Alimentazione

Dal mare alla tavola: mangiare le meduse, con cautela

Potenziale fonte alimentare, poco caloriche, ricche di sali e proteine. In Asia sono cucinate da secoli, non in Occidente dove sono necessari controlli dei processi di conservazione.

Saltate in padella con i calamari, marinate in carpaccio oppure in un contrasto di sapori con la mozzarella di bufala: sempre più chef si stanno sbizzarrendo nell’ideare piatti creativi e originali a base di meduse, ingrediente all’ultimo grido nella cucina occidentale. E se i ristoranti le propongono nel menù, i bollettini dalle spiagge, al principio dell’estate, già parlano di boom nelle acque mediterranee, con impatto negativo sul turismo costiero. Siamo abituati a mantenere le distanze dalle meduse, tornando di corsa sul bagnasciuga ogni volta ne incontriamo un esemplare in mare per salvarci da dolorose punture. Perché, quindi, dovrebbe venirci in mente di mangiarle?

Semplici e composte prevalentemente di acqua (fino al 95 per cento), le meduse sono una potenziale fonte alimentare a basso contenuto calorico, prive di lipidi e ricche di sali minerali e proteine, tra cui il collagene in forma idrolizzata che ha riconosciute proprietà antiossidanti e antipertensive. «Alcune specie vivono in simbiosi con microalghe che arricchiscono i tessuti di acidi grassi omega-3 e omega-6 – spiega Antonella Leone, ricercatrice del Cnr-Istituto di scienze delle produzioni animali (Ispa) – Un certo numero di specie fanno parte della tradizione culinaria millenaria di Cina e Sud-est asiatico, sono per lo più rizostomee, tropicali e di grandi dimensioni, di cui esistono anche allevamenti. Alcune specie del Mediterraneo hanno caratteristiche simili, quindi sono potenzialmente commestibili, ma devono essere condotti degli studi per essere riconosciute come alimento». In Europa le norme in tema di sicurezza alimentare parlano chiaro: qualunque alimento che non sia stato ancora disciplinato rientra nei cosiddetti ‘novel food’ che, prima di arrivare sulla tavola da pranzo, devono essere verificati per sicurezza e non tossicità del prodotto, oltre che per i trattamenti di conservazione e per la sicurezza del prodotto finale. «Nei paesi asiatici le meduse pescate sono sottoposte a un lungo processo che prevede la disidratazione con sale d’allume, il cui utilizzo nel nostro continente deve sottostare ad alcuni controlli per legge – prosegue la ricercatrice –Alcune specie sono tossiche, come la Pelagia che è molto frequente a largo delle coste italiane: non possono essere consumate direttamente, ma potrebbero diventare commestibili dopo trattamento. E’ bene, però, essere cauti: sono in corso degli studi per validare la sicurezza di questi processi di conservazione.»

Gruppo San Donato

In attesa del via libera dell’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, alcuni nutrizionisti occidentali sottolineano le proprietà nutritive di questi abitanti del mare e che mangiarli, oggi, può avere un impatto anche sull’equilibrio dell’ambiente acquatico, messo a repentaglio proprio dall'intervento umano indiscriminato. Nel bacino del Mediterraneo, infatti, è la diminuzione di predatori naturali di meduse, come il tonno, ad innescare un effetto domino nella catena alimentare, con una proliferazione indisturbata delle popolazioni di meduse. Pare che l'unica soluzione (certamente non da tutti condivisibile) sia quella di mangiarle.

Cinzia Pozzi

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