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Viagra rosa: a che punto siamo?

Dopo il successo planetario dei farmaci che curano la disfunzione erettile si sono iniziate a studiare soluzioni per sostenere il desiderio femminile. Ecco a che punto siamo

Quando si parla di medicine per far l’amore bisogna prima di tutto mettere in chiaro che il counselling (dovere di ogni medico che ha a che fare con malattie che hanno un impatto sulla mente e il comportamento; cioè praticamente tutte) era ed è la prima terapia. Fare counselling significa spiegare al paziente e alla coppia:

1. la fisiologia del sesso (che cosa ci si dovrebbe aspettare a letto);

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2. la patologia (come ci si ammala di disfunzione erettile o di qualsiasi altra disfunzione sessuale);

3. come funzionano e come si usano le terapie farmacologiche.

Il primo punto serve per eliminare falsi miti e ricerca di performance a tutti costi, magari generate dal modello eccessivo, se non delirante, del porno fatto di granitiche erezioni, eiaculazioni a comando e donne superorgasmiche sempre disponibili al sesso in ogni posizione.

Il secondo punto racconta quanto male riusciamo a fare alla nostra performance sessuale con il nostro stile di vita sbagliato: fumo, alcol, eccesso di cibo-spazzatura e sedentarietà sono i quattro cavalieri dell’apocalisse che colpiscono maschi e femmine nella loro funzione sessuale. Basta cambiare stile di vita per guarire da molte disfunzioni.

Il terzo punto del counselling è forse il più insidioso e si è dimostrato essere causa della maggioranza dei fallimenti terapeutici. Le colpe possono essere dei pazienti che preferiscono il fai-da-te, magari comprando pasticche di dubbia origine in Rete, oppure degli stessi medici. Sono dottori non formati in sessuologia e medicina della sessualità (purtroppo, la maggioranza), con un background culturale e di esperienza clinica magari derivato esclusivamente dalla chirurgia, con una visione della sessualità eccessivamente meccanicistica. Così si vedono continuamente dosaggi sbagliati, inadeguati alle condizioni cliniche, o scelte di farmaci non «tagliate», come fa il sarto, sui bisogni del paziente e della coppia.

Le pillole per il desiderio femminile

Le più grandi novità sono proprio lì. La sessuologia medica è nata studiando il maschio, assai più facile (perché sostanzialmente meno complesso) e anche più disponibile culturalmente ad accettare una soluzione farmacologica, apparentemente meccanica, delle proprie disfunzioni sessuali. Per avere novità in farmacia per il sesso delle donne si doveva ancora attendere molto.

La flibanserina

La flibanserina è stata soprannominata dai media «il nuovo viagra rosa». Ma non c’entra nulla col sildenafil (il principio attivo che funziona negli uomini), anche se effettivamente è… rosa. I primi studi su questa medicina dedicata al desiderio sessuale femminile sono stati compiuti in America e la pillola sembrava efficace su quello che è forse il più frequente disturbo sessuale femminile: la riduzione del desiderio.

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I limiti

Ma quando i protocolli sperimentali furono ripetuti in Europa i risultati furono simili a quelli ottenuti col placebo, cioè con l’acqua fresca. Quindi l’Agenzia del farmaco americana, la Fda, rifiutò per ben due volte l’approvazione.

Finché un gruppo di femministe, certo non invise alla ditta produttrice, mise in piedi un gigantesco tam tam mediatico, protestando che i maschi avevano mille farmaci per il sesso e le donne nessuno. Il ministero della Sanità fu quindi costretto a furor di popolo, pochi mesi fa, a mettere in commercio la flibanserina. E così siamo a tutt’oggi: si vende (poco, a dire il vero) in America alle donne che vorrebbero riaccendere il desiderio senza sostituire il marito con l’idraulico, mentre le europee continuano probabilmente ad arrangiarsi con i metodi di una volta. Ci scherzo un po’ su perché questa vicenda della flibanserina non è stata proprio nitida dal punto di vista scientifico e perché forse abbiamo bisogno di più approfonditi studi, visto che gli effetti collaterali non mancano e l’efficacia non è ancora certa.

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Ospimifene, utile anche contro il cancro al seno 

Tutt’altra storia quella dell’ultima novità arrivata in Italia, e un po’ in tutto il mondo. Se si assumono estrogeni, per bocca o per via transdermica (cerotti, creme e gel), si risolve la più gran parte di disturbi provocati dalla menopausa. Si riduce grandemente il rischio di vampate, disturbi della memoria e dell’umore, osteoporosi, e via elencando.

Cambia invece relativamente poco nella vagina disidratata e ipotrofica per colpa della carenza ormonale, a meno che gli estrogeni non si mettano, in crema o ovuli, proprio lì. Contemporaneamente (anche se non così tanto come la maggior parte delle donne pensa) può aumentare, nelle persone predisposte, il rischio di cancro della mammella. Per colpa di questo timore la percentuale che usa gli ormoni in menopausa è piuttosto ridotta. Anche troppo. Quindi il problema era inventare una pillola che fosse efficace solo sulla vagina, proprio per contrastare l’atrofia vulvo-vaginale da menopausa che è causa di così grande dolore da impedire di fare l’amore.

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I modulatori selettivi del recettore degli estrogeni

È stata una nuova rivoluzione: le donne hanno sempre trovato in farmacia medicine per fare o per non fare i bambini, ma nessuna per la loro sessualità. Questa nuova molecola, l’ospemifene, è la prima che ha come unica indicazione proprio il recupero della funzione vaginale in menopausa per riprendere a fare sesso. E questo grazie a un trucco: l’ospemifene è un Serm, una sigla che rappresenta i modulatori selettivi del recettore degli estrogeni. In pratica, è una chiave intelligente che apre solo alcune serrature, e non altre. Fa le veci dell’estrogeno (pur non essendo un ormone) nella vagina dove non ci son pericoli e funziona addirittura come anti-estrogeno nella mammella, dove si temono i rischi neoplastici. Potremmo in futuro renderci conto che l’ospemifene ha addirittura un ruolo protettivo contro l’insorgenza stessa del carcinoma mammario.

E così l’Agenzia europea del farmaco (la famosa Ema che è stata scippata dal sorteggio a Milano nel novembre dello scorso anno, nonostante la riconosciutissima bravura dei farmacologi italiani) ha addirittura approvato l’uso quotidiano dell’ospemifene nelle donne che hanno già avuto un cancro della mammella e hanno terminato le cure.

Nuove ricerche dai Paesi Bassi e dall’Italia 

Che cosa c’è dietro l’angolo? I ricercatori non stanno con le mani in mano e sanno che c’è ancora tantissimo da scoprire su Venere. In New Jersey stanno sperimentando, sembra con successo, un derivato della melanocortina che, invece di fare abbronzare come succede con l’ormone naturale, dovrebbe aumentare il desiderio ed eccitazione femminile. In Olanda si cerca invece una molecola capace di agire doppiamente: sbloccando i circuiti cerebrali che attivano l’eccitazione sessuale e inibendo quelli che la bloccano. Vedremo se le promesse saranno mantenute e se altri frequenti sintomi sessuali, come l’anorgasmia, troveranno risposte terapeutiche. In Italia stiamo sperimentando la somministrazione di gel al testosterone direttamente sul clitoride che si atrofizza in menopausa. Vedremo. Ma la cosa importante è che il tabù di non poter nemmeno immaginare medicine per curare il sesso delle donne è stato distrutto.

I nuovi farmaci, l’ospemifene, il francobollo dell’amore, la pillola senza pensieri, in fondo, hanno tutti un unico obiettivo: riconnettere la passione con la sua manifestazione fisica, quella del corpo. Che non è soltanto lubrificazione, erezione, orgasmo o eliminazione del dolore coitale. È molto di più. È il pieno recupero del più importante, prezioso e gratificante aspetto della vita di coppia: l’intimità.

Emmanuele A. Jannini

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