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Fecondazione in Vitro: tutto quello che devi sapere

Quali sono le analisi preliminari per la coppia? Cos'è la soppressione? Quando e come avviene la stimolazione ovarica e il pick up degli ovociti? Quando e come si preleva il seme? Perché a volte gli spermatozoi devo essere estratti con un intervento? Quando fare il test di gravidanza. Tutte le risposte

La Fecondazione in Vitro rappresenta un terapia fondamentale in presenza di una diagnosi di infertilità di coppia. Consiste nel prelievo degli ovuli dopo una stimolazione ovarica controllata, nella loro fecondazione con gli spermatozoi e nel trasferimento in utero degli embrioni ottenuti.

Nel nostro Paese si registra una crescita significativa delle coppie che si rivolgono a un centro specializzato per la Procreazione medicalmente assistita. È importantissimo cercare un aiuto medico senza aspettare troppo tempo, se si desidera avere un figlio. Tutti gli indicatori confermano che la riuscita di queste tecniche è inversamente proporzionale all’età media della coppia. Purtroppo noi italiani abbiamo l’età media più alta d’Europa.

Gruppo San Donato

Fecondazione in vitro: le analisi preliminari per la coppia

Per disposizione del ministero della Salute, per accedere a un ciclo di Fivet (la fecondazione in vitro, uno dei tipi di procreazione medicalmente assistita a disposizione delle coppie con problemi di fertilità) bisogna aver eseguito una serie di analisi preliminari. Queste servono a ridurre il rischio che eventuali patologie della donna o dell’uomo interferiscano con la terapia. Ogni centro fornisce l’elenco delle analisi preliminari richieste, che possono variare a seconda della Regione a cui appartiene il centro, del tipo di problema riproduttivo della coppia o di altri elementi che il medico giudica rilevanti.

L’elenco delle analisi preliminari per la donna

Ecco un elenco fornito da Luciana De Lauretis, direttore del Centro Fertilità dell’Istituto Clinico Città Studi di Milano (puoi chiederle un consulto qui), delle analisi preliminari solitamente richieste alla donna per accedere alla fecondazione assistita in provetta:

  • Gruppo sanguigno
  • Cariotipo, cioè l’insieme delle caratteristiche di forma, dimensione, numero e proprietà dei cromosomi di una data cellula o di un dato organismo, come appaiono durante la mitosi.
  • G6Pdh. Questo esame valuta l’attività della glucosio 6 fosfato deidrogenasi (G6PD) nel sangue. Se c’è un deficit di G6PD, i globuli rossi diventano più vulnerabili ai danni ossidativi e possono andare incontro ad emolisi.
  • Screening della fibrosi cistica
  • Elettroforesi dell’emoglobina
  • Vdrl, è utilizzato per identificare chi molto probabilmente ha contratto la sifilide. Ha bisogno di ulteriori esami per la conferma diagnostica precisa.
  • Hcv (cioè epatite C) e markers epatite B (HBsAg, HBsAb e Anti HBcore)
  • Hiv
  • Ecografia pelvica
  • Pap-test
  • Tampone vaginale con ricerca di clamidia, micoplasma e tricomonas
  • Anticorpi per rosolia, toxoplasmosi, citomegalovirus, herpes
  • Ecografia mammaria.

Fecondazione in vitro (Fivet): analisi preliminari per l’uomo

  • Gruppo sanguigno
  • Cariotipo.
  • Studio delle microdelezioni del cromosoma Y in caso di liquido seminale con meno di cinque milioni di spermatozoi per millilitro.
  • G6Pdh.
  • Screening della fibrosi cistica.
  • Elettroforesi dell’emoglobina.
  • Vdrl.
  • Hcv (cioè epatite C) e markers epatite B (HBsAg, HBsAb e Anti HBcore)
  • Hiv
  • Spermiogramma
  • Tampone uretrale (eventuale).

Fecondazione in vitro (Fivet): la soppressione

La soppressione è una fase quasi sempre prevista nella Fivet. Consiste nel sopprimere l’attività dell’ipofisi nella donna per impedire che si possa verificare un’ovulazione spontanea. Questo comporta la cancellazione del ciclo di trattamento nel corso della stimolazione ovarica.

Il blocco dell’attività dell’ipofisi è ottenuto con due tipi di farmaci:

  1. gli agonisti del GnRh,
  2. gli antagonisti del GnRh.

Protocollo lungo con agonisti del GnRH

La soppressione si fa con un farmaco agonista del GnRH a partire dal 21° giorno circa del ciclo precedente a quello della Fivet. La stimolazione inizia dopo il ciclo successivo, quando l’attività dell’ipofisi è già completamente soppressa.

Protocollo corto (o flare-up)

La soppressione in questo caso viene fatta con un farmaco agonista, ma a partire dal primo-secondo giorno del ciclo Fivet. Di conseguenza è eseguito in concomitanza con l’inizio della stimolazione. Questo protocollo sfrutta, ai fini della stimolazione, l’improvviso rilascio di ormoni sessuali (chiamato in inglese flare), che si verifica subito dopo l’assunzione dell’agonista.

Protocollo con antagonisti del GnRH

Si inizia la stimolazione senza fare alcuna soppressione. Poi, quando i follicoli hanno raggiunto i 12-13 millimetri di diametro, si aggiunge il farmaco antagonista. Questo fino a quando i follicoli sono di diametro critico per l’induzione con HCG.

Fecondazione in vitro (Fivet): la stimolazione ovarica

Il successo di una fecondazione in vitro dipende in maniera determinante dalla stimolazione ovarica. Le ovaie vengono indotte a produrre più follicoli contemporaneamente, in modo da recuperare più ovociti da fecondare. Tranne casi particolari, una stimolazione ovarica è parte essenziale di una Fivet, anche se la dose di farmaci e il tipo di stimolazione possono variare molto da caso a caso.

La necessità di avere molti ovociti dipende dal fatto che in natura (e quindi anche dopo stimolazione) non tutti gli ovuli prodotti sono idonei ad essere fecondati e questo dato peggiora con l’età della donna.

Farmaci

La stimolazione ovarica per la fecondazione in vitro si fa quasi sempre con gonadotropine. I farmaci che si utilizzano contengono il solo FSH oppure una combinazione di FSH ed LH . Oltre ai farmaci, per stimolare le ovaie si usano farmaci che bloccano l’ovulazione spontanea chiamati Agonisti o Antagonisti del GnRH. Esistono differenti protocolli possibili a seconda del tipo di farmaco, con una flessibilità della dose iniziale che dipende dalla risposta della paziente.

Monitoraggio

Qualunque sia il protocollo adottato durante la stimolazione ovarica è indispensabile un monitoraggio costante dello sviluppo follicolare, eseguito tramite ecografie che consentono di misurare il numero e il diametro dei follicoli, e dosaggi dell’estradiolo, ormone il cui aumento va di pari passo con lo sviluppo dei follicoli. Il monitoraggio è indispensabile non solo per valutare l’efficacia della stimolazione e stabilire l’esatta temporizzazione del recupero ovocitario (pick-up), ma anche per controllare l’eventuale insorgenza di una iperstimolazione ovarica, che è la più pericolosa complicanza di una stimolazione ormonale. Di solito il monitoraggio inizia dopo cinque-sei giorni dalla comparsa del ciclo e prosegue poi a giorni alterni o quotidianamente, a seconda della risposta della paziente.

Pick-up degli ovociti: cos’è?

Il pick-up degli ovociti consiste nell’aspirazione dei follicoli ovarici ottenuti dopo stimolazione ovarica. Fino alla metà degli anni Ottanta, il pick-up degli ovociti avveniva per via laparoscopica, cioè attraverso un intervento chirurgico maggiore in anestesia generale. Da metà degli anni Ottanta, invece, la tecnica si è molto semplificata. Il prelievo ovocitario viene effettuato per via trans vaginale sotto controllo ecografico, in sedazione profonda o, in alcuni casi, con anestesia locale.

Come avviene 

Sotto guida ecografica transvaginale si inserisce un ago sottile nella parete superiore della vagina, si raggiungono i follicoli ovarici e si aspira il liquido che contengono.

Quanto dura?

L’intera procedura di pick-up degli ovociti dura pochi minuti (da 5 a 20 minuti) a seconda della quantità di follicoli da aspirare e dalla posizione delle ovaie. Il liquido follicolare viene aspirato, raccolto in una provetta e inviato subito in laboratorio, dove viene controllato al microscopio per verificare la presenza degli ovociti (invisibili a occhio nudo).

Serve l‘anestesia?

Il pick-up può essere fatto in anestesia locale, con lieve sedazione oppure in sedazione profonda. L’anestesia locale consiste in una iniezione di anestetico sulle aree che circondano il collo dell’utero. Sono quelle attraversate dall’ago per raggiungere le ovaie.

La lieve sedazione è indotta attraverso una iniezione endovenosa di farmaci analgesici e ipnotici, ma la paziente rimane cosciente durante tutto l’intervento.

La sedazione profonda è una forma di anestesia generale leggera, durante la quale viene indotto un sonno profondo, ma in respiro spontaneo, senza necessità di intubazione. Il vantaggio dell’anestesia locale è che non servono analisi preanestesia, non si va incontro alle complicanze legate all’uso degli anestetici generali e non si perde mai coscienza. Lo svantaggio è che non elimina totalmente il dolore durante la procedura.

L’anestesia varia da centro a centro

La scelta del tipo di anestesia dipende spesso dal centro più che dalla paziente: molti centri di Procreazione Medicalmente Assistita non usano la sedazione profonda per problemi organizzativi e in questi casi il prelievo avviene in sedazione leggera o in anestesia locale. Dopo il pick-up degli ovociti la donna resta in osservazione per qualche ora, per controllare che non ci siano complicazioni. Se ha fatto la sedazione generale, per assicurarsi che abbia riacquistato il livello di coscienza. Di solito le dimissioni dal centro avvengono dalle 2 alle 4 ore dopo il pick-up.

Le complicanze 

Sono prevalentemente legate al rischio emorragico: vaginale o intra-addominale. L’entità del sanguinamento da pick-up è di solito molto modesta. In casi rari (meno dell’1%) il sanguinamento può essere maggiore e può richiedere un’osservazione attenta della paziente fino a quando gli esami rivelano la fine del sanguinamento. In casi ancora più rari può essere necessario ricorrere all’intervento chirurgico per tamponare l’emorragia. Altre complicanze sono legate alle infezioni: le categorie di pazienti a rischio però sono ben note e in questi casi si provvede ad una copertura antibiotica a cavallo della procedura.

Fecondazione in vitro: il prelievo del seme

Il giorno del prelievo, o pick-up, degli ovociti, anche il seme maschile deve essere prelevato e trattato in laboratorio per poter essere messo a contatto degli ovociti. La raccolta del seme si ottiene per masturbazione.

Prelievo del seme: uno stress psicologico

È un momento stressante e talvolta l’ansia è tale da non riuscire a eseguire il prelievo. Per eliminare i rischi di questa reazione emotiva, alcuni centri fanno consegnare un campione di seme qualche tempo prima del pick-up, in modo da congelarlo e tenerlo da parte per ogni evenienza.

Una volta ottenuto il campione, il liquido seminale è analizzato in tutti i parametri e quindi sottoposto ad un processo di capacitazione. Si tratta di utilizzare specifici terreni di coltura per selezionare solo gli spermatozoi migliori. È in questa fase che si decide in modo definitivo se fare una Fivet o una Icsi.

Fecondazione in vitro: il prelievo degli spermatozoi dai testicoli

Quando il partner maschile risulta azoospermico, ovvero non ha spermatozoi nello sperma oppure ne ha pochissimi e di scarsa qualità, è possibile ricorrere a un prelievo dai testicoli o dai canali seminali per poter recuperare seme da utilizzare per fare una ICSI. L’assenza di spermatozoi nello sperma può essere dovuta a un’ostruzione dei canali seminali (azoospermia ostruttiva) oppure a un difetto della produzione degli spermatozoi all’interno dei testicoli (azoospermia secretoria). Ecco come funziona il prelievo.

Tesa, Pesa e Tese

In caso di azoospermia ostruttiva è possibile ricorrere a un’aspirazione di spermatozoi dal testicolo (cioè la Tesa, Testicular sperm aspiration) o dall’epididimo, cioè la prima porzione del canale seminale (cioè la Pesa, Percutaneous epididymal sperm aspiration). In alternativa a queste procedure ambulatoriali è possibile ricorrere alla Tese (Testicular sperm extraction). Si tratta di un piccolo intervento di breve durata in anestesia locale, che consente di recuperare spermatozoi e quindi di crioconservarli per i cicli Icsi successivi. Nelle azoospermie ostruttive i prelievi garantiscono il 100% di successo. Quando l’azoospermia è di natura secretoria è indicato il ricorso alla Tese, che garantisce le maggiori probabilità di recuperare spermatozoi (50% dei casi).

L’intervento chirurgico

Il prelievo degli spermatozoi comporta un vero e proprio intervento chirurgico che raramente si può eseguire in contemporanea al prelievo degli ovociti. Molti centri preferiscono prelevare gli spermatozoi prima che la donna inizi la stimolazione ormonale, per evitare di sottoporla inutilmente al trattamento. In questo caso gli spermatozoi recuperati (o il tessuto prelevato con la biopsia) vengono congelati per poi essere scongelati al momento della fecondazione.

Se non ci fossero spermatozoi disponibili al momento della fecondazione

Poiché la procedura di congelamento/scongelamento può danneggiare i pochi spermatozoi recuperati, può succedere che al momento della fecondazione non ci siano spermatozoi disponibili. In questi casi si provvederà alla crioconservazione degli ovociti, in attesa di effettuare un futuro prelievo degli spermatozoi. Quando la struttura e l’organizzazione del Centro lo consentono, si utilizzano entrambi i gameti a fresco, cioè gli spermatozoi vengono recuperati contemporaneamente agli ovociti e utilizzati lo stesso giorno del prelievo.

Fecondazione in vitro (Fivet): la fecondazione degli ovociti

La fecondazione degli ovociti è un momento importantissimo del programma terapeutico, che consiste nell’unione ovuli-spermatozoi dopo qualche ora dal recupero degli ovociti.

Nella fecondazione in vitro (Fivet) standard, ogni cellula uovo viene messa a contatto con un elevato numero di spermatozoi preparati in laboratorio. La penetrazione dell’uovo da parte dello spermatozoo in questo caso avviene naturalmente.

Fecondazione degli ovociti: la tecnica ICSI

Se la situazione seminale è invece patologica e quindi si presuppone una difficoltà, o un’impossibilità, di penetrazione spontanea nella cellula uovo, allora si utilizza la tecnica ICSI (ovvero iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi).

In questo caso è il biologo ad introdurre meccanicamente un singolo spermatozoo all’interno della cellula uovo, praticando un piccolo foro sulla parete dell’ovocita. L’esperta Luciana De Lauretis, direttore del Centro Fertilità dell’Istituto Clinico Città Studi di Milano (puoi chiederle un consulto qui) spiega come funziona la fecondazione degli ovociti.

Fecondazione degli ovociti: l‘esame

Subito dopo il pick-up, gli ovociti vengono esaminati per valutarne lo stadio di maturazione. Infatti, per poter essere fecondato, l’ovocita deve trovarsi in una precisa fase di maturazione, chiamata metafase II. Non sono invece utilizzabili gli ovociti immaturi o post-maturi. Dopo il primo esame, gli ovociti vengono messi in coltura in un apposito liquido e poi incubati per circa 3 ore a temperatura costante (circa 37 gradi), umidità, tensione di CO2 ed ossigeno.

Quanti ovociti si fecondano

In Italia, la legge 40 imponeva che si potessero fecondare al massimo tre ovociti. Nel 2009, la Corte costituzionale ha sancito che il numero di ovociti fecondabili non può essere stabilito per legge. Così, oggi, sta al medico la responsabilità della decisione, con il consenso della coppia, su quanti ovociti fecondare per ottimizzare i risultati. Si deciderà poi, in base al numero di embrioni che si sono prodotti, quali e quanti sia opportuno trasferire in utero e quali conservare tramite congelamento.

Le percentuali di fecondazione degli ovociti

Sono strettamente legate all’età della donna, alle caratteristiche seminali e al livello qualitativo del laboratorio. In media, nelle donne più giovani la percentuale di ovociti fecondati con una Fivet può essere dell’80%, ma in media è del 60%. Nelle donne meno giovani, può non superare il 30%.

Il controllo

Dopo essere stati messi a contatto «in provetta» con gli spermatozoi, gli ovociti vengono rimessi in coltura per alcune ore. Il controllo dell’avvenuta fecondazione avviene infatti 16-20 ore dopo l’incontro dei due gameti. Se c’è stata la fecondazione, dentro l’ovocita sono visibili i due pronuclei (femminile e maschile), che contengono rispettivamente il patrimonio genetico della donna e dell’uomo. A questo punto non si parla più di ovocita ma di zigote. Gli zigoti diventano embrioni secondo un percorso ben preciso.

Come avviene

Prima di tutto, i due pronuclei si fondono in un unico nucleo che conterrà 46 cromosomi, 23 da parte della donna e 23 da parte dell’uomo. Poi la nuova cellula comincia a dividersi generando due cellule, e così via, con un ritmo intenso che la porta in pochi giorni a superare il centinaio di cellule. Dopo 5 giorni si raggiunge lo stato di blastocisti. È lo stadio immediatamente precedente l’impianto embrionario. Non più del 50% degli ovuli inseminati raggiunge questo stadio.

Fecondazione in vitro: il transfer degli embrioni

Il transfer degli embrioni formati a seguito delle tecniche di fecondazione in vitro può essere fatto a vari stadi del loro sviluppo.

Quando avviene

La maggior parte dei centri procede al transfer degli embrioni quando sono allo stadio di 4-8 cellule, dunque al secondo o al terzo giorno dopo il pick-up. In un concepimento naturale, gli embrioni a questo stadio sarebbero ancora nelle tube, non nell’utero. Quindi, nella “finestra” dell’impianto, gli embrioni rimangono in utero in attesa di raggiungere lo stadio di sviluppo che consenta l’impianto. Alcuni ritengono che sia meglio effettuare il transfer a uno stadio di sviluppo più avanzato, quello di blastocisti (5 giorni dopo il pick-up). Si tratta di quello in cui fisiologicamente l’embrione inizierebbero a impiantarsi.

Come avviene?

La procedura consente di trasferire solo gli embrioni che si sono dimostrati in grado di sopravvivere fino a uno stadio relativamente avanzato di sviluppo, evitando di trasferire quelli che cessano di svilupparsi nei primi giorni dopo la fecondazione degli ovociti. Questa tecnica, comunque, non aumenta la probabilità di ottenere una gravidanza e richiede delle risorse tecnologiche importanti. La scelta del tempo del trasferimento, quindi, dipende dal caso clinico particolare. Gran parte dei centri tende a trasferire in terza giornata dopo il pick-up degli ovociti.

Quanti embrioni vengono trasferiti

La scelta dipende da molti fattori. In primis dalla qualità degli embrioni e l’età della donna. Un altro criterio, è il numero di tentativi di impianto falliti in precedenza. Generalmente, trasferire più embrioni significa aumentare la probabilità di una gravidanza, ma anche il rischio di una gravidanza multipla. Un evento considerato negativo per la prognosi della gravidanza sulla madre e sulla salute dei feti. Buona pratica clinica è quella di trasferire il minor numero di embrioni possibile. Una elevata percentuale di gravidanze gemellari è un indice negativo nella valutazione di qualità di un Centro PMA.

La procedura

Il transfer degli embrioni è una procedura semplice e quasi sempre totalmente indolore, simile a un’inseminazione in vivo intrauterina. Gli embrioni vengono aspirati insieme a una piccola quantità di liquido di coltura in un sottile catetere, che viene inserito nel canale cervicale fino ad arrivare nell’utero, dove gli embrioni vengono depositati sull’endometrio. La tecnica migliore prevede il trasferimento sotto guida ecografia transaddominale. È importante che il transfer degli embrioni nell’utero avvenga nel modo più rapido e dolce possibile. Non devono soffrire sbalzi di temperatura e non devono rimanere alla luce troppo a lungo. Inoltre, il transfer deve avvenire senza traumi per l’endometrio e senza perdite di sangue.

Che fare dopo il transfer?

Si discute molto su quale sia il comportamento e la terapia da seguire nei giorni successivi il transfer. Bisogna attenersi a particolari regole o si può fare una vita normale? Bisogna assumere dei farmaci per aiutare l’impianto degli embrioni? Sul tema ci sono opinioni molto diverse. La maggior parte delle evidenze scientifiche, tuttavia, suggerisce che il riposo, o addirittura l’immobilità assoluta, non aumentano minimamente le probabilità di una gravidanza e che si tratta di precauzioni del tutto inutili. Il consiglio, quindi, è quello di fare una vita normale, senza sforzi e stress eccessivi nei giorni successivi al transfer degli embrioni.

Cosa evitare di fare nei primi giorni

Ecco alcune cose che di solito i ginecologi consigliano di evitare nei primi giorni:

  • fare attività che comportino salti e vibrazioni (come ginnastica o corsa);
  • esporsi a calore eccessivo (saune, bagni caldi, sole);
  • fumare, assumere caffeina, fare uso di alcool e droghe.

Qualunque farmaco eventualmente prescritto deve essere continuato fino al momento del test di gravidanza ed eventualmente oltre, se il test sarà positivo.

Fecondazione in vitro: il test di gravidanza

La fecondazione in vitro, Fivet, è uno dei tipi di procreazione medicalmente assistita a disposizione delle coppie con problemi di fertilità e si conclude, nel bene o nel male, con un test di gravidanza. Il momento più difficile, psicologicamente, dell’intera terapia per avere un bimbo in provetta. Ecco quali sono le regole per fare il test.

Quando farlo 

La maggior parte dei centri chiede che il test di gravidanza sia fatto 12 o 14 giorni dopo il transfer e in ogni caso il test deve essere fatto alcuni giorni dopo l’ultima iniezione di Hcg per evitare un falso positivo. L’Hcg che si assume prima del pick-up (e talvolta anche nella fase post-transfer) è esattamente l’ormone che i test di gravidanza vanno a rilevare, dunque prima di fare il test bisogna essere sicuri di averlo smaltito: i tempi variano da donna a donna, ma in linea di massima è bene aspettare almeno 10 giorni dopo una dose di 10.000 unità e almeno 4 o 5 giorni dopo una dose di 5.000 unità.

L’esame del sangue

Il test deve sempre consistere in un dosaggio della betaHcg nel sangue. Infatti in questa fase così precoce della gravidanza la quantità di betaHcg può essere troppo bassa per essere rilevata dai test urinari, anche da quelli più sensibili. Il dosaggio dell’Hcg dev’essere quantitativo, non qualitativo: un valore molto basso (che in un dosaggio qualitativo significherebbe risultato negativo) indica probabilmente una gravidanza chimica destinata purtroppo a concludersi con un aborto, ma è comunque importante sapere che qualcosa è successo.

Fecondazione in vitro: rischi e problemi

È abbastanza raro che ci siano complicazioni serie durante un ciclo di procreazione medicalmente assistita (Pma) o fecondazione in vitro, che sia una Fivet o una Icsi. Poiché si tratta di una procedura medico-chirurgica complessa sono sempre possibili rischi e problemi. Ecco i principali durante una Fivet, illustrati da Fabio Facchinetti, professore di medicina dell’età prenatale all’università di Modena e Reggio Emilia.

Effetti dei farmaci

Le donne che vogliono un figlio e che si sottopongono alla Pma, e in particolare alla Fivet, sono sempre molto preoccupate per i possibili effetti collaterali dei farmaci che assumono. Una delle domande più frequenti è: che rischi corro nel sottopormi a questo bombardamento ormonale? In realtà, almeno per quanto riguarda le gonadotropine, sembra che i rischi immediati siano quasi nulli.

Irritazioni locali

I foglietti illustrativi dei farmaci usati per la fecondazione in vitro citano come effetto collaterale più frequente una reazione locale nel punto di iniezione, cioè bruciore, irritazione, arrossamento.

Reazioni allergiche

È possibile, ma molto raro, che vi sia una reazione allergica o problemi nella circolazione sanguigna (formazione di trombi).

Iperstimolazione ovarica

Il rischio maggiore legato all’uso delle gonadotropine è la sindrome da iperstimolazione ovarica (in inglese ovarian hyper-stimulation syndrome, Ohss), che rappresenta la più seria e preoccupante complicazione di una Fivet (e, molto più raramente, di una fecondazione in vivo). L’assunzione di gonadotropine, in particolare di Fsh, può causare lo sviluppo un numero eccessivo di follicoli che portano le ovaie a ingrossarsi troppo, scatenando (con un meccanismo ancora non del tutto chiaro) una serie di problemi a catena.

Se l’iperstimolazione peggiora

Se l’iperstimolazione peggiora, all’ingrossamento delle ovaie segue un aumento della permeabilità capillare e un travaso della parte liquida del sangue che si riversa nelle cavità, più spesso in addome (ascite), nei polmoni e nel cuore. Il sangue si addensa e lo squilibrio elettrolitico si altera. Questa causa complicazioni respiratorie, cardiache, epatiche e renali che, se non trattate adeguatamente in ospedale, possono portare anche alla morte.

Evento estremamente raro

Per fortuna però le forme gravi di iperstimolazione sono rarissime. Si calcola che riguardino al massimo il 3% dei trattamenti di Pma. Solo in una minima percentuale di casi (l’1%) la sindrome è abbastanza grave da richiedere un ricovero. In gran parte dei casi l’insorgenza della sindrome è facilmente valutabile prima che la situazione diventi grave.

Rischi a lungo termine della fecondazione in vitro

Negli ultimi anni si è discusso della possibilità che i farmaci usati per la stimolazione ovarica aumentino il rischio di avere un cancro alle ovaie, al seno o all’utero. I dati sono controversi. Molto dipende comunque anche da quali altri farmaci sono usati nell’ambito di un ciclo di Pma. È chiaro infatti che se alle gonadotropine si associano la pillola anticoncezionale, gli agonisti o gli antagonisti, il progesterone, il cortisone e l’eparina, gli effetti collaterali cambiano.

Gravidanze multiple

Uno dei rischi più frequenti nella Pma è la possibilità di una gravidanza multipla, cioè con due o più gemelli. Il rischio varia a seconda dell’età della donna e del tipo di trattamento. In Italia si calcola che sia gemellare il 20% delle gravidanze ottenute con la Pma, una su cinque. Gran parte delle donne non solo non sono spaventate dall’eventualità di una gravidanza gemellare ma ritengono che sarebbe un colpo di fortuna. Tuttavia, dal punto di vista medico, una gravidanza multipla, e soprattutto una con più di due feti, è un evento che va evitato. Le gravidanze multiple aumentano infatti i rischi sia per la madre che per i bambini.

Gravidanze ectopiche

Nelle donne che si sottopongono alla Fivet si registra un aumento delle gravidanze ectopiche. Si tratta di gravidanze in cui l’embrione si impianta al di fuori dell’utero e in particolare in una tuba. Si ritiene che nell’ambito della fecondazione in vitro questi casi arrivino al 3%, contro l’1% nella popolazione generale. Non è chiaro perché ciò avvenga, visto che gli embrioni vengono accuratamente depositati all’interno dell’utero. Una gravidanza extrauterina è un serio problema. Deve essere diagnosticata il prima possibile per evitare complicazioni che possono essere molto pericolose. La maggior parte delle gravidanze extrauterine devono essere rimosse con un intervento in laparoscopia. In alcuni casi la gravidanza può essere «spenta» mediante somministrazione di un farmaco chemioterapico (metotrexate).

Complicanze chirurgiche

Come ogni atto medico, anche le procedure chirurgiche eseguite durante una fecondazione in vitro presentano rischi. È sempre possibile che ci siano complicazioni dovute all’anestesia. Questi eventi, quantomeno i più gravi, sono rarissimi. Si calcola che le complicanze di questo tipo riguardino un intervento su mille, cioè lo 0,1% dei casi. Si possono verificare dolore nell’immediato postoperatorio, perdite ematiche contenute, febbricola o ipotensione. Più frequenti (circa l’1% dei casi) sono i danni a lungo termine alle ovaie, spesso causati dall’avere erroneamente aspirato, durante il prelievo degli ovociti, una cisti endometriosica.

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Francesco Bianco

Giornalista professionista dal 1997, ha lavorato per il sito del Corriere della Sera e di Oggi, ha fatto interviste per Mtv e attualmente conduce un programma di attualità tutte le mattine su Radio LatteMiele, dopo aver trascorso quattro anni nella redazione di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore. Nel 2012 ha vinto il premio Cronista dell'Anno dell'Unione Cronisti Italiani per un servizio sulle difficoltà dell'immigrazione. Nel 2017 ha ricevuto il premio Redattore del Gusto per i suoi articoli sull'alimentazione.
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