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I consigli di Veronesi per una vita lunga, sana e bella

Il garante scientifico di OK ti svela i segreti della longevità. I suoi segreti per vivere bene e a lungo

Essere longevi significa vivere a lungo. La longevità è insieme desiderio e timore: il desiderio è insito nell’uomo, soprattutto se riguarda una vagheggiata immortalità (essere longevi equivale a sentirsi quasi eterni, e ogni anno in più favorisce il sogno dell’invulnerabilità), il timore riguarda le modalità dell’invecchiamento.

Vogliamo essere longevi purché questo implichi uno stato di benessere globale e la salute della mente e del corpo. Invecchiare, quindi, ma invecchiare bene. Il dubbio che ciascuno si pone quando si riflette sulla longevità è dunque in quali condizioni si possano raggiungere età come novanta o cento anni.

Gruppo San Donato

Si tratta, in effetti, di età che una volta era impensabile raggiungere: intorno al 1850 l’aspettativa di vita alla nascita (quanti anni è probabile che si viva nel momento in cui si viene al mondo) ha iniziato a crescere soprattutto nei Paesi a maggiore sviluppo tecnologico e industriale e, nel corso degli ultimi 150 anni, si è assistito a un prolungamento rilevante della lunghezza della vita.

Vaccini, antibiotici, migliori condizioni igieniche e sanitarie, la bonifica delle acque, cure più efficaci (chirurgia, per esempio, e trapianti di organi oppure terapie antitumorali con un aumento importante del tasso di guarigione) sono stati decisivi. Anche la mortalità neonatale è diminuita, quindi il beneficio non riguarda solo la durata della vita adulta ma le possibilità di vita alla nascita.

Una bambina che nasce oggi ha una probabilità di vita di 102 anni! L’aumento progressivo della durata della vita è tra i fenomeni più importanti della nostra epoca, la prima ragione è la scomparsa di tante malattie.

Altro fattore determinante è il miglioramento delle condizioni di vita, non solo sociali, ambientali ed economiche ma anche per la presenza di cibo migliore e in quantità sufficiente (cento anni fa da noi la gente moriva per denutrizione, e purtroppo succede ancora in troppe parti del mondo). In anni più recenti, quando il cibo non è stato più un problema in termini quantitativi, abbiamo scoperto che lo stile di vita ha un effetto sulla sopravvivenza. C’è stata quindi un’evoluzione ulteriore: si è capito che se le condizioni di base per la sopravvivenza sono garantite è possibile aggiustare il comportamento personale per vivere di più e meglio. (…)

Come affrontiamo l’invecchiamento? Cosa facciamo per aiutare corpo e psiche a essere sani e in forma? La risposta a queste domande si basa su elementi oggettivi, cioè i risultati degli studi scientifici, ma anche su una dose di soggettività che può influenzare i risultati in termini di salute: il Dna, si sa, interagisce con l’ambiente e con il comportamento quindi affrontare al meglio l’invecchiamento è anche questione di scelta.

Primo segreto: accetta gli anni che passano, sperimenta un approccio orientale verso i cambiamenti. La reazione agli anni che passano è un fattore importante della longevità. Possiamo accettare ciò che capita oppure no. Gli eventi, positivi o negativi, possono colpirci ed essere affrontati con una sostanziale accettazione oppure essere rimossi, rifiutati, ci si può lottare contro. Rimangono veri lo stesso, ma non vogliamo notarli.

Un esempio è l’atteggiamento delle donne quando arrivano alla menopausa, la fase fisiologica in cui gli ormoni sessuali cambiano raggiungendo un differente equilibrio. All’inizio del Novecento era considerata una tappa inevitabile: certo, c’erano le rughe e il fastidio delle vampate di calore, ma cosa si poteva fare? Niente, se non accettare e adeguarsi, cioè non lasciarsi abbattere e andare avanti.

Oggi invece la menopausa è vista quasi come una malattia. Se c’è qualcosa che riesce a rendere pessima la qualità della vita è l’eccessiva medicalizzazione della normalità. Senza togliere alcunché alle difficoltà femminili in un periodo delicatissimo, la menopausa non è una malattia! È un passaggio, un cambiamento e come tale andrebbe vissuto. Oltretutto esistono rimedi utili che alleviano i sintomi e aiutano a combattere alcune conseguenze negative dell’invecchiamento: la somministrazione di ormoni sotto controllo medico a donne sane è uno di questi possibili rimedi.

Ai cambiamenti si reagisce e si possono trovare spunti di maturazione, di riflessione, di bellezza! (…) Si sta male quando si rifiuta l’idea e si vuole restare attaccati alla propria immagine di prima. Ci si sente peggio perché non si vuole affrontare la realtà. Se invece si accettasse il cambiamento si troverebbero soluzioni e meccanismi di adattamento positivo. Accettare e adeguarsi è l’atteggiamento psicologico più utile ogni volta che qualcosa cambia. Non è un caso che tra le reazioni patologiche, cioè non positive, al lutto e ai traumi vi siano la rimozione e la negazione: rimuovere o negare non aiuta. Invecchiare ci mette di fronte a cambiamenti fisici, energetici, mentali (non alludo a malattie, ma a un’evoluzione che riguarda anche il carattere della persona): gli anni portano esperienze e alterazioni che, se vogliamo invecchiare bene, vanno accettate e non combattute o addirittura negate e rimosse.

Se la carta di identità ci rivela che abbiamo più di 75 anni e insistiamo nell’affermare a denti stretti «non è vero, non è vero», evitiamo di adattare il nostro stile di vita a ciò che il corpo richiederebbe. E perdiamo opportunità preziose.
Leggevo, di recente, un manuale molto gradevole sull’invecchiamento affrontato con alcuni suggerimenti taoisti: meditazioni, esercizi, massaggi. È l’approccio orientale: inutile drammatizzare, molto meglio tenere allenati corpo e mente e non sentirsi fuori dalla società.

Cerco di insegnare a chi ho intorno che ogni esperienza ha una propria età, o, se preferite, ogni età ha un contegno proprio. Intendo dire che ciò che a venti anni è gioioso e bello non può essere adatto a chi ha cinquanta o sessanta anni, non fosse altro che per caratteristiche fisiche; se poi ci concentriamo sull’utilità di avere una mente adulta, consapevole e pronta ad affrontare positivamente gli eventi comprendiamo che vale ancora di più quanto ho appena detto.

Venti anni non sono cinquanta, e non è detto che sia sempre meglio avere i venti piuttosto che i cinquanta. Quante insicurezze si hanno da giovani e non ci sono più nella maturità? Quante passioni si vivono in pienezza solo dopo avere raggiunto l’età adulta? Chi di noi scambierebbe sul serio le certezze, la cultura accumulata, le relazioni e le gratificazioni intellettuali o gli hobby con il proprio sé ventenne guadagnando prestanza fisica ma perdendo il tesoro prezioso costruito con pazienza e sacrifici? Rispettare la propria età significa onorarla, anche se la società occidentale è disabituata a onorare gli anziani. (…)

Accettare e adeguarsi senza svilirsi o rinunciare è la base per vivere. Qualunque sia il momento della vita di chi legge queste pagine, mi auguro che sia affrontato con la voglia di conoscerne i dettagli, i fattori positivi, i segreti meravigliosi ancora da scoprire.

Cammina ogni giorno, vai su e giù per le scale, usa le braccia per portare piccoli carichi. Uno degli elementi importanti per mantenersi in salute è l’attività fisica (…). Il corpo che invecchia produce meno energia, ha meno scatto e resistenza, tuttavia non perde la possibilità di muoversi (stiamo parlando del corpo sano, cioè senza disabilità legate a malattie o infortuni).

Dovrebbe continuare a farlo, resistere alla tentazione della pigrizia e dell’inattività e non rinunciare. Muoversi è importante. Naturalmente ogni età ha esercizi fisici appropriati. Per fortuna l’offerta di corsi e allenamenti è ormai varia e, per fortuna ancora maggiore, non è strettamente necessario rivolgersi a una palestra per mantenere l’abitudine a camminare, salire e scendere le scale a piedi, usare le braccia per portare carichi leggeri o moderati.

In particolare, uno degli esercizi migliori è camminare. L’andatura costante e regolare per almeno venti minuti ogni giorno, cioè una passeggiata normale, protegge il cuore e riduce il rischio di sviluppare alcuni tumori. E i polmoni, anche loro stanno meglio perché la respirazione resta ampia e efficace. Alcuni studi su gruppi di longevi (centenari) hanno visto che un carico intermedio, cioè non pesante o pericoloso ma nemmeno troppo leggero, di movimento quotidiano è utile per vivere a lungo in pieno benessere. (…)

Non smettere mai di amare, con il tuo cuore e con il tuo corpo. Amare è il bisogno primario. Desiderare e avere curiosità sono inscindibili dal nostro esistere. Il desiderio sessuale può avere modificazioni dovute a livelli ormonali differenti e a esperienze che ne plasmano alcuni aspetti, tuttavia non è destinato a scemare con l’età. È impossibile che accada, soprattutto nell’uomo, mentre nella donna il desiderio cambia spesso le sue caratteristiche e richiede adattamenti più profondi nella vita di relazione. Cambia, quindi, ma non scompare.

Bisogna avere la capacità di intuirne la presenza anche quando se ne percepisce una (falsa) assenza a causa delle assurde pressioni della società che vorrebbe gli anziani privi di piaceri e pulsioni sessuali. Gli aspetti psicologici della sessualità sono tanti e forse ovvi e non devono fare dimenticare i benefici nei confronti del corpo fisico.

Durante i rapporti sessuali i movimenti sono completi e aerobici, coinvolgono tutti i distretti muscolari e gli apparati interni dell’organismo, e certo non si può dire che questo genere di esercizio costi fatica o sia noioso o spiacevole. In più, gli ormoni e i neurotrasmettitori, cioè sostanze importanti per la vivacità, sono stimolati dal vigore sessuale: umore più alto, interesse per la vita, voglia di scoprire, di agire, di interessarsi al mondo.

Un errore incomprensibile alle età più avanzate è rinunciare all’attività sessuale. In realtà non ne esiste la ragione, sia perché il corpo è programmato per funzionare sessualmente fino alla morte, sia perché le eventuali difficoltà possono essere discusse con i medici e risolte con diversi tipi di cura. Il sesso è la forma più normale e comune di attività fisica che ci coinvolga nel corso della vita, con ripercussioni positive su tutti gli aspetti di noi: davvero non c’è ragione per rinunciarvi, anche perché farlo significa mutilare la propria voglia di godere in pieno dell’esistenza. E perdere questa voglia implica buttare via una parte notevole dell’interesse nella longevità. Come si fa a pensare di perdere il desiderio?

Mangia tanta frutta e verdura, brinda con un calice di vino rosso. Chi mangia poco e bene vive di più. Mangiare poco non significa privarsi del necessario: l’allungamento più significativo della vita si è avuto storicamente nei Paesi in cui le condizioni igienico-sanitarie sono migliorate e la fame è stata debellata. Nei Paesi che ancora soffrono fame e sete la mortalità è tremenda e la longevità ancora un miraggio. Nella società industrializzata si esagera con il cibo e spesso si adottano trucchetti che non sono altro che la scusa per abusare illudendosi di praticare scelte corrette. Pensiamo di mangiare meglio, secondo i dettami della scienza, ma non controlliamo la quantità e in realtà sovraccarichiamo il corpo, e non è una buona idea.

La prima regola dovrebbe essere ridurre gli alimenti che ingeriamo ogni giorno. Non abbiamo bisogno di tanto cibo, non ci dà granché dal punto di vista della salute e appesantisce il funzionamento di organi e apparati. Dobbiamo renderci conto che siamo costituiti da reazioni chimiche, ma anche dalle regole della meccanica e della fisica: capienza, capacità, velocità o lentezza.

Il cuore deve pompare il sangue nella circolazione, i polmoni scambiano ossigeno e anidride carbonica (e sostanze di scarto che residuano dai processi interni), i reni devono filtrare ciò che viaggia nel sangue per eliminare attraverso le urine gli elementi inutili: un sovraccarico ne aumenta il ritmo di lavoro e a lungo andare è dannoso. Per non parlare del fegato, una specie di centrale operativa del metabolismo: zuccheri, grassi, proteine passano da lì e trovano la via più adeguata per l’equilibrio. Se attraverso questa centrale operativa facciamo passare quantità eccessive di sostanze costringiamo le cellule ad andare oltre le proprie possibilità.

Negli anni il superlavoro crea usura e l’esaurimento della capacità di rigenerazione cellulare. Inoltre è logico immaginare che un consumo eccessivo di cibo esponga al rischio di ingerire veleni, in particolare cancerogeni: possiamo operare scelte intelligenti e sagge, ma non saremo mai in grado di controllare la provenienza di ogni grammo di alimento, quindi ridurre la quantità significa avere una probabilità inferiore di mandare giù sostanze pericolose.

Nella mia famiglia e all’interno del mio staff sono definito «il digiunatore» perché arrivo a sera con un caffè macchiato, qualche volta una spremuta fresca di agrumi e uno yogurt. Resisto volentieri e senza sforzo alle tentazioni di chi vorrebbe offrirmi un dolce, un pasto, un aperitivo perché credo che la priorità sia rispettare il mio corpo. Posso socializzare bene e con grande soddisfazione anche senza mangiare, nonostante questo crei ancora stupore dopo anni di scelte alimentari improntate alla più assoluta sobrietà. (…)

Quantità, ma anche qualità. Circa il 50% delle malattie più gravi e frequenti (anche tumorali) trova una genesi nel cattivo comportamento personale, che di solito è la scelta sbagliata di ciò che si mangia o si beve. Non è un segreto che io sia vegetariano e sia convinto della mia scelta non solo dal punto di vista filosofico, ma anche come procedura di salute e longevità. (…)

La carne, soprattutto se rossa, stimola la proliferazione delle cellule malate in alcuni tumori e aumenta il rischio generale di malattia cardiovascolare e tumorale: ciò implica che chi mangia carne abbia un rischio maggiore di ammalarsi di tumore e malattia cardiologica rispetto ai vegetariani, che, in ogni caso, sembra vivano alcuni anni di più rispetto ai carnivori. Gli alimenti di origine vegetale hanno una funzione protettiva, per esempio contro l’azione dei radicali liberi. (…)

Frutta e verdura sono poverissime di grassi e ricche di fibre, e oltretutto agevolano il transito del cibo nel canale alimentare, quindi riducono il tempo di contatto degli eventuali cancerogeni con la parete intestinale. I vegetali poi, oltre a contaminarci molto meno rispetto agli altri alimenti, sono ricchi di vitamine, antiossidanti e inibitori della cancerogenesi (come i flavonoidi e gli isoflavoni), che neutralizzano gli agenti cancerogeni, ne diluiscono la formazione e riducono la proliferazione delle cellule malate.

Le indicazioni alimentari classiche della comunità scientifica per la prevenzione dei tumori sottolineano l’opportunità di consumare almeno cinque porzioni di verdura e frutta ogni giorno, riducendo al minimo la carne ed eliminando i superalcolici. Il vino rosso contiene sostanze antiossidanti (il resveratrolo) che hanno dimostrato un’efficacia nella protezione contro i radicali liberi, quindi quantità moderate di vino rosso sono raccomandabili. Certo, questa raccomandazione non deve essere un lasciapassare per gli eccessi di consumo di vino: il fegato è un organo delicato e sensibile ai danni da alcool, e nel tempo può sviluppare un’alterazione pericolosissima fino alla cirrosi, malattia che può portare alla perdita della funzione del fegato e al cancro. (…)

Il più forte motore dell’esistenza? Essere curiosi, sempre. Ho la sensazione di avere lasciato per ultimo il più forte motore per la longevità. L’interazione tra mente e corpo è intensa e profonda. E complessa, anche. Che nel cervello esista una piccola componente di invecchiamento è vero, ma è variabile e non sempre si esprime nelle funzioni della persona (tante alterazioni sono «mute», cioè non provocano conseguenze).

È altrettanto vero che è un organo plastico, plasmabile, pronto a immagazzinare esperienza ed evoluzione appena gliene forniamo l’opportunità. È un compagno di vita interessantissimo perché non resta lo stesso nello svolgersi dei minuti, delle ore, dei giorni. Il cervello tiene su il corpo, invia ordini e riceve messaggi; osserva e impara, sempre.

La mente immagazzina dati ed emozioni, è la più forma più bella e completa di evoluzione che sia dato di conoscere; è capace di veri e propri miracoli, contrasta le menomazioni che conseguono a incidenti e malattie e riesce a influenzare il destino anche contro i normali meccanismi degli organi che consideriamo vitali come fegato, cuore, polmoni. Sa modificare il carattere della persona, creare e distruggere abitudini, preferenze, passioni, regalare il desiderio e il piacere. Si innamora, prefigura scenari e storie, dà origine all’idea per ogni opera d’arte. È curiosa, e questo è forse il suo merito maggiore.

Vive a lungo chi vuole farlo. Questa verità vale per le persone sane, e allora vivere a lungo può significare il raggiungimento dei cento anni di età e oltre, ma vale anche per chi è malato e la sopravvivenza maggiore può essere una questione di mesi o anni in più. La base è la voglia di esistere, una forma di curiosità. Nella mia lunga carriera di medico e ricercatore ho visto decine di migliaia di persone, non solo nel contesto drammatico e difficile della malattia: ho viaggiato, incontrato culture e nazionalità differenti, ho avuto il privilegio di assumere cariche che mi hanno costretto a mettermi in discussione e trovare terreni comunicativi adatti con popoli la cui cultura era distante dalla mia.

Ho affrontato sempre la vita con la voglia di vedere cosa sarebbe successo dopo. Una domanda che non ha mai abbandonato il mio cervello, per esempio, è «perché?». Perché accadono le cose, perché siamo fatti in un modo e non in un altro, perché percepiamo i colori e la luce, perché le cellule a un certo punto impazziscono e alcune si riescono a fermare e altre no, perché l’uomo ha il bisogno di cercare Dio? Perché, perché, perché. Ma anche dove, e come, e quando. Domande, e curiosità.

Ciò che i longevi hanno è la voglia di guardare oltre. Avere almeno un interesse è una cura efficace per la depressione, per la perdita di stimoli. Accade nella malattia o dopo un trauma, accade nella vecchiaia. Niente è peggio di scoprire che non si prova più interesse. Certo, esistono piani di interesse diversi: l’amore, per esempio, è il migliore motivo per essere attaccati alla vita. L’amore per le persone, per una causa, per gli animali, per un hobby, per un’attività che, da sola, riempie la fantasia.

Quando si ama qualcuno o qualcosa non si ha voglia di lasciare l’oggetto dell’amore e si lotta contro l’invecchiamento e contro la malattia con ogni forza. (…) La longevità è un patrimonio. Qualunque sia la vostra convinzione su ciò che accade dopo la morte, è inutile e sciocco sottovalutare il periodo che trascorriamo in questa vita.
Il testo di Umberto Veronesi è tratto dal libro Longevità, a cura di Maria Giovanna Luini , appena edito da Bollati Boringhieri.

Umberto Veronesi (1925-2016)
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