Alimentazione

Colon irritabile: attenzione all’effetto nocebo

Uno studio canadese dimostra che molti disturbi intestinali attribuiti al glutine dipendono dall’effetto nocebo: non è il grano a far stare male, ma la paura che lo faccia

Negli ultimi anni il glutine è diventato uno dei principali imputati dei disturbi intestinali, anche tra le persone che non soffrono di celiachia. Chi ha il colon irritabile (IBS) spesso sceglie di eliminarlo per ridurre gonfiore, dolore o irregolarità intestinale. Ma secondo una nuova ricerca canadese pubblicata su The Lancet Gastroenterology & Hepatology, in molti casi i sintomi dipendono dall’effetto nocebo: non dal glutine, ma dalla convinzione che faccia male.

Effetto nocebo: quando la paura del glutine scatena i sintomi

L’effetto nocebo è il rovescio della medaglia dell’effetto placebo. Si tratta di una risposta psicosomatica in cui la sola convinzione che un alimento sia dannoso può generare o amplificare i sintomi, anche in assenza di una reale intolleranza.

Per distinguere tra una reazione fisiologica e una risposta psicologica serve una diagnosi differenziale accurata. Occorre escludere patologie organiche e intolleranze documentate, come la celiachia o l’intolleranza al lattosio, utilizzando test validati.

Quando si sospetta una sensibilità al glutine non celiaca, o si ipotizzano reazioni a FODMAP (carboidrati fermentabili), il protocollo corretto prevede un’esclusione temporanea, un diario alimentare e la reintroduzione graduale dei singoli gruppi alimentari per identificare le vere cause dei sintomi.

Colon irritabile: una sindrome reale con cause complesse

La sindrome dell’intestino irritabile colpisce circa il 10% della popolazione italiana. Pur non essendo una malattia organica, provoca dolore addominale, gonfiore, diarrea o stitichezza alternata, compromettendo la qualità della vita.
Molti pazienti eliminano il glutine in autonomia, ma in assenza di celiachia o sensibilità documentata, i sintomi spesso migliorano anche senza rinunciare completamente al glutine.

Per alleviare il disagio intestinale la specialista consiglia alcune strategie pratiche:

  • fare pasti piccoli e frequenti,
  • evitare eccessi di grassi, zuccheri e alcol,
  • masticare lentamente,
  • non saltare i pasti.

Meglio scegliere cereali a bassa fermentazione come quinoa, miglio, grano saraceno e amaranto, abbinandoli a proteine magre e verdure ben tollerate. Questo riduce la fermentazione intestinale senza impoverire la dieta.

Lo studio canadese: i sintomi del glutine erano solo nella mente

Il trial clinico condotto dalla McMaster University (Ontario) ha coinvolto pazienti con colon irritabile convinti di stare meglio eliminando il glutine. Dopo tre settimane di dieta gluten-free, i partecipanti hanno assunto barrette identiche, alcune contenenti glutine e altre no, in tre cicli di sette giorni ciascuno.

Il risultato? Nessuna differenza significativa nei sintomi tra le due barrette.
L’effetto nocebo era evidente: molti partecipanti hanno continuato ad accusare disturbi anche quando assumevano barrette senza glutine, mentre altri hanno rifiutato di partecipare ai test per paura di sentirsi male.

Dopo sei mesi, gran parte dei volontari non ha reintrodotto il glutine nella dieta, a conferma di quanto i pregiudizi e la disinformazione alimentare possano condizionare la percezione del proprio benessere.

Attenzione ai rischi delle diete di esclusione

Eliminare alimenti senza una vera necessità può avere conseguenze nutrizionali e psicologiche.
Ridurre o eliminare glutine, lattosio o legumi senza guida medica può portare a carenze di fibre, ferro, vitamine del gruppo B e calcio. Inoltre, seguire diete troppo restrittive può aumentare il rischio di ortoressia o disturbi alimentari, come dimostrano diversi studi internazionali.

Per una dieta equilibrata è meglio affidarsi a un nutrizionista, scegliendo alimenti naturalmente privi di glutine e ricchi di nutrienti, come quinoa, riso integrale, grano saraceno e legumi decorticati (se tollerati).
Abbinare questi alimenti a frutta e verdura a basso contenuto di FODMAP aiuta a mantenere un microbiota intestinale sano e a sostenere l’equilibrio nutrizionale.

Quando eliminare alimenti ha davvero senso

Escluse celiachia, intolleranze e allergie, si può ricorrere al protocollo Low FODMAPs, riconosciuto dalle linee guida internazionali. Il metodo si articola in tre fasi:

  1. Riduzione dei FODMAPs per 3-6 settimane,
  2. Reintroduzione graduale di ciascuna categoria (fruttosio, lattosio, fruttani, GOS, polioli),
  3. Identificazione dei veri responsabili dei sintomi.

Questo approccio consente di ottenere una dieta personalizzata e sostenibile, evitando esclusioni arbitrarie e inutili restrizioni.

Glutine e salute intestinale: la chiave è la personalizzazione

Il messaggio dello studio canadese e delle ricerche più recenti è chiaro: il glutine non è il nemico universale dell’intestino.
In molti casi, i sintomi attribuiti al grano dipendono più dalla mente che dall’alimento.
Riconoscere l’effetto nocebo e affidarsi a professionisti della nutrizione permette di recuperare un rapporto sereno con il cibo, proteggendo intestino e benessere psicologico.

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Francesco Bianco

Giornalista professionista dal 1997, ha lavorato per il sito del Corriere della Sera e di Oggi, ha fatto interviste per Mtv e attualmente conduce un programma di attualità tutte le mattine su Radio LatteMiele, dopo aver trascorso quattro anni nella redazione di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore. Nel 2012 ha vinto il premio Cronista dell'Anno dell'Unione Cronisti Italiani per un servizio sulle difficoltà dell'immigrazione. Nel 2017 ha ricevuto il premio Redattore del Gusto per i suoi articoli sull'alimentazione.
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