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Quanti errori, Dottor Google!

L'autodiagnosi su Internet rischia di farci diventare “cybercondriaci”

Siete anche voi pazienti del dottor Google? Appena avete uno strano sintomo vi precipitate al computer per cercare sul motore di ricerca la vostra diagnosi? State molto attenti: potreste finire con l’ammalarvi di “cybercondria”, la versione 2.0 dell’ipocondria. Niente di avvincente o affascinante: il rischio è di preoccuparsi per nulla, facendosi del male più che del bene. E’ quanto dimostra una ricerca condotta dall’italiano Guido Zuccon, ingegnere informatico del Politecnico del Queensland in Australia, in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche australiano (CSIRO) e l’Università di Vienna. I risultati sono stati presentati in Austria in occasione della European Conference on Information Retrieval.

L’ambulatorio virtuale di Dottor Google è sempre molto affollato, se è vero che tra i 100 miliardi di ricerche fatte ogni mese, 1 su 20 riguarda problemi di salute. «Molto spesso le persone si rivolgono al “Dottor Google” per autodiagnosticarsi le malattie – spiega Zuccon – ma i nostri dati dimostrano che solo 5 dei primi 10 risultati mostrati dal motore di ricerca hanno a che fare con la malattia in questione, e solo 3 sono davvero utili per fare l’autodiagnosi».

Gruppo San Donato

Per svelare le falle dei motori di ricerca come Google e Bing in materia di salute, i ricercatori hanno mostrato a dei volontari alcune immagini realtive a malattie come l’alopecia, la psoriasi e l’itterizia, chiedendo loro quali parole chiave avrebbero usato per fare la diagnosi sul web.

«Siccome solo 3 dei primi 10 risultati ottenuti sono davvero utili – spiega Zuccon – le persone che si trovano di fronte ad una diagnosi incerta solitamente continuano a cercare, oppure finiscono con il leggere informazioni scorrette e potenzialmente pericolose. Così si parte cercando i sintomi di un mal di testa da sinusite e si finisce col credere di avere una grave malattia al cervello».

«Questo è dovuto al meccanismo intrinseco con cui funzionano i motori di ricerca», afferma Zuccon. «Le pagine relative al tumore del cervello, ad esempio, sono più popolari di quelle sul raffleddore: così gli utenti sono dirottati su questi risultati».

Meglio dunque lasciar fare le diagnosi ai medici veri, in carne ed ossa. A dottor Google si può ricorrere quando si tratta di cercare informazioni su malattie di cui si conosce già il nome: «in questo caso i motori di ricerca sono molto efficienti», spiegano i ricercatori.

Nel frattempo, Zuccon e il suo gruppo si stanno già muovendo per “istruire” meglio questi dottori virtuali: «stiamo sviluppando dei meccanismi per promuovere le pagine che risultano più utili», spiega l’ingegnere informatico. «Insieme al CSIRO abbaimo già messo a punto degli algoritmi che riprendono le pagine più apprezzate dagli utenti per la loro chiarezza, riuscendo comunque a mantenere la rilevanza e la correttezza dell’informazione medica presentata».

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