come «light» o «senza zuccheri»: stai comunque comprando prodotti industriali e raffinati. Ecco 10 consigli per mangiare meno grassi.

Fai la spesa a pancia piena
La fame vera amplifica quella emotiva. Al supermercato, quindi, cerca di andare dopo aver pranzato o cenato: con lo stomaco pieno sarai meno incline a mettere nel carrello cibi inutili. Finita la spesa, affrettati e dirigiti subito al pagamento, cercando di ignorare i cibi giocattolo che vengono appositamente posizionati vicino alle casse.

junk food

Rimanda il momento dell’abbuffata
Con il raggiungimento della consapevolezza sei anche in grado di capire quando l’onda della fame emotiva sta per arrivare ed è quello il momento in cui decidere di resistere alla tentazione. Come? Distrai il cervello. Per esempio, prima di cedere alle lusinghe della scatola di cioccolatini, cammina. Fai 500 passi, contandoli uno ad uno all’andata, poi altri 500 passi al ritorno, e constata qual è il livello della tua voglia. È ancora alta? Cammina per altri 500 passi, oppure fai una telefonata all’amica del cuore. È da considerare una vittoria anche il fatto di riuscire a ritardare di mezz’ora l’arrivo dell’onda: la prossima volta sarai più forte.

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Assapora ogni boccone
Il desiderio spasmodico di dolce ha preso il sopravvento? L’onda è arrivata, è stata riconosciuta, ritardata, ma alla fine ha avuto la meglio? Prova, allora, il gioco dei 60 secondi. Invece di trangugiare lo snack in pochi istanti, mettine in bocca un pezzetto e lascialo lì per un minuto, posizionandolo sotto la lingua, masticandolo, facendolo girare, ma senza deglutirlo. A poco a poco ti accorgerai che il gusto sublime, ricco di bliss point, ti piacerà sempre meno e alla fine potrebbe addirittura risultare stucchevole. Adottando questa tattica, oltre ad assaporare il cibo, si apprende che quella pralina, capace prima di far chiudere gli occhi dall’estasi di piacere ora, invece, li fa tenere aperti.

Le conseguenze del food craving sulla salute

Secondo una ricerca Censis del 2017, sono 1,9 milioni gli italiani che si definiscono fruitori abituali di junk food. Dato che s’incrocia con gli aumenti delle percentuali degli obesi: +4% negli ultimi quattro anni e delle persone in sovrappeso (+6%). Ma le conseguenze del food craving non riguardano solo la linea: crescono i rischi di patologie cardiovascolari e, come sottolinea lo psichiatra e nutrizionista Stefano Erzegovesi, ne risente anche la salute mentale. «Di solito le persone con una dipendenza da cibo giocattolo nascondono altri tipi di disagi, come stati di stress e di ansia, difficoltà nelle relazioni e nella gestione delle emozioni».

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