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Sale: ecco dove si “nasconde” e i consigli per ridurne il consumo

La guida completa sul perché sia così importante ridurre il sale nella nostra alimentazione e i consigli degli esperti per farlo

Uno studio dell’Università di Napoli Federico II e dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha valutato il consumo medio giornaliero di sale e potassio pro-capite. È stato coinvolto un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta. Tra loro anche persone ipertese e bambini e adolescenti tra i 6 e i 18 anni. I ricercatori hanno tratto conclusioni piuttosto allarmanti. Considerando che non bisognerebbe superare i 5 grammi al giorno, il consumo medio giornaliero di sale è risultato circa il doppio. Gli uomini ne consumano 10,6 grammi e le donne 8,2 grammi.

Il consumo medio giornaliero di sale negli ipertesi è risultato pari a 10,1 grammi tra gli uomini e 8,1 grammi tra le donne. Anche la popolazione pediatrica assume troppo sale. 7,4 grammi al giorno i ragazzi e 6,7 grammi le ragazze. Il 93% dei ragazzi e l’89% delle ragazze ha un consumo superiore al valore consigliato per età. Lo scopo dell’Oms è raggiungere, entro il 2025, una riduzione dei consumi di sale a livello mondiale pari al 30 per cento.

Gruppo San Donato

Quanto sale bisogna consumare?

Mediamente il consumo pro-capite è stimato pari a circa 10 grammi giornalieri. È il doppio del valore massimo raccomandato da tutte le organizzazioni mondiali della sanità. «Gli adulti, infatti, non dovrebbero mai superare i 5 grammi di sale al giorno». Pasquale Strazzullo è Presidente SINU e Professore ordinario di Medicina Interna all’Università Federico II di Napoli. «Non solo. In questa quantità consigliata dai medici sono già compresi i 3 o 4 grammi che si celano nei cibi che compriamo al supermercato. Quindi dobbiamo porre attenzione non solo alle dosi di sale aggiunto con i cosiddetti “pizzichi”».

Secondo i LARN 2014, l’assunzione massima di sale varia in base alle fasce d’età:

  • Dagli 1 a 3 anni: 2,2 g/giorno
  • Da 4 a 6 anni: 3,0 g/giorno
  • Tra i 7 e i 10 anni: 3,7 g/giorno
  • Più di 10 anni: 5,0 g/giorno
  • Dai 60 anni: 4,0 g/giorno

Attenzione al sale nascosto

Il 75% del consumo di sale proviene dai prodotti confezionati che acquistiamo. «Si tratta del cosiddetto sale nascosto, che si annida anche nei prodotti più insospettabili. L’esempio tipico è il pane, che contiene circa 2 grammi di sale per 100 grammi (più o meno 2 fette) e che consumiamo in quantità abbondanti».

Ma quali sono gli alimenti più ricchi di sale?

«Gli alimenti più ricchi di sale occulto, da consumare con moderazione, sono quelli trasformati, come il pane, i cereali, i salumi e i formaggi». «È necessario prestare particolare attenzione quando si pranza fuori casa. Spesso si incappa in piatti industriali, sughi già pronti e cibi in scatola che sono estremamente salati anche se questo non sempre è percepito dal nostro palato».

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Fonte: Banca Dati di Composizione degli Alimenti per Studi Epidemiologici in Italia a cura di Gnagnarella P, Salvini S, Parpinel M. Versione 1.2008

Rischi legati all’abuso di sale

Riducendo gradualmente il consumo di sale si migliora la sensibilità gustativa, ci si abitua a un gusto meno intenso, recuperando il sapore naturale dei cibi e ovviamente si riducono i rischi legati all’abuso di sale.

«Il problema maggiore è quello di un danno vascolare progressivo. Il sale, nel corso degli anni, comporta un deterioramento della parete delle arterie. Questo processo inizia fin da subito, cioè già dall’infanzia». «Gli effetti si possono presentare sotto forma di un aumento della pressione arteriosa più o meno precocemente a seconda della maggiore o minore predisposizione individuale. Un eccesso di sale nella dieta comporta anche una perdita di calcio con le urine e quindi maggiori rischi di calcolosi renale e di osteoporosi, con maggiore fragilità ossea e rischio di fratture».

Regole per ridurre il sale

Per iniziare a ridurre la quantità di sale dalla nostra dieta, è possibile seguire alcune semplici regole, promosse dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) e dal suo Gruppo di Lavoro Meno Sale Più Salute.

  • Quando fai la spesa, acquista alimenti poco salati: controlla sempre le etichette, anche delle acque minerali.

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  • Quando sono disponibili, scegli prodotti a basso contenuto di sale. Il pane, per esempio, non manca mai sulla nostra tavola ma è uno degli alimenti più ricchi di sale. Come comportarci in questo caso? Chiedete al vostro panettiere una tipologia di pane poco salata.
  • Riscopri il piacere di una buona cucina e riduci il consumo di piatti industriali precotti, sughi già pronti o cibi in scatola che sono estremamente salati anche se questo non sempre è percepito dal nostro palato.
  • Limita l’uso di condimenti contenenti sodio, come ad esempio il dado da brodo, il ketchup, la salsa di soia e la senape.
  • Aggiungi meno sale quando prepari i tuoi piatti preferiti. Pasta e riso, infatti, possono essere cotti in acqua poco salata; bistecche, pesce, pollo, verdure o patate (anche fritte) possono essere preparati e cucinati con meno sale o addirittura senza.
  • Le erbe aromatiche fresche, le spezie, il limone o l’aceto sono una valida alternativa al sale da cucina per insaporire i tuoi piatti.
  • A tavola, metti solo olio extravergine d’oliva e aceto, anche balsamico: sarà più facile non aggiungere sale ai piatti già cucinati.
  • Non aggiungere sale nelle pappe dei tuoi bambini almeno per tutto il primo anno di vita e abituali ad apprezzare cibi poco salati. Il sale, infatti, comporta dei danni alle pareti delle arterie e questo processo si avvia già durante l’infanzia.

Gli altri trucchi per diminuire il sale

  • Latte e yogurt sono una buona fonte di calcio con pochissimo sale. Preferisci i formaggi freschi a quelli stagionati: questi ultimi sono molto più salati.
  • Se pranzate spesso fuori casa dovete prestare particolare attenzione ai piatti industriali precotti e ai sughi pronti. Meglio puntare su un panino farcito con alimenti a basso contenuto di sale, come verdure e formaggio fresco.
  • Durante gli spuntini di metà mattina o pomeriggio, meglio optare per frutta o spremute, che sono un’ottima alternativa agli snack confezionati e salati.
  • Nell’attività sportiva leggera (come, ad esempio, il jogging) è bene reintegrare con la “semplice” acqua i liquidi perduti attraverso la sudorazione.
  • Se proprio non potete farne a meno, via libera a un “pizzico” di sale purché sia iodato, indispensabile per mantenere in salute la vostra tiroide.

Mangiare salato crea dipendenza

L’abitudine a mangiare salato genera una forma di dipendenza. Il nostro cervello può desiderare sale anche se il nostro corpo non ne ha bisogno: la scoperta arriva da un team di scienziati del Florey Institute di Melbourne, che hanno identificato l’area del cervello in cui ha origine la voglia di salato e il meccanismo che la fa scattare. Si tratta dell’area legata al sistema oppioide, la stessa quindi correlata al senso di soddisfazione e compiacimento che si prova mentre facciamo sesso, mangiamo cibi che ci piacciono molto e facciamo attività fisica. A trasmetterci questo piacere sono dei neurotrasmettitori naturali che operano un’azione simile a quella della morfina.

Lo studio

Per arrivare al loro risultato gli esperti australiani hanno messo in atto modelli di gratificazione e di privazione da sale, rendendosi conto come il primo processo – cioè quello di gratificazione – coinvolge proprio il rilascio di oppioidi endogeni. Questa gratificazione aumenta se si è anche dipendenti da oppiacei, svelando una connessione tra atteggiamenti istintivi e dipendenza. Usando invece naltrexone, molecola antagonista degli oppiacei che si usa per combattere un’overdose, la gratificazione da sale diminuiva.

La scoperta riveste grande importanza perché ora sono allo studio alcuni farmaci che possano sopprimere la voglia di sale, molto nocivo per il nostro organismo in dosi superiori ai 10 grammi al giorno.

Ridurre il sale ci fa vivere di più

Basterebbe ridurre i consumi di sale del 10% per far calare infarti e ictus in tutto il mondo, tanto da risparmiare quasi 6 milioni di anni di vita in un decennio. A dirlo è una ricerca della Tufts University, negli Stati Uniti, e pubblicata dal British Medical Journal (BMJ).

Lo studio 

I ricercatori hanno applicato a 183 Paesi un modello statistico sviluppato per analizzare l’apporto di sodio, i livelli di pressione sanguigna e gli effetti sulle malattie cardiovascolari. Questi dati sono stati messi in relazione con i costi dei programmi di prevenzione per la riduzione del suo consumo, che in genere richiedono accordi con l’industria alimentare e progetti di educazione pubblica, con relativi investimenti in risorse umane, formazione, attrezzature e mezzi di comunicazione.

Meno sodio, più vite umane

Dall’elaborazione dei dati è emerso che questa modesta riduzione del consumo di sale potrebbe salvare ogni anno una media di 5,8 milioni di Disability-Adjusted Life Year (DALY), un’unità di misura che è pari alla somma degli anni di vita persi a causa di una morte prematura e di quelli vissuti in malattia piuttosto che in salute. Di questi 5,8 milioni di anni di vita persi, il 40% sono attribuibili a ictus, il 42% a malattia coronarica e il 18% ad altri problemi cardiovascolari.

Quello iodato salva la tiroide

Il più grande alleato della salute di questa ghiandola è lo iodio e una dieta con il giusto apporto di iodio ci mette al riparo da diversi disturbi e malattie.

La tiroide

La tiroide è una ghiandola endocrina ed è posta nella zona anteriore del collo: ha il compito di regolare lo sviluppo neuropsichico ed è fondamentale per la funzione cardiovascolare, il metabolismo basale, lipidico e glucidicosolo. Se dispone di un’adeguata quantità di iodio è in grado di produrre gli ormoni tiroidei. Una prolungata carenza iodica determina l’insorgenza di diverse patologie, come ad esempio il gozzo nodulare.

Carenza di iodio

Purtroppo, secondo i dati diffusi dall’Osservatorio Grana Padano, si stima che circa il 29% della popolazione mondiale sia ancora esposta a un’insufficienza di iodio: dai dati raccolti dalle anamnesi alimentari di 1200 persone di età compresa tra i 13 e i 40 anni, emerge che la quantità media assunta normalmente con la dieta è insufficiente a soddisfare il fabbisogno giornaliero di iodio.

Qual è il fabbisogno di iodio?

Secondo i LARN (Livelli di Assunzione Raccomandata di Nutrienti della SINU) il fabbisogno giornaliero di iodio degli adolescenti (11-17 anni) è di 130 microgrammi (μg), per gli adulti 150 µg. Per le donne in dolce attesa e allattamento tale quantità aumenta sensibilmente, raggiungendo i 200 μg al giorno: la gravidanza e l’infanzia rappresentano infatti le fasi in cui gli effetti della carenza possono essere più gravi perché gli ormoni tiroidei sono indispensabili per un adeguato sviluppo del sistema nervoso centrale.

Se inserito nella variata ed equilibrata alimentazione al posto del sale comune, utilizzandone 5 grammi al giorno (massimo consentito per un adulto) apporta 160 μg di iodio.

Chiara Caretoni

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