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Claustrofobia, come si cura

E' la paura di luoghi chiusi e angusti che trasmettono a chi ne soffre un senso di mancanza d’aria e di spazio. L'esperto di OK Francesco Saverio Ruggiero spiega come curarla

La claustrofobia è la paura di luoghi chiusi e angusti che trasmettono a chi ne soffre un senso di mancanza d’aria e di spazio. Appartiene alla categoria delle fobie specifiche, vale a dire caratterizzate da un timore irragionevole in caso di esposizione a un determinato oggetto, luogo o situazione, e dalla conseguente tendenza a evitarli drasticamente. Chi ne soffre è pienamente consapevole dell’irrazionalità della sua paura ma non riesce a dominarla, traendone così un disagio molto profondo. Francesco Saverio Ruggiero, psichiatra e psicoterapeuta presso la Asl di Avellino, spiega come affrontarla (puoi chiedergli un consulto qui).

SINTOMI. I principali, proprio come accade a Tiberio Timperi, consistono nella sudorazione profusa, tachicardia, agitazione, sensazione che possa accadere qualcosa di spiacevole, senso di soffocamento e di svenimento, se non addirittura di morte imminente. Spesso questi sintomi sono accompagnati dal profondo timore di fare una brutta figura, di destare preoccupazione negli altri, di essere giudicati negativamente.

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CAUSA. Può avere origine da una situazione che può aver provocato una reazione ansiosa, come ad esempio essere rimasti bloccati in ascensore per lungo tempo. Ma se in quella circostanza la paura può essere stata legittima, la sua eccessiva durata nel tempo, e soprattutto l’evitamento continuo di situazioni analoghe, diventa una patologia. La causa dell’eccessiva paura non va ricercata tanto nel fattore stressante in sé, quanto nella reazione provocata dal cervello attraverso la distribuzione dei neuromediatori, creando in tal modo una reazione a catena che porta all’insorgenza dei sintomi.

LA PSICOTERAPIA. Si basa su diversi approcci psicoterapeutici: tra tutti, la psicoterapia cognitivo-comportamentale è quella che è risultata avere una maggiore efficacia nel tempo.

I FARMACI. Il trattamento farmacologico prevede l’utilizzo di tre classi di farmaci principali.
* Gli antidepressivi costituiscono la terapia standard più efficace in quanto non creano dipendenza ed assuefazione e migliorano la sintomatologia in modo efficace e duraturo; un trattamento mantenuto per lunghi periodi garantisce una minore possibilità di ricadute sintomatologiche.
* Le benzodiazepine vanno assunte secondo una regolare prescrizione dello specialista, piuttosto che in dosaggi estemporanei non terapeutici, come nel caso di Timperi, che riducono certamente il sintomo momentaneo, ma creano una dipendenza psicologica senza risolvere il problema clinico.
* I betabloccanti sono utilizzati in percentuale inferiore rispetto alle altre classi di farmaci.

LA TERAPIA combinata/integrata. Comporta l’utilizzo contemporaneo di psicoterapia e farmaci. È indicata durante le fasi iniziali per consentire un miglioramento immediato della sintomatologia, oppure nel corso di una psicoterapia iniziata precedentemente nel caso in cui i sintomi divengano disfunzionali e non controllabili.

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