Sessualità

Sesso e disabilità: problemi e soluzioni

Occuparsi della sessualità delle persone diversamente abili, come pure di quella delle persone malate, è un obiettivo recentissimo. Ancora tanti i passi da fare

Il Moncenisio è un passo alpino che adoro. L’omonimo comune è il secondo più piccolo d’Italia coi suoi 33 abitanti che stanno dimenticando l’antico dialetto franco-provenzale dei loro avi. È una strada di tornanti mozzafiato che arrivano oltre i 2.000 metri e poi declinano avvitandosi attorno alla montagna. Qui, il 17 luglio del 2017 (la data la ripete così spesso che l’ho imparata a memoria) Gianluca aveva un appuntamento con un ostacolo che gli ha definitivamente cambiato la vita. Una curva presa male, forse una chiazza d’olio sull’asfalto, o la gibigiana del gigantesco lago sul passo o semplicemente la distrazione di una frazione di secondo complice il paesaggio impagabile ed ecco che la motocicletta improvvisamente si piega, rotolando verso il fondovalle e il ragazzo viene scagliato sull’incolpevole tronco di un leccio, che gli spezza la schiena.

Sesso e disabilità: lesione del midollo spinale

Gianluca diventa così a vent’anni uno degli 80mila mielolesi italiani (negli Stati Uniti sono più di 300mila con un incremento di 10mila nuovi casi ogni anno). Risponde perfettamente, e drammaticamente, all’identikit di chi subisce una lesione del midollo spinale. Giovane, in età di massima espressione sessuale e riproduttiva come accade quasi nel 90% dei casi, maschio, come succede nell’80% delle situazioni, e vittima di un incidente stradale, come si verifica nel 50% delle volte. Al ricovero alle Molinette di Torino i neurologi riscontrano la perdita delle funzioni motorie volontarie al di sotto del punto dell’impatto e l’abolizione della sensibilità in quelle regioni. Per settimane il ragazzo perde i riflessi genitali maschili (erezione riflessa, eiaculazione) e i riflessi dei muscoli della zona, bulbocavernoso e scrotale.

Gruppo San Donato

La prima domanda che Gianluca fa appena in grado, risvegliandosi dal coma farmacologico e avendo realizzato la sua tragica condizione, è se potrà fare l’amore con Germana, con cui aveva progettato di continuare l’estate dopo il viaggio con gli amici motociclisti. Nessuno è in grado di rispondergli con esattezza. Prima di sei mesi dal trauma è sostanzialmente impossibile formulare una prognosi. Sono settimane di inferno, che ricorderà come le peggiori dell’intera esistenza. Il giovane è sospeso in un’attesa piena di speranze e di tragiche profezie negative, colpevolizzandosi ogni secondo per le sue scelte sfortunate. Ormai ha capito che nella vita quotidiana dipenderà per sempre da altri e dal civismo di chi non parcheggia davanti alla discesina del marciapiede che permette alle carrozzelle dei disabili di attraversare la strada.

Ma quasi non ci crede quando Germana gli sussurra che non lo lascerà mai e quando, sul volgere delle venti settimane dall’impatto, vede ricomparire le erezioni. Ormai non riesce più a governarle col desiderio sessuale, ma uno stimolo tattile è in grado di provocarle. Non è certo come era solo pochi mesi prima, ma nella tragedia vede un barlume di speranza.

Erezioni psicogene e riflesse

Le erezioni (come pure le lubrificazioni femminili) possono essere psicogene o riflesse. Le prime, come dice il nome, sono generate dalla mente, dai pensieri, dalle fantasie e hanno una sorta di via preferenziale che va direttamente dal cervello ai genitali. Il relè di queste erezioni è a livello dell’undicesima vertebra toracica. Un trauma vertebrale al di sopra di questo livello non permette il passaggio dei segnali elettrici e l’erezione psicogena non può avvenire. Quella stessa che invece, se il trauma è inferiore, si può manifestare. L’erezione riflessa o meccanica dipende invece dal tocco, dalle carezze e dalle sensazioni del pene.

È il caso di Gianluca. L’arco riflesso, cioè quella sorta di filo elettrico che parte dai genitali, arriva sulla colonna e torna ai genitali, e che ha sede nella parte più bassa del midollo spinale, a livello delle vertebre sacrali, è integro. Siccome Gianluca ha subito l’impatto con l’albero a livello delle vertebre superiori, toraciche, riesce ad avere questo tipo di erezione e anche a mantenerla. Ora gli ho prescritto la pillola blu, da assumere quando sente bisogno di rispondere al meglio alle carezze di Germana. Se la lesione fosse stata poco più sotto, l’unica possibilità di avere l’erezione sarebbe stata l’iniezione diretta nei corpi cavernosi di farmaci vasoattivi come la prostaglandina.

La medicina e la sessualità delle persone disabili

Tutti pensiamo che esprimere la propria affettività e sessualità sia un diritto. Ma in realtà non è sempre così. Ci sono persone che trascorrono l’intera esistenza aspettando il principe azzurro, o la fata turchina, che non arriva mai, e restano sole. Ce ne sono altre che sono semplicemente sfortunate nella ricerca dell’anima gemella. L’amore è fatto di chimica e caso, per questo Cupido è rappresentato come un piccolo arciere bendato.

E ce ne sono infine altre ancora, come Gianluca, cui la sessualità è negata per le condizioni fisiche o psichiche. Qui però la medicina deve fare ammenda. Occuparsi della sessualità delle persone diversamente abili, come pure di quella delle persone malate, è un obiettivo recentissimo. Fino a poco tempo fa, semplicemente, la ignoravamo. Anche perché si tratta di un problema complesso ed estremamente delicato. Con ostacoli fisici, psichici e culturali. Ma la vera domanda è: quale dei tre è il macigno più imponente sul cammino della salute sessuale di tutti?

Sesso e disabilità: malattie oncologiche e traumi

Tra gli ostacoli fisici, ce ne sono in realtà di molto più frequenti di quello che deve superare il nostro Gianluca. Sono le malattie oncologiche in cui il tumore o la stessa terapia medica, radiante o chirurgica possono rendere la sessualità molto difficile. Poi ci sono i traumi cranici. Se coinvolgono la comunicazione tra ipotalamo e ipofisi, il testicolo non riceverà i segnali ormonali necessari per la produzione di testosterone. Sono handicap quasi benigni perché l’endocrinologo può facilmente intervenire con un’adatta terapia ormonale sostitutiva.

Sesso e disabilità: problemi psichiatrici

Mentre si accetta, in qualche modo si comprende, che un ragazzo in sedia a rotelle non perda il suo desiderio sessuale, siamo meno tolleranti quando parliamo del secondo ostacolo, quello che incontrano le persone con problemi psichiatrici o disabilità psichica. Per i primi pensiamo al famosissimo film Qualcuno volò sul nido del Cuculo: molti farmaci antipsicotici di prima generazione inducono uno stato di profondo intorpidimento sessuale perché riducono drammaticamente il neurotrasmettitore del desiderio, la dopamina.

Per fortuna gli psichiatri stanno scoprendo che è importante rispettare la sessualità dei loro pazienti senza tentare di addormentarla per governare meglio gli istinti dei pazienti e somministrano sempre più spesso farmaci che, anziché ridurre la dopamina, la stabilizzano. Quello che eccelle per questa capacità di rispettare la dimensione sessuale del paziente schizofrenico è l’aripiprazolo. Un antipsicotico, stabilizzatore dell’umore, di seconda generazione. Ma ci sono ancora in giro psichiatri di vecchia formazione che hanno paura che uno schizofrenico abbia comportamenti sessuali inadeguati. In realtà, se ben curato, non è così nella maggior parte dei casi in cui si mettono in atto corrette strategie di recupero funzionale.

Sesso e disabilità: ritardi mentali

Il vero dramma riguarda i ritardi mentali. Per esempio su base genetica, come la sindrome di Down e molte altre caratterizzate da ritardi cognitivi più profondi, o come l’autismo. Se da una parte le coppie di persone Down continuano a essere una minoranza, ma sono sempre più numerose e sempre più accettate, c’è ancora tantissimo lavoro da fare per tanti altri. Sono ben poche le risposte da dare per venire incontro alle loro necessità sessuali. I portatori di handicap ricevono una piccola pensione, sono esentati dal ticket sulle prestazioni sanitarie e sui farmaci e sono spesso inseriti nella scuola pubblica con strutture di supporto che vanno dall’eccellenza di personale dedicato e competente alla pochezza di vocazione e professionalità. Figlia del fatto che divenire insegnante di sostegno è per alcuni solo una scorciatoia per entrare nel mondo della scuola.

L’assistente sessuale

Un becero moralismo ha finora impedito nel nostro Paese (ma non in Danimarca, Svizzera, Olanda, Germania e in altre civili nazioni) che si sviluppasse la figura dell’assistente sessuale. Anche definito operatore all’emotività, all’affettività e alla sessualità del portatore di handicap. Gli assistenti sessuali non soltanto non sono professionalmente riconosciuti in Italia, ma vengono in buona sostanza classificati nell’ambito della prostituzione. Questi professionisti, una volta formati ed educati al loro compito, non sarebbero semplicemente chiamati a sopperire alla mancanza di alternative sessuali per i portatori di handicap fisici e mentali attraverso stimolazioni dirette del corpo di queste, talvolta anche con un rapporto sessuale vero e proprio. Gli assistenti sessuali aiutano infatti il diversamente abile ad accrescere l’autostima, a scoprire o riscoprire (come nel caso dei tanti, troppi Gianluca) il proprio e l’altrui corpo, educando al valore della fisicità e della sessualità, ma anche formando sulla responsabilità emozionale, relazionale e sentimentale.

L’assistente sessuale affronta tematiche che un familiare non dovrebbe trattare con il parente diversamente abile. Non è, purtroppo, così raro il caso in cui il genitore sia drammaticamente costretto a sopperire in qualche modo alle necessità sessuali del proprio figliolo. Sono terribili storie di amore e di dolore di genitori di portatori di handicap. Queste dovrebbero indurre ad abbassare i toni del dibattito (le organizzazioni fondamentaliste e tradizionaliste si oppongono all’istituzione dell’assistente sessuale con argomenti assai deboli e poco rispettosi). E riconoscere l’estrema delicatezza di queste situazioni dove nessuno ha facili soluzioni. A meno di voler girare il capo altrove e voler immaginare (o costringere a essere) l’handicappato come un asessuato.

La battaglia per i diritti: il Disability Pride

Dal 2015 si celebra in Italia il Disability Pride. Una manifestazione nazionale creata da un ragazzo siciliano semiparalizzato, ma attivissimo, Carmelo Comisi, che è stato studente della mia Università, Tor Vergata, per rivendicare l’effettiva accoglienza, anche sessuale, di tutte le persone disabili. Vi invito a visitare il sito internet ben curato (disabilityprideitalia.org) e a condividere e sostenerne la giusta battaglia per l’inclusione. L’obiettivo è proprio quello di rimuovere il riflesso condizionato che ci fa volgere il capo dall’altra parte. Negando la sessualità delle persone con handicap e lasciando tragicamente sole le famiglie. Come dicevo, il macigno più grosso sul cammino della salute sessuale del portatore di handicap è proprio la nostra cultura basata sulla pubblicità e sui modelli hollywoodiani per cui fanno l’amore solo i perfetti. Non è così e non deve mai più essere così.

Emmanuele A. Jannini 

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