Sessualità

Selfie sensuali: perché dilagano gli autoscatti erotici?

I selfie sensuali dilagano, specie tra i giovani, che cercano trasgressione, eccitazione, consenso. I social, però, possono portare a conseguenze imprevedibili

È il trionfo dei selfie sensuali e del narcisismo sui social media. Tutti che si fotografano, si postano, si commentano, si complimentano. Se non è Instagram è Facebook, se non è Flickr è YouTube. Si tratta sempre e comunque della fiera delle vanità a buon mercato e a disposizione di tutti.

L’allarme degli psichiatri americani

Tutti abbiamo visto (e magari possediamo anche) quei braccini telescopici che permettono di autorappresentarsi senza nemmeno dover più chiedere al passante di scattarci una foto col Ponte dei Sospiri sullo sfondo. Ognuno lo fa da solo. Per questo si chiama selfie. E così pochi mesi fa gli psichiatri del Georgetown University Hospital di Washington intitolavano sul Jama (la rivista scientifica dei medici americani) il loro editoriale con una domanda retorica: «Esiste un’epidemia di selfie?». C’è molto di più: è una pestilenza che assume multiformi caratteristiche. I social media consentono agli utenti di svolgere più ruoli. Si può essere ricevitori, espositori e valutatori di immagini di corpi. Addirittura, si può essere editori, modificatori di immagini con appositi programmi di cui ogni telefonino è ormai dotato.

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L’autostima è decretata dai like

Comunque è sempre, in un modo o nell’altro, questione di sesso. E infatti molti di queste immagini sono ammiccanti o assai sessualmente esplicite. C’è chi pensa che la pratica dei selfie sensuali possa aumentare l’autostima. Se da un lato a tutti piace essere fotografati o filmati, dall’altro mi sembra che farlo da soli abbia ben poco impatto sulla stima di sé. Concordano con me i colleghi di Singapore che hanno appena pubblicato sulla rivista Body Imagine un lavoro scientifico che studiava la correlazione tra i vari tipi di selfie pubblicati su Instagram delle ragazze adolescenti e la stima che esse stesse avevano del loro corpo, misurata con un questionario dedicato.

I comportamenti di oltre 300 adolescenti con gli occhi a mandorla sono così stati messi sotto il microscopio dei ricercatori che hanno scoperto (e c’era da aspettarselo) che più bassa è l’autostima delle ragazze maggiore è la frequenza del fotoritocco e che (ovviamente) più ci si sente belle più è assidua l’attività di postare le proprie immagini.

Chi decide gli standard di bellezza?

La parte forse più interessante del lavoro scientifico è però quella relativa agli standard di bellezza. Le ragazzette di Singapore usano i social e i selfie sensuali come uno strumento che non solo alimenta (o frustra, talvolta) il narcisismo ma anche come strumento che modifica e modula i criteri estetici. Sono infatti i commenti dei pari, della rete social, a decidere ciò che ha successo perché ritenuto essere particolarmente bello o particolarmente audace. In pratica i criteri estetici di un’adolescente sono continuamente rimaneggiati dai giudizi dei ragazzi e delle ragazze del gruppo che può spingere a certi comportamenti di cui, per un giovane, è difficile prevedere le conseguenze.

Scandali che minano lo sviluppo

Ed ecco Carlotta, una ragazzina di terza media, che un venerdì noioso e piovoso si nasconde nel bagno della scuola. Scopre i seni acerbi, si fotografa nuda e manda alle due amiche del cuore l’immagine con una richiesta di giudizio. Quando le tette mi diventeranno più grandi? Purtroppo Melissa, una delle due che riceve il selfie, è tutt’altro che una vera amica. In pochi secondi diffonde l’immagine al gruppo WhatsApp dei compagni di classe. Prima che suoni la campanella della ricreazione il bel seno di Carlotta è nei telefonini di tutta la scuola e anche oltre.

All’uscita tutti la guardano, ammiccano, compatiscono, concupiscono, a seconda del genere e dello sviluppo psicosessuale, la povera Carlotta che finirà per chiudersi una settimana in casa a meditare sulla sua incapacità di prevedere le conseguenze di un clic frettoloso. Ma episodi come questo sono frequenti, in alcuni ambienti è addirittura la normalità. A Modena una sessantina di ragazzine dedite al sexting, cioè a scambiarsi in chat immagini di sé nude, selfie sensuali in pose ammiccanti, video con momenti di autoerotismo e altre intimità, finiscono loro malgrado in Rete a disposizione di tutti. Così un’educazione sentimentale collettiva tra pari, che potrebbe aver avuto anche il suo significato di condivisione di un momento di crescita, diventa uno scandalo che lascerà qualche segno nella crescita di più di una.

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La vendetta: i selfie sensuali come arma in mano all’ex 

Anna e Marco hanno solo un anno in più di Carlotta e hanno da tempo cominciato a far l’amore. Anche i professori del liceo sanno che stanno insieme. Un giorno decidono di farsi un po’ di autoscatti (è il termine che si usava, soprattutto in pornografia, quando non si conosceva l’esistenza dei selfie, che sono esattamente la stessa cosa) durante gli amplessi. Le immagini più crude sono quelle di Anna che pratica una fellatio al fidanzatino. Nulla di strano, assoluta normalità amorosa. Ma nei mesi successivi Marco dimostra di essere molto più coinvolto dalla squadra di canottaggio che dal latino e dal greco che invece piacciono moltissimo ad Anna. Comincia a prendere brutti voti e resta indietro. Anna lo trova sempre più noioso e inadeguato. Come succede in quell’età bellissima e feroce, la coppietta non sopravvive all’estate e all’inizio dell’anno scolastico i due non sono nemmeno più in banco assieme.

Ma è l’arrivo di Lucio, un ragazzo dell’ultimo anno che fa innamorare Anna, a destabilizzare Marco che fino a quel momento non s’era fatto una gran malattia dall’essere stato lasciato. L’affronto va punito col sangue e il canottiere recupera dalla memoria del telefonino la foto amorosa che, decontestualizzata, appare soltanto pornografica, e per vendetta la manda a tutti. Il liceo ha una reazione quasi unanime, che mi fa ben sperare per il futuro delle nuove generazioni.

Anziché mettere alla berlina Anna, come ci si potrebbe aspettare in realtà più rudimentali e grossolane, i commenti dei compagni sono di condanna senza appello per il gesto volgare di Marco. I social dell’intera scuola diventano in breve, quasi unanimemente, un tribunale che condanna il gestaccio e chi l’ha compiuto. Non hater, frustrati odiatori da tastiera, ma ragazzi in gamba che si influenzano l’un l’altro positivamente, emarginando Marco che perderà così per sempre la stima di tutti, finendo per cambiare scuola e anche per fallire il campionato di canottaggio.

Esposizione ai social: più fragili le adolescenti

Ma le cose, purtroppo, non vanno sempre così bene. I colleghi pisani della Società italiana di pediatria hanno studiato 11.527 adolescenti italiani tra i 13 e i 21 anni attraverso un questionario anonimo compilato online per indagare, tra l’altro, l’esposizione ai social di Internet e il comportamento sessuale. I risultati mostrano che le adolescenti italiane sono più fragili quando cercano di interiorizzare gli aspetti relativi ai social e alla sessualità. I maschi, invece, sono più a rischio di problemi di esternalizzazione, di mancato controllo all’esterno. Come è capitato allo sciocco Marco.

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È legge il reato di revenge porn

La storia che ho raccontato avveniva in un liceo romano quattro anni fa. Anna si è appena iscritta da noi a Tor Vergata a lettere e filosofia e la vicenda non l’ha minimamente scottata, mentre Marco sta ancora cercando di concludere il liceo in un istituto privato per ripetenti. E gli è andata ancora bene. Se quel brutto fatto fosse accaduto oggi, Marco avrebbe anche dovuto, e giustamente, confrontarsi con la giustizia.

Il 16 luglio 2019 il Senato vara un bella legge che difende le vittime di violenza sessuale e di genere e che introduce il reato di pornovendetta. «Chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5mila a 15mila euro».

 

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